Venerdì, 30 Dicembre 2016 00:00

Tra tragici congedi ed illustri ritorni, la migliore musica del 2016

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Per alcuni, ancor prima che per la scomparsa di illustri artisti come David Bowie e Leonard Cohen, che ci hanno salutati regalandoci il loro ultimo testamento musicale, il 2016 in musica sarà ricordato per il trionfo dell'atteggiamento poptimista.

Mai come quest'anno l'egemonia nelle classifiche delle riviste musicali più rinomate (NME, Pitchfork, Paste, Noisy, Rolling Stone, ecc...) è stata conquistata da grandi pop star e in particolare dei grandi divi della scena hip-hop e R&B. Non solo in testa alle classifiche di vendita dunque, ma anche agli apici di quelle stilate dai critici, musicisti come Beyoncé, Rihanna, Solange, Kanye West, Drake monopolizzano la scena ridicolizzando la vecchia dicotomia alternative/commerciale e mettendo d'accordo cerchie sociali molto diverse fra di loro.

Siamo di fronte a un vera e propria trasformazione culturale (la via postmoderna alla musica?) che necessita di essere analizzata più in profondità in altra sede. Per ora ci si può limitare a rimarcare due aspetti essenziali di questo fenomeno. Uno è il declino del rock tutto (dal metal all'indie) come mezzo espressivo, oramai svuotato di quel ruolo di primo piano che aveva esercitato nel nobilitare tutta la musica popolare del secondo Novecento. Il secondo riguarda la trasformazione profonda che si sta producendo in quel calderone musicale rappresentato dall'hip hop, l'R&B e il rap, generi ormai non più solo relegati alle minoranze nere delle metropoli occidentali ma fenomeni interculturali tout court. La nuova musica nera si contamina, si dota di basi e forme compositive più ricercate, recupera in molti casi la critica sociale degli esordi e mostra una maggiore complessità. Non può allora stupire più di tanto il successo anche da parte della critica di fenomeni come Frank Ocean, Blood Orange, Danny Brown o Chance the Rapper.

Resta comunque l'impressione che l'infatuazione generale (in particolare della critica anglofona) non sia del tutto giustificata. Sicuramente fanno riflettere le esagerate lodi spese nei confronti di album sì validi ma, a mio modesto avviso, tutt'altro che eccezionali come "A Seat at the Table" di Solange (numero uno per Pitchfork e Spin) o "Lemonade" di Beyoncé (il suo lavoro più interessante giustifica il primo posto assegnato da Rolling Stone, The Guardian e Consequence of Sound?).

Per chi scrive, il 2016 è stato anche altro. Fra tragici congedi (Leonard Cohen, David Bowie), illustri ritorni (Radiohead, Iggy Pop, Nick Cave, Brian Eno, James Blake, Bon Iver) e precoci consacrazioni (Mitski, Car Seat Headrest) è stato un altro grande anno per il cantautorato indie al femminile (Marissa Nadler, Mitski, Angel Olsen, Regina Spektor) e per l'ambient/post-rock/idm (Matmos, Eluvium, Explosions in the sky, Nicolas Jaar, 2814 e Touché Amoré). Ecco la lista dei migliori 20 album dell'anno. In fondo, anche una playlist delle migliori 30 canzoni.


20. Yumi Zuma - Yoncalla

Il disco più schiettamente pop dell'anno, quello senza fronzoli e sfacciatamente superficiale, è prodotto da questo giovane gruppo della Nuova Zelanda, in grado di ereditare la tradizione electro/dream pop scandinava dello scorso decennio e adattarla al mood fumoso, appannato e languido degli ultimi anni. Dieci sensuali, soffuse, appiccicose brevi tracce che restituiscono l'immagine sbiadita di una adolescenza ormai perduta.

19. Sorge - Il Mondo di Domani

Emidio Clementi resterà sempre associato alla fenomenale carriera dei Massimo Volume, ma questo suo side- project con il tecnico del suono Marco Caldera è iniziato nel migliore dei modi. L'art rock letterario e avanguardistico del duo è il prodotto delle minimali note al pianoforte di Clementi e dei synth malinconici di Caldera che definiscono un'architettura claustrofobica e angosciosa. Clementi si dimostra il miglior scrittore di canzoni nel panorama italiano e i suoi testi esistenzialisti colti e frammentati evocano le immagini di un mondo in declino e popolato da personaggi che più che esseri umani, appaiono piuttosto come delle sagome inquietanti e depravate.

18. Shura - Nothig's Real

È nella rottura della barriera fra alternativo e mainstream di cui si accennava prima, che bisogna collocare l'opera di Alexandra Lilah Denton, in arte Shura. Per la giovane musicista classe 1991 nata da madre russa e da padre britannico, il brivido estetico sta nel proporre hit preconfezionate e superficialissime di disco music anni ottanta ma volutamente imperfette e sottilmente inquietanti, piene di citazionismi indie, passaggi in bassa fedeltà e stranezze compositive figlie di una anarchia creativa a tratti spiazzante. Musicista da tenere d'occhio.

17. Soviet Soviet - Endless

La scena pesarese si compone di una serie di artisti davvero entusiasmanti: Be Forest, Brothers in Law e Soviet Soviet sono tutti accumunati da un'attitudine oscura e tagliente nei confronti di una musica affine ai terreni post-punk, darkwave e shoegaze. Proprio questi ultimi mettono insieme un disco memorabile in grado di dire la sua anche a livello internazionale. Costruito su ritmi incalzanti e ossessivi, riff chitarristici distorti e avvolgenti, Endless è, nel suo genere, un gioiellino dell'alternative italiano, un adrenalinico ed epico viaggio nel cuore di tenebra.

16. Klimt 1918 - Sentimentale Jugend

L'assenza dalle scene per ben otto anni non ha affatto affievolito la verve creativa di uno dei gruppi più interessanti dell'intero panorama italiano. Per i romani Klimt 1918 si tratta di un ritorno in grande stile con il monumentale doppio Sentimentale Jugend. Un ambizioso monolite di quasi due ore di musica decadente e malinconica ricco di suggestioni sonore e dalle frequenti aperture melodiche. Per le atmosfere berlinesi e cupe e il carattere enciclopedico, può essere avvicinato all'indimenticato Deathconsciusness, capolavoro del 2008 degli Have a Nice Life. L'Italia si conferma potenza mondiale in ambito shoegaze e post- rock.

15. Okkervil River - Away

Uno dei gruppi più influenti e apprezzati degli anni zero, in grado di contribuire a ridefinire i canoni dell'indie folk tutto, sembrava essersi smarrito dopo l'ottimo The Stage Names (2008). La resurrezione prende il nome di Away, che segna un nuovo inizio caratterizzato da composizioni più lunghe e articolate ma sempre contraddistinte dal cantato passionale, sentito e malinconico di Will Sheff in un tripudio di atmosfere pastorali e melò. La ritrovata verve è evidente dagli arrangiamenti composti e eleganti e dalle linee melodiche di grande impatto e mai sopra le righe. Una bellissima sorpresa ritrovarli.

14. Leonard Cohen - You Want it Darker

Il testamento di Cohen è anche l'album che raggiunge lo zenit di un percorso di ritorno al minimalismo e all'introspezione che era iniziato nel 2012 con Old Ideas e proseguito con Popular Problems. You Want it Darker è una sofferta e cruda riflessione sull' "uscita di scena" e la ricerca di una pace con se stesso e col mondo. I meravigliosi e semplici arrangiamenti esaltano la poetica ispirata di un Cohen che avrebbe avuto ancora molto da dire.

13. Radiohead - A Moon Shaped Pool

L'ultimo album dei Radiohead è un oggetto misterioso e difficilmente decodificabile. Si può parlare del loro disco più orchestrale, quello che si avvale di una strumentazione più classica e articolata. Rispetto al precedente The King of Limbs, coi suoi textures densi, sfumati e imprecisi, qua la fascinazione pop risulta indubbiamente più leggera e tersa, confermando il talento cristallino dei Radiohead che da delle semplici bozze di materiale che erano rimaste a lungo nei cassetti, riescono a confezionare un prodotto vivace e fresco, inferiore ai loro classici ma comunque all'altezza della loro fama.

12. Daughter - Not to Disappear

il trio londinese Daughter torna con un sound dimesso e decadente, intimo e sofferto, costruito su avvolgenti atmosfere scarne ma raffinate. Rispetto all'esordio però, si cerca di fare maggiore sfoggio di ritmi ariosi e aperti. Ancora una volta a stupire è la dolente bellezza delle melodie, l'infinita eleganza e leggerezza di un rock ibrido dal suadente effetto atmosferico, notturno, invernale, sfuggente su cui la Tonra riversa tutta la sua composta angoscia: storie d'amore finite, relazioni spezzate, lutti strazianti, sono le immagini ricorrenti di un songwriting malinconico, lucido e complesso.

11. James Blake - The Colour in Anything

Occorre dirlo subito. The Colour in Anything è il disco meno brillante di James Blake. Il musicista britannico, che ha saputo fondere in maniera eccelsa soul e dubstep, apportando uno delle innovazioni più significative ed eccitanti alla musica contemporanea, qua pecca di eccessiva evanescenza e disomogeneità. Ma era del resto quasi impossibile pareggiare il livello dei primi due lavori, che rappresentano altrettante pietre miliari dell'elettronica britannica. Qua ci sono comunque numeri di altissima scuola, come la straziante "Points", lo spleen celestiale di "Radio Silence" o "I Need a Forest Fire" climax emotivo di un disco ambizioso e ricchissimo.

10. Marissa Nadler - Strangers

Il nuovo folk americano parla già da oltre un decennio il linguaggio della inconfondibile grazia e della sobria eleganza di Marissa Nadler. I suoi bozzetti decadenti e stralunati hanno definito i contorni di una narrazione intimistica e introversa che si rilancia con vigore sull'ultimo lavoro "Strangers" che pur con una maggiore attitudine rock, consolida il suo stile dream -folk raffinato, scarno, onirico e spettrale che la ha già resa una delle folksinger più influenti ed affascinanti degli ultimi quindici anni.

09. Jesu & Sun Kil Moon - Jesu/Sun Kil Moon

Jesu/Sun Kil Moon è l'esito della collaborazione fra due artisti di grande spessore all'interno della scena indipendente. Da una parte, il polistrumentista Justin Broadrick, leader del progetto post-metal Jesu, dall'altra Mark Kozelek, uno dei più apprezzati cantautori americani contemporanei, dietro i leggendari Red House Painters e ora timoniere dei Sun Kil Moon. La scommessa funziona per aggregazione: ognuno fa ciò che sa fare meglio. Broadrick, imbastisce dense e pesanti tessiture strumentali, delineando atmosfere opprimenti e rallentate; Kozelek inventa linee vocali intense e passionali, drammatizzando alla perfezione le sue liriche oscure e strazianti.

08. Nick Cave & The Bad Seeds - Skeleton Tree

Skeleton Tree nasce dal cordoglio, emerge dalla disperazione che solo un dolore estremo può procurare. La morte del figlio quindicenne ha consumato e segnato così tanto in profondità Nick Cave che il suo ultimo album non poteva che rappresentare pienamente i suoi sentimenti attuali. Sofferte al'inverosimile, le otto stupende e commoventi tracce risultano tanto intense da essere quasi soffocanti. Tutto è spoglio ed essenziale ma si percepisce un movimento ascetico che dal nero pece di "Jesus Alone" e "Rings of Saturn" conduce alle litanie consolatorie di "Distant Sky" e "Skeleton Tree" dalle quale emerge qualche spiraglio di luce. Uno dei dischi più intensi e commoventi degli ultimi anni.

07. Minor Victories

I Minor Victories sono un supergruppo nato dal sodalizio fra Justin Lockey (Editors), Rachel Goswell (SlowdiveMojave 3), Stuart Braithwaite (Mogwai) e il filmmaker James Lockey. L'omonimo disco d'esordio mantiene pienamente le alte aspettative sorte attorno a questo progetto. Incedere epico, tessiture sonore complesse e stimolanti, restituiscono un calderone rock romantico e decadente dal grande impatto emotivo, sapientemente alimentato da ottime sezioni di archi e partiture elettroniche a irrobustire un suono tremendamente coinvolgente.

06. Diiv - Is There Is Are

L'atteso ritorno della creatura dell'eccentrico Zachary Cole Smith non delude le aspettative. Is There Is Are perfeziona un suono del tutto peculiare nel panorama alternative contemporaneo fatto di tastiere scintillanti molto dream beat, di un basso pulsante e nervoso di scuola post-punk e di chitarre effettate che si alternano, in maniera piuttosto schizofrenica, fra jingle- jangle tradizionali e rasoiate shoegaze per un approccio complessivo che ha l'ambizione di unire sotto la bandiera di un post-grunge policromatico e suggestivo influenze che vanno dal surf dei Beach Boys al noise dei Sonic Youth. Complessivamente il suono risulta rotondo e ovattato, quasi psichedelico. Disco avvincente che non ha avuto i riconoscimenti che merita.

05. Bon Iver - 22, A Million

Justin Vernon si vuole ormai affrancare del tutto dagli stilemi del folk che aveva fin qui esplorato e rivisitato con estrema lucidità già sull'ormai classico ed epocale For Emma, Forever Ago del 2007. L'esigenza è quella di spingere la sua formula straniante e destrutturata alle estreme conseguenze. Così, 22, A Million è un lavoro di amalgamazione che definisce le coordinate di un folk sperimentale senza confini e frutto della torrenziale creatività di Vernon che fonde linguaggi musicali diversi con apparente naturalezza e disarmante semplicità pur - e qua sta la grandezza - rimanendo fedele a se stesso, alla sua musica tormentata e profonda.

04. Car Seat Headrest - Teens of Denial

Il giovanissimo Will Toledo, in arte Car Seat Headrest, si conferma come una delle più interessanti realtà dell'indie rock contemporaneo. ll nuovo Teens of Denial, pur volendo mantenere la stessa concezione poetica e la stessa estetica da cameretta del suo album d'esordio, non poteva che essere un disco più articolato e complesso, oltre che più denso dal punto di vista strumentale. Lo sbalorditivo equilibrio fra irruenza e ricerca compositiva rendono questo concept album sul passaggio dall'adolescenza all'età adulta un vero gioiellino che non verrà dimenticato.

03. David Bowie - Blackstar

Esce appena due giorni prima della sua morte questo Blackstar, ultimo album di una delle più rivoluzionarie rockstar di sempre. David Bowie ci ha lasciati consegnandoci un testamento musicale eccezionale. L'album è ricchissimo di suggestioni (emerge di tutto: contaminazioni free-jazz, intromissioni nel progressive, persino ritmiche drum'n'bass e dubstep) ma non c'è assolutamente nulla di fuori posto. Dai passaggi più fluidi ("Dollar Days", "I Can't Give Everything Away") a quelli più avanguardistici ("Blackstar", "Lazarus") si respira un area funerea ma mai disperata. Con Blakstar il Duca Bianco mette in scena la propria morte, ultimo, estremo regalo all'umanità.

02. Mitski - Puberty 2

Il sanguigno e febbrile Puberty 2, piccola grande gemma di cantautorato rock alternativo, impone Mitski Miyawaki come la stella in ascesa di un movimento di musiciste indie che stanno partorendo lavori di grandissima qualità, dal gothic rock ruvido di Chelsea Wolfe, al dream folk vittoriano di Marissa Nadler, passando per l'alt-rock muscoloso di Angel Olsen e la wave artistoide di St. Vincent. Collocandosi al crocevia fra queste sensibilità, Puberty 2 è uno stupefacente mash up che riesce però a essere molto più della somma delle parti che lo compongono. Perchè Mitski scolpisce uno stile del tutto personale, diretto e irrequieto, pulsante e vivido. L'incedere torrenziale del disco, un continuo susseguirsi di approcci e stati d'animo differenti non appesantisce ma anzi rende più naturale e fluido un flusso sonoro sempre in divenire, sempre meraviglioso.

01. Eluvium - False Readings On

False Readings On è la ricerca della purezza, di una realtà incontaminata svuotata da ogni ingombrante sovrastruttura. La necessità di un ritorno all'essenza delle cose, in un mondo in cui sia accavallano in maniera caotica interpretazioni, narrazioni, visioni del mondo. Matthew Cooper, in arte Eluvium stupisce ancora una volta con un capolavoro ambient, una toccante, solenne, ascetica esperienza contemplativa e liberatoria che vuole essere percorso di rivelazione. Il disco è una meraviglia, un sogno ad occhi aperti che incanta e che culmina in quel momento di catarsi estrema e rigenerativa in cui si assapora il brivido del crollo (la lunghissima, monumentale "Posturing Through Metaphysical Collapse"). Siamo in presenza di un tutto armonico in cui minimalismo e musica sacra si incontrano in un orgia estetizzante che vuole essere consolatoria nella sua drammatica e infinita malinconia.


Playlist brani musicali

- American Football - "My Instincts Are the Enemy"

- Angel Olsen - "Never Be Mine"

- ANOHNI - "4 Degrees"

- Bon Iver - "00000 Million"

- Car Seat Headrest - "Fill in the Blank"

- Danny Brown - "Really Doe" (feat. Kendrick Lamar, Ab-Soul & Earl Sweatshirt)

- David Bowie - "Lazarus"

- Diiv - "Under the Sun"

- Eluvium - "Regenerative Being"

- Frank Ocean - "Nikes"

- Gesu no Kiwami Otome - “Watashi igai watashi ja nai no

- Preoccupations - "Monotony"

- James Blake - "I Need a Forest Fire" (feat. Bon Iver)

- Jesu & Sun Kil Moon - "A Song Of Shadows"

- Kero Kero Bonito - "Graduation"

- Leonard Cohen - "You Want it Darker"

- LNZNDRF - "Beneath the Black Sea"

- Marissa Nadler - "All the Colors of the Dark"

- Minor Victories - "Scattered Ashes (Song for Richard)"

- Mitski - "Your Best American Girl"

- Nick Cave - "I Need You"

- Okkervil River - "Judey On a Street"

- PJ Harvey - "The Wheel"

- Radio Dept. - "Occupied"

- Savages - "Adore"

- Sheer Mag - "Worth the Tears"

- Shura - "What Happened to us?"

- Sorge - "In Famiglia"

- Soviet Soviet - "Pantomime"

- Yumi Zouma - "Better When I Am By Your Side"

Ultima modifica il Venerdì, 30 Dicembre 2016 14:55
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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