Il 1964 è uno degli anni del boom, un boom che non riguarda soltanto i discografici o la Rinascente: è boom anche per la mala. Sanguinose rapine lasciano sull'asfalto decine di morti, il traffico della droga comincia ad assumere, anche nel bel Paese, dimensioni di tutto rispetto, la mafia mette radici, che diventeranno saldissime, nel nord.
Parte da qui, da questo 1964 felice e dannato insieme, il siciliano Davide Pappalardo per il suo romanzo d'esordio Milano Pastis (Nerocromo, 2015, pp.190, € 15,00).
Una storia avvincente che si ispira alla famosa rapina di via Montenapoleone del 15 aprile 1964 ed alle vicende della banda dei marsigliesi capeggiata da Albert Bergamelli.
Una storia che scorre tra liquori scadenti e bottiglie di barbera per le strade di una Milano non ancora da bere ma che sicuramente beve: beve ed impreca, tra prigioni, strade polverose, bar malfamati e “vie dei signori”.
Milano ricca e opulenta, popolata da gangster veri e presunti, ma che nulla hanno del vestito burlesco che gli cuciva addosso Fred Buscaglione.
La capitale del nord in quegli anni parla anche francese, un francese sporco, quello di chi è uscito da poco da Melun o da qualche nascondiglio sicuro di una Parigi grigia, per nulla affascinante, nella quale turisti e spacciatori si ritrovano a pochi metri l'uno dall'altro all'ombra di Notre Dame.
Tra Parigi e Milano avvengono inquietanti incontri nei quali delinquenti consumati fanno da tramite tra la strada e i piani alti.
La storia scorre, con un tono alla Lizzani, aprendo domande, ancora senza risposta, su uno degli episodi criminali rimasto nella storia, e nell'immaginario, del nostro Paese.