Lunedì, 22 Aprile 2013 00:00

Fumetti per adulti, una storia italiana

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Gli anni Sessanta sono stati un periodo di grande fermento creativo, tra i più fecondi nella storia del fumetto italiano, in cui la voglia di reagire e di rompere gli schemi si trasferiva con naturalezza dalla società alle pagine dei pocket, albi tascabili capaci di raggiungere tirature da capogiro. 

In principio fu Diabolik: la sua comparsa nelle edicole nel 1962 fu accolta da un successo così immediato da aprire la strada a una nutrita schiera di personaggi con la “k” (Kriminal, Satanik, ma anche i più effimeri Demoniak e Sadik), che segnarono la fortunata stagione del cosiddetto “fumetto nero.” Peculiarità di questo filone era la presenza di esplicite scene di violenza e di ammiccanti situazioni di “vedo-non vedo”: un contenuto scandaloso che, se oggi fa sorridere lo smaliziato lettore odierno, fu recepito in tutt'altra maniera dalla censura del tempo. Gli eroi belli e dannati del noir italianofurono accusati di immoralità e di sessismo, e qualche critico dalla lingua particolarmente velenosa arrivò addirittura a sospettare di fascismo e di propaganda superomistica nazista testate innocenti come Tex e Topolino. 

In questo clima di caccia alle streghe, due editori lungimiranti, Giorgio Cavedon e Renzo Barbieri, decisero di spingersi ancora più oltre, e di dar vita a fumetti esplicitamente per adulti, in cui fosse predominante l'elemento erotico/avventuroso. Nel 1966 fece la sua comparsa il capostipite del nuovo filone: Isabella Duchessa dei Diavoli, feuilleton a puntate ambientato nella Francia del XVII secolo, nato da un'idea di Barbieri, con testi di Cavedon per i disegni di Sandro Angolini. Liberamente ispirata ad Angelica, il ciclo di romanzi di Anne Golon, la serie presentava un intreccio di personaggi inventati e realmente esistiti, in cui le avventure e gli intrighi politici erano prevalenti rispetto alle esperienze erotiche della protagonista, e durò esattamente dieci anni, fino al 1976.

Fu l'inizio di un vero e proprio boom editoriale: con una tiratura complessiva superiore a due milioni di copie, i "fumetti per adulti" invasero le edicole, toccando ogni genere di ambientazione, dal western all'horror, dalla storia antica alla fantascienza, violando perfino l'universo fiabesco. Non tutti i titoli erano di qualità, e molti di essi si esaurirono nel giro di pochi anni, ma vi furono anche produzioni d'autore capaci di sopravvivere nel tempo, grazie all'indiscussa bravura di grandi disegnatori. 

È senz'altro il caso di Necron, edito da Barbieri su disegni di Magnus, e di Jolanda de Almaviva, pubblicato tra il 1970 e il 1974, che poté avvalersi per gran parte della propria vita editoriale del talento in erba di un giovanissimo Milo Manara

Ispirata a Jolanda,la figlia del corsaro nero diEmilio Salgari, la serie era incentrata sulle peripezie della bella piratessa, che Manara modellò sulle fattezze dell'attrice Senta Berger. 

Nonostante alcune ingenuità dal punto di vista tecnico, dovute all'inesperienza e all'enorme mole di lavoro che "il maestro" era costretto a produrre quotidiamente (più di cento tavole ogni quindici giorni), le pagine di Jolanda de Almaviva lasciavano già intravedere un talento fuori dal comune, capace di fare la differenza tra un prodotto realizzato in serie, in una sorta di catena di montaggio, e uno d'autore.

Manara non parla molto volentieri della sua esperienza come disegnatore della serie, in parte per la qualità altalenante dei disegni, e in parte perchè Jolanda apparteneva a un filone che per decenni è stato considerato il peggio del peggio della produzione fumettistica italiana. Le critiche affossanti degli ambienti culturali e giornalistici, spesso nè giustificate nè costruttive, ignorarono la complessità di un fenomeno di massa che, al di là delle tirature impressionanti, costituì un'importante palestra per sceneggiatori e disegnatori di rilievo, che altrimenti non sarebbero riusciti ad affermarsi.

I fumetti per adulti erano nati sul finire degli anni Sessanta in un clima di cambiamento e irrequietezza in cui tutte le utopie sembravano possibili, e seguirono di pari passo l'evoluzione del costume sessuale italiano, che abbassò progressivamente il limite dell'offesa al comune senso del pudore. Se nel 1966 una donna a seno nudo era motivo di scandalo, appena pochi anni dopo sarebbero apparsa quasi casta agli occhi del lettore.

I volumetti erotici chiusero i battenti con la nascita del mercato delle videocassette e della pornografia vera e propria, che lasciava poco spazio alle sceneggiature e all'immaginazione. L'editoria erotica ha forse commesso l'errore di non riuscire ad affrancarsi dai prodotti da edicola, sprecando grandi potenzialità e soprattutto un immaginario molto più ricco di quello attuale. 

Resta il fatto che negli anni Sessanta e Settanta il fumetto è stato capace di incanalare i desideri di ribellione e di libertà della società italiana, e di farsi carico per questo degli "strali" dei benpensanti. Una capacità che, purtroppo, al giorno d'oggi sembra aver smarrito per strada.

Irene Polverini

Nata in provincia di Firenze il 3 ottobre del 1988, nel maggio 2012 mi sono laureata alla Facoltà di Scienze Politiche in Media e giornalismo e attualmente frequento la specialistica in Scienze della politica e dei processi decisionali. I miei interessi sono rivolti alla politica e all'arte in tutte le sue forme, in particolare alla letteratura, al fumetto d'autore e al teatro, che seguo e pratico da anni.

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