Venerdì, 27 Gennaio 2017 00:00

The xx: verso un nuovo equilibrio

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The xx: verso un nuovo equilibrio
Recensione del nuovo album I See You della band londinese

Fra le punte di diamante della scena musicale britannica, i londinesi The xx si erano imposti come una delle band più interessanti dell'alternative già col folgorante omonimo album d'esordio del 2009, una eccitante fusione di cadenze new wave sincopate e scure, di linee melodiche dream pop ovattate e introverse e di ritmiche r'n'b pulsanti e avvolgenti per uno dei dischi indie più giustamente celebrati dello scorso decennio. Il meritato successo di quel disco che, a modo suo, ha fatto scuola, è però storia passata. Già l'insipido e piuttosto deludente Coexist (2012) riporta la band sulla terra, nonostante i successi di vendita, e rende palese la necessità di un cambio di rotta: appare insomma evidente che la mera e stanca riproposizione di quel sound non avrebbe più pagato, almeno dal punto di vista artistico. Non devono allora stupire i cinque anni che separano questo nuovo I See You (2017) dal suo predecessore. Una lenta gestazione che testimonia la difficoltà e l'incertezza sulla strada da percorrere.

 

A ritrovare slancio artistico e un abbozzo di riequilibrio stilistico ha contribuito in maniera decisiva il producer della band Jamie Smith, in arte Jamie xx, le cui velleità artistiche e la ricerca di uno spazio personale e più ampio in cui potersi esprimere lo hanno portato a intraprendere una carriera solista parallela a quella del gruppo. Il suo In Colour (2015) è uno stimolante e policromatico affresco sonoro in cui convivono i frammenti elettronici più disparati dalla drum'n bass, al rave, all'electro dance.

Non c'è dubbio che il nuovo corso xx ha risentito fortemente della maturazione artistica del suo producer e tastierista: le basi minimali e scheletriche che caratterizzavano i primi lavori qua vengono sostituite da partiture molto più variegate e ricche. Su I See You, insomma, l'elettronica è lo strumento che serve a dare fisicità al suono. Bastano le prime notte del funk singhiozzante di "Dangerous" per rendersi conto del livello di sofisticazione degli arrangiamenti, ma è forse "Lips" quella che mostra i più vistosi segni dell'infatuazione del gruppo per le vibrazioni elettroniche della Londra più sotterranea (Uk Garage, post-dubstep) in un orgia di beat davvero estetizzante.

Oltre alla maggiore centralità delle partiture elettroniche, l'altra novità significativa è la vena decisamente più squisitamente pop delle canzoni. Parzialmente accantonato lo slancio new wave e il nervosismo post-punk, le nuove melodie si spogliano di molte sovrastrutture avanguardistiche per mostrarsi nella loro semplice nudità ("I Dare You", "Brave For you": praticamente delle hit dance pop ripescate dagli anni ottanta). È in questo tripudio pop che emerge anche il principale punto di debolezza del disco: se non c'è nulla di male nell'escogitare linee melodiche più mainstream, lascia perplessi invece la scarsa originalità di alcuni pezzi ed in particolare il carattere poco pungente, a tratti stereotipato e vuoto di certi refrain un po' stucchevoli ("Performance", "Replica").

Non siamo comunque in presenza di un gruppo che ha snaturato la sua proposta musicale. Certo, un brano come "On Hold", primo singolo estratto dall'album, stupisce per il suo incedere uptempo, mettendo per un attimo da parte l'immagine consolidata di un gruppo che viene spesso avvicinato a ritmi ben più rallentati e sonnolenti. Ma in generale le atmosfere di fondo restituiscono pienamente l'immaginario in cui gli xx ci hanno fatto immerge sin dal 2009.

Certo è che le novità stilistiche si sentono e il nuovo equilibrio sembra ancora claudicante. L'armonia di tutto gli elementi, sia quelli nuovi (maggiore ricchezza compositiva, textures elettronici più densi, melodie più dirette), che quelli che caratterizzano la loro proposta musicale sin dagli esordi (atmosfere sincopate, duetti vocali su tonalità malinconiche ad esaltare lo spessore drammatico delle liriche) sembrano trovarsi sui solchi di alcuni pezzi soprattutto posti all'inizio dell'album (il quartetto "Dangerous", "Say Something Loving", "Lips", "A Violent Noise" mostra una coerenza interna che poi piano piano si perde nel proseguo del disco).
L'esito è quello del tipico lavoro di transizione, frammentario e non completamente messo a fuoco. Ma la decisione di virare verso territori più squisitamente pop e di impreziosire i pezzi di una maggiore dose di partiture elettroniche sembra essere la strada giusta per uscire dalle secche di una formula consolidata che stava cominciando a diventare stucchevole.

voto: 6,5/10

Ultima modifica il Giovedì, 26 Gennaio 2017 16:11
Alessandro Zabban

Nato nel 1988 a Firenze, laureato in sociologia. Interessi legati in particolare alla filosofia sociale, alla politica e all'arte in tutte le sue forme.

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