Narrativa, fumetti e tutto ciò che leggiamo su supporto cartaceo (o digitale).
Immagine liberamente ripresa da pixnio.com
“Manu” Larcenet è un nome già noto al di fuori della cerchia degli appassionati di fumetti, grazie ad opere in cui una seria ricerca estetica nel disegno si coniuga ad una autentica comicità e a trame dal significato profondo.
Ok, vediamo un po’ di ricordare… Sapete come è? Dopo un po’ la memoria comincia a far brutti scherzi e sommi fatti, anni, eventi in anni sbagliati o del tutto inventati. Facciamo così, avevo dodici anni, sto parlando del 1988. Dodici anni, sissignore. Già allora mi annoiavo, prestavo poca attenzione, ero un mix micidiale di goffaggine e deconcentrazione. Guardavo spesso fuori dalla finestra della mia classe. Non che ci fosse qualcosa di bello o giusto da vedere nella strada sottostante. Non c’è nulla di bello e giusto in certe zone dabbene e laboriose. Tanta noia, un dio brontolone, la paura del diverso e del vicino. Non dico siano cose terribili da sostenere, ci puoi vivere benissimo. Una vita dignitosa, produttiva, ordinaria. Una vita di conti e conti in banca. Questo è quanto, uomo.
La letteratura di genere per me è il miglior mezzo possibile per descrivere il contesto storico-politico di una società. Certo i saggi politici, storici, economici, sono precisi e profondi nell’analisi e nella riflessione. Essi ci danno informazioni preziose e alla base c’è un grande lavoro fatto di studio, ricerca, tutte cose molto belle. Ma se davvero tu volessi vivere l’odore della notte, una lunga notte delle coscienze, dell’umana pietà, della deriva che ci circonda e della miseria del genere umano, nulla funziona meglio di un ottimo romanzo di genere.
È impossibile sottovalutare la portata, nell'immaginario occidentale, dell'universo supereroistico rivoluzionato da Stanley M. Lieber, più noto come Stan Lee (1922-2018).
Tra le ultime battute della Seconda guerra mondiale e l'immediato dopoguerra i “fumetti americani” avevano già avuto un qualche successo con i Detective comics (alla base di quella che sarebbe poi diventata la DC), gli MLJ/Archie comics e i primi fumetti della Timely/Atlas/Marvel, tra cui il patriottico Capitan America uscito dal genio artistico del “King” Jack Kirby, il nome che più spesso si sente associato a quello di Lee; e già, in un dopoguerra che sembrava non sapere più che farsene delle pagine disegnate, i comics supereroistici sembravano in declino, nonostante i tentativi di fine anni '50 della DC di reinventare il medium con i nuovi Justice League e Flash.
Quella che segue non è una recensione. Purtroppo le condizioni materiali impediscono di trovare il tempo necessario per poter scrivere del rapporto tra i romanzi di Wu Ming e la storia, o anche solo per analizzare la realtà richiamata dall’ultima opera proposta al pubblico dal collettivo, Proletkult. Sono solo alcune considerazioni sparse, opinioni di un sedicente comunista, aggrappato alla speranza di avere un’identità politica aperta e alla ricerca di un contesto in cui quest’ultima possa recuperare un senso riconosciuto.
Anche quest'anno ritorna il consueto appuntamento con Lucca Comics, e, parallelamente, con il festival autogestito delle produzioni indipendenti e “sotterranee” BORDA! Fest (dal 31 ottobre al 4 novembre), arrivato alla quinta edizione, su cui vale la pena spendere due parole.
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