Lunedì, 22 Dicembre 2014 00:00

I Migliori Dischi di un 2014 agli sgoccioli

Scritto da
Vota questo articolo
(3 Voti)

I migliori 20 album internazionali e le migliori 6 uscite discografiche nel panorama italiano

Cosa resta di questo 2014 musicale? Come da diversi anni a questa parte, non si può non constatare una postmoderna tendenza al patchwork, al mettere insieme generi diversi per cercare di vedere se causalmente ne esca fuori qualcosa di originale. L’innovazione fin dagli anni zero, procede a ritmi estremamente blandi, ma indubbiamente ci sono vari dischi che creano una tendenza, diventano punti di riferimento importanti, indicano –anche se non intraprendono - una strada nuova da seguire.

Ogni classifica è molto soggettiva, ma la convergenza della critica musicale verso certi lavori, mette in evidenza, a parare di chi scrive, due tendenze. La prima è la proliferazione di una forma di cantautorato iper- espressionista sempre più aperto a ogni forma di contaminazione stilistica e deviazione sintetica ma sempre ancorato al pop. Emergono complessi affreschi multi cromatici dal capolavoro (forse l’unico dell’anno) di St. Vincent, ma anche dal “queer-pop” di Perfume Genius, dall’indie-mainstream di Lana de Rey o dal trip hop in salsa r’n’b di FKA Twigs, tanto per citare solo alcune uscite del 2014. La seconda tendenza è un rafforzamento significativo del revival psichedelico degli anni sessanta: gli esordienti Temples recuperano Beatles e Pink Floyd in un disco freschissimo e magnetico, gli Svedesi Goat ne ampliano il campo applicativo mescolando sapientemente la psichedelia con la world Music Orientale e Subsahariana, mentre anche nei lavori ipercitazionisti e multi dimensionali di Horrors e The War on Drugs, la psichedelia trova un posto di primo piano.

In uno scacchiere in cui - nonostante le nuove tecnologie - la capacità di aprire nuove strade musicali è ancora a quasi totale appannaggio di un pugno di zone Geografiche (Usa e Canada, Isole Britanniche, Scandinavia), l’Italia mostra un certo ritardo rispetto alle novità e alle tendenze in atto. Nuovi stili arrivano da noi in grande ritardo precludendo quasi totalmente alle band nostrane la possibilità di contribuire alla rifinitura dei nuovi linguaggi sonori internazionali. Esiste comunque una vivace scena indie e una generazione di “neo cantautorato” piuttosto valido.

Ecco la classifica – ovviamente parziale e soggettiva - dei 20 migliori album internazionali, in ordine decrescente. A seguire quella dei 6 dischi italiani più interessanti del 2014.

CLASSIFICA INTERNAZIONALE TOP 20

20) Ben Frost – Aurora (elettronica industrial)
Australiano di nascita ma cresciuto artisticamente in Islanda, Ben Frost realizza la sua opera più convincente. Oscuro e violento, il monolitico “Aurora” vive di profonde suggestioni rumoriste e industriali. / Un consiglio su YouTube qui

19) Alpaca Sports – Sealed With a Kiss (indie pop)
L’ennesimo gioiellino “twee pop” svedese. Estremamente naive e adolescenziale, “Sealed With a Kiss” ha comunque una resa melodica straordinaria e la giusta dose di freschezza. Bel debutto. / Un consiglio su YouTube qui

18) Leonard Cohen – Popular Problems (cantautorale)
Il grande cantautore canadese continua a regalare momenti di grande musica (la nostra recensione qui) / Un consiglio su YouTube qui

17) Damon Albarn – Everyday Robots (pop downtempo/trip hop)
Frontman di Blur e Gorillaz, Albarn è ormai un artista maturo e sofisticato. Qua alle prese con un delizioso pop malinconico e sintetico a basse frequenze, in linea con l’ultimo lavoro dei Gorillaz. / Un consiglio su YouTube qui

16) Sun Kil Moon – Benji (folk/slow core)
Dopo aver scritto la storia del cantautorato degli anni 90 con i Red House Painters, Kozelek continua il suo strepitoso viaggio emotivo sotto il moniker Sun Kil Moon che tocca, con questo Benji, uno dei suoi apici creativi. / Un consiglio su YouTube qui

15) Warpaint – Warpaint (gothic rock/dark wave)
Album della consacrazione per il gruppo californiano. Gothic rock di classe con frequenti e apprezzabili deviazioni indie ed elettroniche. / Un consiglio su YouTube qui

14) Vladislav Delay – Visa (elettronica ambient)
Altra prova maiuscola per il paesaggista finlandese. Sasu Ripatti aka Vladislav Delay stende un maestoso tappeto ambientale spoglio e destrutturato in perenne divenire. / Un consiglio su YouTube qui

13) Perfume Genius – Too Bright (cantautorale/indie)
Viscerale ma estroverso, intimista ma disinibito, Too Bright è minimalismo ed eccesso allo stesso tempo. Non completamente messo a fuoco nel suo guazzabuglio citazionistico estremo, permette comunque di intravedere le straordinarie potenzialità di questo ragazzo di Seattle. / Un consiglio su YouTube qui

12) FKA Twigs – LP1 (trip hop/r’n’b)
Esordio sulla lunga distanza per la giovane musicista inglese di padre giamaicano Tahliah Debrett Barnett. La sua proposta è una brillante e originale commistione fra l’algida estetica down tempo del trip hop con i ritmi caldi e suadenti dell’r’n’b. Disco dell’anno per il “New York Times” e per “Clash”. / Un consiglio su YouTube qui

11) The Pains of Being Pure at Heart – Days of Abandon (indie pop/alt pop)
Alfieri del pop alternativo statunitense, I Pains of Being Pure at Heart tornano col loro lavoro più ricercato e intrigante. Sorprendentemente curato e policromo, “Days of Abandon” è un meraviglioso affresco indie pop in perfetto equilibrio fra immediatezza e raffinatezza. / Un consiglio su YouTube qui

10) King Creosote – From Scotland With Love (Folk)
Pensato come colonna Sonora dell’omonimo documentario di storia sociale realizzato con materiale d’archivio sulla vita dei lavoratori scozzesi, “From Scotland with Love” è un grande album folk che rinunciando a qualsivoglia retorica nazionalista, recupera l’aspetto più genuino della vita quotidiana, raccontata dal punto di vista delle classi subalterne. Glorioso racconto epico della normalità. / Un consiglio su YouTube qui

09) Goat – Commune (psichedelica/world music)
Secondo album per il gruppo svedese Goat, ancora alle prese con un’ interessante operazione di fusion fra la psichedelia californiana (Jefferson Airplane e Grateful Dead su tutti) e la world music orientaleggiante e sub-sahariana. Abrasivi ma ricercati, questi misteriosi radical-freak del profondo nord restituiscono un ardore mistico e ossessivo di rara espressività. Furioso e irruento, “Commune” è stato eletto disco dell’anno da Rockerilla. / Un consiglio su YouTube qui

08) Fennesz – Bécs (ambient)
Nell’olimpo dei grandi compositori di musica elettronica, l’austriaco Christian Fennesz ha rivoluzionato la musica elettronica superando il minimalismo glitch su “Endless Summer” e costruendo distese elettro-acustiche di incredibile ricchezza col solo ausilio di un laptop e una chitarra. Rumore e melodia dialogano continuamente anche su Bécs, di una bellezza visionaria impareggiabile. / Un consiglio su YouTube qui

07) Morrisey – World Peace is None of Your Business (pop-rock)
Il capolavoro solista dell’anti-rock star per eccellenza, fin dai tempi dei mitici Smith. Allergico al polically correct e al buonismo alla Bono, ha sempre coltivato un approccio pop rock non convenzionale, influenzando in modo significativo il movimento indie tutto. Su “World Peace…”, troviamo un Morrisey malinconico ma mai languido, il cui umanismo laico e critico lo portano a parlare dei più deboli con rinnovato lirismo e straordinaria resa melodica. / Un consiglio su YouTube qui

06) The War On Drugs – Lost in the Dream (roots rock/americana)
La grande tradizione rock Americana: il Blues, il Folk, il Country, la Psichedelia. I grandi narratori del Brave New World e dell’American Dream in tutta la sua epicità e in tutte le sue contraddizioni: Dylan, Young, Springsteen. Voler mettere insieme tutto questo, ricostruirne l’essenza e restituirne l’atmosfera. Questo il tentativo assai ambizioso e parzialmente riuscito dei War On Drugs, per un disco imponente e pieno di suggestioni. Stupendo stilisticamente, “Lost in the Dream” non riesce però a rendere del tutto partecipe l’ascoltatore della cavalcata epica attraverso le lande desertiche del lontano Ovest che i War On drugs hanno intrapreso. Manca la possibilità di immedesimarsi nella storia, ma resta un album estremamente evocativo. Disco dell’anno per “Q” e “Paste”. / Un consiglio su YouTube qui

05) Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra – Fuck Off Get Free We Pour Light On Everything (post rock)
La strumentazione tradizionale del rock, basso, chitarra, batteria per andare oltre I confine del genere, per dilatare il suono e demolire il formato e la struttura tipica della canzone (3 minuti; strofa e ritornello). Il post rock non l’ha certo inventato questo gruppo canadese nato da una costola dei “Godpseed you! Black Emperor”, ma sicuramente lo ha rivitalizzato facendolo dialogare col punk e con la musica orchestrale. Questo “Fuck Off Ge Free…” è un delirio sonoro senza soluzione di continuità, un baccanale sontuoso ed esaltante, un tripudio strumentale di rara intensità. / Un consiglio su YouTube qui

04) Temples – Sun Structures (pop psichedelico)
Il premio come miglior esordio dell’anno se lo aggiudicano a mani basse gli inglesi Temples. Il loro “Sun structures” è veramente è album incalzante e compatto che rilegge con una chiave di lettura moderna la tradizione psichedelica inglese. Ci sono soprattutto i Beatles di Sgt. Pepper ma anche le cose più pop dei Pink Floyd. Freschissimo e brillante, questo debutto dei Temples è probabilmente il disco più magnetico ed immediato da qualche anno a questa parte. / Un consiglio su YouTube qui

03) Antlers – Familiars (indie pop/post rock)
Rispetto alle suggestioni indie pop da cameretta degli esordi, gli Antlers hanno arricchito notevolmente il loro suono. Il nuovo lavoro “Familiars” presenta il volto sofisticato del pop antlersiano. Lunghe composizioni splendidamente arrangiate e sapientemente articolate si abbandonano a linee melodiche delicate e sontuose, mentre il tutto resta miracolosamente al contempo chiuso in un intimismo isolazionista e perso in qualche luogo lontano e indefinito. Tutto funziona in maniera impeccabile in questo piccolo capolavoro pop. / Un consiglio su YouTube qui

02) Horrors – Luminous (space rock)
Gli Horrors sono ormai uno dei nomi di punta della musica alternativa britannica. Ogni loro disco ha segnato un cambiamento stilistico notevole nel loro sound dal punk rock degli esordi passando per il post punk, lo shoegaze, il synth pop. Ora è venuto il tempo di rimettere insieme tutte queste suggestioni e anzi ampliarle verso direzioni e territori non ancora esplorati. Così, sull’ambizioso Luminous, c’è spazio per tutto, dalla new wave al progressive, dal kraut rock alla psichedelica, eppure l’equilibrio è sorprendente: sotto il minimo comun denominatore della melodia, ogni elemento trova il suo posto. Arioso, ricchissimo e brillante riesce a essere coinvolgente e trascinante pur nella estrema complessità della stratificazione sonora e delle lunghe digressioni strumentali. Rarissimo caso in cui la commistione non si riduce a mero esercizio citazionista ma opera una sintesi feconda. / Un consiglio su YouTube qui

01) St. Vincent – St. Vincent (art pop)
Approccio artistoide e avanguardistico alla materia pop, qua manipolata, modellata, plasmata in una infinita di modalità diverse. Digressioni funky, Synth scomposti, atteggiamenti glam, destrutturazioni semantiche per il lavoro più completo dell’artista statunitense, capace qua di trovare la quadratura del cerchio e liberare definitivamente tutte le sue potenzialità espressive. Tutto si gioca sull’estetica del contrasto: la grazia delle melodie con il tappeto sintetico spigoloso, il classicismo e il lirismo del contenitore con l’abrasività del contenuto, la gentilezza degli arrangiamenti con l’irruenza della performance. Ma St. Vincent, miracolosamente, tiene insieme questa estremamente complessa architettura sonora con apparente spontaneità, senza mai appesantire il flusso musicale. Giustamente acclamato dalla critica, è il miglior album dell’anno anche per il “New Musical Express”, per “The Guardian” e in Italia per “Il Mucchio Selvaggio”. / Un consiglio su YouTube qui

CLASSIFICA ITALIANA TOP 6

6)Le Luci della Centrale Elettrica – Costellazioni (indie/ cantuatorale)
Vasco Brondi è ormai una delle più riconoscibili icone indie del panorama italiano, merito di uno stile cantautorale estremamente personale e dei suoi testi capaci di ricostruire immagini desolanti eppure estremamente familiari di degrado e di miseria individuale e collettiva, in un collage citazionista davvero efficace, ergendo la sua musica a colonna sonora dei nostri tempi. Su Costellazioni si nota tutta la difficoltà di Brondi di rinnovarsi e di sviluppare la sua cifra stilistica che sembra essere rimasta imprigionata sui solchi del primo –stupendo – album del 2008. Costellazioni resta, tuttavia, una raccolta di bozzetti espressionisti elegante e matura, caratterizzata da una maggiore ricerca melodica. Una buona conferma. / Un consiglio su YouTube qui

5) Edda – Stavolta come mi ammazzerai? (indie/cantautorale)
Appartenente come Brondi a certa cantautorato indipendente e alternativo, Edda possiede una cifra stilistica comunque molto diversa. Influenzato da Rino Gaetano, il suo è un approccio che si avvicina molto al punk. I suoi testi sono un accozzaglia di perversioni, rapporti conflittuali, istinti violenti, ossessioni sessuali e misantropia. Linee melodiche spesso appena accennate sono coperte da strati di abrasioni psicopatiche e rigurgiti d’odio. La formula funziona: l’approccio diretto, vivido e sanguigno delle liriche e le sonorità stralunate ed oblique della strumentazione restituiscono un disco moderno ed espressivo. / Un consiglio su YouTube qui

04) Be Forest – Earthbeat (dream pop)
Fossero tutte le tracce del nuovo Earthbeat come il singolo Captured Heart (migliore canzone dream pop italiana di sempre?) sarebbe da gridare al miracolo. Purtroppo non è così. Non mancano infatti momenti forse eccessivamente languidi ed eterei in cui l’unica padrona è l’indefinitezza. In generale, tuttavia, si tratta di un disco di pop sognante di scuola new wave di gran classe ed eleganza, come se il loro precedente album “Cold”, ossessivo e oscuro, fosse il negativo di questa seconda fatica. Complessivamente, i pesaresi Be Forest rappresentano con ogni probabilità la miglior band new wave in circolazione. / Un consiglio su YouTube qui

03) Casa del Mirto – Still (chillwave/dreambeat)
Del gruppo trentino ne abbiamo parlato abbondantemente su queste stesse pagine (leggi qua). Le loro sonorità Chillwave, nostalgiche e sognanti, dai ritmi sincopati di beat elettronici rallentati e narcolettici, ci avevano già ammaliato su The Nature e si confermano sull’ultimo Still, caratterizzato da delicate atmosfere nostalgiche e languide e da flussi sonori sospesi e fluttuanti. Ottima conferma per uno dei gruppi dalle sonorità più internazionali che abbiamo in Italia. / Un report live cliccando qui / / Un consiglio su YouTube qui

02) Guano Padano – Americana (Alternative Country/Americana)
Quando si tratta di realizzare digressioni strumentali in Italia ce la caviamo eccome, lo dimostrano tutti gli ottimi gruppi progressive che abbiamo avuto in passato. I Guano Padano però guardano altrove. Il loro terreno di caccia è quello delle distese polverose del Sud degli Stati Uniti. Atmosfere morriconiane guidano il viaggio dei nostri verso stupende ballate Tex/Mex o verso polverose lande psichedeliche. I maestri sono i Calexico, ma i Guano Padano sono i nuovi campioni dello spaghetti western musicale. / Un consiglio su YouTube qui

01) Drink to me – Bright White Light (pop elettronico)
La band di Ivrea vince senza sforzo il titolo di disco dell’anno. Entusiasmante la ricerca melodica, la grazia e l’eleganza con cui il tessuto sintetico di stende sopra il cantato sognante di Marco Bianchi. Si tratta del loro capolavoro e uno degli apici del genere. Come i Casa del Mirto, hanno certe connessioni con la scena Chill Wave ma il loro stile tende verso un approccio indie più marcato, che si avvicina agli Animal Collective, agli ultimi Blonde Redhead e persino ai Vampire Weekend. Una produzione magistrale e molto pulita mitiga una certa malinconia di fondo coprendo di luce splendente tutte le composizioni in un trionfo policromo di emotività e coinvolgimento. / Un consiglio su YouTube qui

Ultima modifica il Lunedì, 22 Dicembre 2014 17:49
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.