Il treno è già abbastanza affollato, ma quel quarto d’ora di anticipo garantisce il posto a sedere. Aspetto a mettere le cuffie del lettore mp3. Ascoltare le conversazioni in un treno pieno di nerd (?) è occasione rara. E già si inizia male. Perché nemmeno tutte le serie di Big Bang Theory sono state viste dai compagni di viaggio. Si discute quasi per sentito dire, con qualche appassionato esperto che silenziosamente e intimorito osserva. Ma si sa, il mondo va avanti, le cose sono cambiate dal mio primo Lucca, quello del 2004 (sono già 10 edizioni, penso sconsolato).
Anche l’eccitazione per quellovestitodaqualsiasicosasia mi appare un po’ eccessivo alla discesa del treno.
“Oddioguardachic'è, foto presto”, nel mentre si tira una gomitata letale alla migliore amica d’infanzia per fare spazio all’iPhone. Consumato il rito di acquisto dell’anima del cosplayer arriva la fatidica domanda: “da chi era vestito?”. Mi ripeto che sono vecchio, che non capisco. Silenziosamente accendo il sigaro e mi infilo nella coda. Sensatamente alle 8.30 sono già aperte le biglietterie, anche se sul sito si parlava delle 9.00. La fila c’è, ma non è paragonabile alle folle oceaniche della tarda mattinata (in cui qualcuno è rimasto incastrato per quasi un'ora).
Darth Vader con i guanti fosforescenti e il grembiule da cucina intrattiene il pubblico. Divertente. Qualche fan del Doctor Who. L’anima del Lucca è salva, sbagliamo a dire che non siamo a casa.
La prima ora è piacevole. Qualche stand deve ancora aprire, le folle si stanno radunando alle biglietterie. I padiglioni non sono pieni.
Passo davanti a uno stand. “Milazzo sarà presente dalle 10.30”. Sorpreso chiedo: “ma è oggi?”. “Sì”. Mi guardo intorno, come Gollum. Inizio a muovere le mani in modo inquietante e inizio a girellare, pronto a piazzarmi in prima fila. Appena arriveranno gli altri, mi metterò ad aprire la coda. Risata malefica.
Intanto acquisto la stampa numerata da farmi autografare con dedica. Poi non arriva nessuno, siamo quasi in imbarazzo con i gestori dello stand. Accetto il rischio, farò un giro fino alle 9.45.
Trovo l’Artist Alley 2, Fabiano Ambu e Alessandro Bocci. Disegnano (anche) per la Bonelli, ma anche lì la coda non c’è, le folle non si radunano e la processione bonelliana è il rituale che si consuma con la solita coda accanto allo spazio della casa editrice. Meglio. Un’altra conquista, un altro disegno.
Inizia a esserci più gente. Corro allo stand di Milazzo. Mi sono distratto, ho fatto tardi. Sono le 10. Non c’è ancora nessuno. Sconvolto. Quasi arrabbiato. Un quarto d’ora dopo arriva uno dei padri di Ken Parker. Ottengo il mio tesssoro.
Contento e perplesso guardo con simpatia e curiosità le calche per Zero Calcare e le piccole folle attorno a Jenus. Mi piacerebbe ottenere qualche dedica o autografo, ma lì c'era realmente necessità di mettersi in coda. Se non ci costruisci intorno un po’ di evento mediatico evidentemente non sanno nemmeno che ci sei.
Sono le prime due ore quelle che contano, poi inizia la guerra. Tra spintoni e urla di dubbio gusto, diventa quasi impossibile muoversi, se non ha una velocità in grado di mettere in imbarazzo la tartaruga di Zenone.
Bene così, siamo noi che stiamo sempre a lamentarci. Il Lucca è diventato quasi un miracolo.
Il Japan Palace è ormai imbarazzante per le code che gli stanno davanti, in linea con una tendenza verso l'oriente che viene da lontano.
Poi vedi un’altra coda che si accalca. Pensi: “devo mettermi in fila”. Lo spazio è quello dedicato a film e telefilm. Senti: “ci sono i costumi originali del Trono di Spade”. Scorgi le armature di Pacific Rim. Pensi: “ma devo perdere due ore di Lucca Comics così, per le promozioni delle grandi casi di distribuzione come la Warner Bros?”. E allora via alle mura, passando per gli altri stand del fumetto, tutto sommato ancora vivibili. C’è l’anteprima di Thor, c’è il salto della fede di Assassin’ Creed, ci sono i villaggi tematici di realtà come Resident Evil (e stand meravigliosi come quello di Feudalesimo e Libertà). Ogni anno c’è qualcosa in più, ogni anno aumentano le persone.
Coda per entrare nell’area giochi, ovviamente. Pazientemente ci si immette nel fiume. Venti minuti per entrare nella zona con i padiglioni. Folle di bambini alla console. Carini. Chiassosi, cibo per noi comunisti, ma non c’è di che lamentarsi.
Non ci si muove quasi. Trovo lo stand del videogioco indipendente di Eymerich. Gli ultimi soldi si spendono lì. Poi non c’è più modo di muoversi. Quasi le 13. Si tratta di chiuderla e venire via.
Per fortuna inizia a piovere. C’è la scusa per venire via e non dire “sono vecchio, inizia a esserci troppa gente per me”. “La pioggia sciupa i disegni” è una versione più accettabile. Devo passare a ritirare un disegno però. L’impresa dell’anno. L’acqua spinge decine di persone che non hanno mai letto un fumetto dentro ai padiglioni dedicati al fumetto. Surreale. Mi sento un intellettuale a leggere Batman, almeno so che non è un fumetto tratto da un film (l’istinto omicida cova sempre nell’uomo ed in certi momenti è difficile da controllare).
Pensare di fermarsi a uno stand per sfogliare un possibile acquisto è come credere che un giorno Hellboy ti offrirà un sigaro.
Cosa ci sta a fare tutta questa gente se non si gira nemmeno? L’evento per l’evento. Essere a Lucca è diventato un'affermazione di status. Bene, questo dovrebbe permettere l’agibilità di una realtà rara, che garantisce l’occasione di incontrare autori e editori. Se non fosse che ormai tutto quello che è fumetto finisce per essere sommerso. Singoli eventi che bloccano e stand indipendenti quasi deserti, dove hai quasi imbarazzo a fermarti perché non essendoci altri ti senti in obbligo ad acquistare.
Se non fosse che a voler cercare il fumetto devi chiedere scusa e permesso tutti i disagi si potrebbero sopportare.
Anche il fatto che quando arrivi alla stazione ci sono cartelli improbabili che ti spiegano che non puoi passare da lì per andare ai binari 5 e 6 (dedicati al ritorno a Firenze). Ci sono le frecce e un rettangolo a rappresentare la stazione: si riconosce Word e i suoi "inserisci forme". Potrebbe anche essere decifrabile, se non fosse che le fotocopie sono attaccate in tutte le posizioni possibili. La freccia va a destra, sinistra, in alto, in basso. Basta decidere qual è la propria Mecca e avventurarsi.
La vittima della Polfer spiega dove andare e dove salire sulla passerella da prendere.
Ecco: la scena di disgraziati sotto l’acqua che affrontano le intemperie trasmettono l’idea che certe cose vanno sapute fare, prima di osare troppo.
Meglio tutto questo che il niente, ci mancherebbe.
Forse invecchiare vuol dire diventare intolleranti a troppi inconvenienti, anche se a 24 anni.
Però il fumetto si meriterebbe un minimo di dignità in più. Forse qualcuno in più inizierebbe a leggerli e ne guadagnerebbero quasi tutti.
Che Thor lo avrei visto volentieri in anteprima pure io, ma resta più importante incontrare un artista che tornare a casa e raccontare di essere stati parte di un evento mediatico, di cui non resta nulla.
Forse avrebbero più senso delle scelte e un minimo di progettualità, più che aggiungere verdure nel pentolone, quasi senza limiti.