Venerdì, 12 Gennaio 2018 00:00

Non tutto il male vien per nuocere... alle "Tre del mattino"

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Non tutto il male vien per nuocere... alle "Tre del mattino"

Gianrico Carofiglio, Le tre del mattino, Edizioni Einaudi

Antonio è un liceale. Antonio è un ragazzo normale. Un ragazzo normale, a cui capita un fatto non normale: un attacco di epilessia. Un episodio che potrebbe risolversi, secondo i medici dell'ospedale in cui viene ricoverato, con qualche pillola, non giocando a pallone, e "non bevendo acqua gassata". Ma per lui, e per i suoi genitori, due professori universitari divorziati, questo è troppo: il non poter svolgere attività talmente banali come una partita di calcio è uno stigma sociale troppo pesante da sopportare. Antonio si vede condannato a vivere una vita parallela rispetto ai suoi coetanei.

Questa grigia prospettiva viene interrotta dal padre che, forse preoccupato dall'apatia del figlio, o forse spinto dal desiderio di eliminare dalla propria famiglia l'onta di una malattia considerata, all'epoca del romanzo, parente non tanto lontana della pazzia, fissa una visita con un luminare francese, un esperto di epilessia in bambini e ragazzi: tal dottor Gastaut, che visita a Marsiglia. Partenza per la Francia quindi, per un viaggio che dà la sensazione di gita familiare: ma così non è, infatti i tre non sono in gita e non sono una famiglia. Per fortuna sotto l'aspetto medico tutto va per il meglio: il dottore ridimensiona assai la diagnosi e restituisce all'esistenza del ragazzo quei colori che erano scomparsi a seguito del verdetto dei medici italiani: la terapia farmacologica viene ridotta ad una sola pastiglia e, soprattutto, Antonio riacquista il suo status di adolescente, libero di condurre un'esistenza normale.

Ma c'è di più: il dottor Gastaut si dice ottimista rispetto alla possibilità, nell'arco di tre anni, di cancellare qualsiasi traccia di epilessia dalla vita del ragazzo. Dopo tre anni il padre ed Antonio, nel frattempo a un passo dalla maggiore età, si presentano nuovamente a Marsiglia, alla corte del dottor Gastaut. Ma c'è un ultimo step da superare: la cosiddetta prova di scatenamento, che consiste nel trascorrere ben 48 ore senza dormire. È quindi necessario rivedere i programmi fatti al momento della partenza dall'Italia: non solo lo stimato matematico deve annullare gli impegni accademici, ma padre e figlio si trovano a dover trascorrere un sacco di tempo insieme, in una città sconosciuta e in una situazione irreale. Ma soprattutto si trovano a dover conoscersi, a dover buttare giù quel muro di ignoranza reciproca che la ha sempre fatta da padrone nei loro rapporti.

Ed è al momento in cui dovrebbe mettersi in moto che il libro manifesta tutti i suoi difetti: non ci si spiega come i due, che fin lì avevano vissuto da estranei, si lancino in confidenze che sarebbero difficili da ipotizzare anche fra un padre e un figlio in rapporti intimi. Oltre a questo è, a parere mio, completamente irreale l'atmosfera che si respira nel racconto di queste due notti: com'è possibile affrontare 48 ore senza dormire e non avere neanche un momento di cedimento? I due non litigano mai, non mostrano il benché minimo disagio, ma anzi sembrano due bambini in gita in un qualche parco divertimenti. Viene quasi da chiedersi se quella descritta possa essere considerata una prova valida ai fini medici, dal momento che in Antonio non si palesa alcun segno di stress. Se osserviamo in particolare le conversazioni dei due protagonisti viene da chiedersi quanto tempo sia passato non soltanto tra la prima e la seconda visita, ma dal momento della prenotazione della stessa e l'attualità: dov'è finito l'adolescente irrequieto e un po' lamentoso che si oppone all'incontro col medico perché vuole andare al mare? Antonio affronta senza problemi la nottata di dialoghi col padre, passando dalla matematica, al jazz, al sesso, fino ad arrivare agli aneddoti sulla storia d'amore con la madre.

Sembra che Carofiglio si sia fatto trascinare immedesimandosi eccessivamente nel protagonista, dimenticando di stare descrivendo un ragazzo ancora alla scuola superiore. Più che due nottate di passione il romanzo sembra descrivere le notti brave di due giovani adulti che per la prima volta si trovano nel mondo, liberi di fare (e dire) quello che vogliono. Il testo è poi eccessivamente dialogico, col padre impegnato, nel ruolo di docente, in una sorta di esposizione matematico-cattedratica, ad uso e consumo non soltanto del figlio, ma anche del lettore. E anche qui: se durante una prova del genere, dal cui responso dipende il proprio futuro, un padre avesse approfittato per fare lezione al figlio, è logico pensare che avrebbe rischiato un tuffo in acqua! E invece Antonio pare apprezzare: che in realtà stia dormendo e quindi non ascolti? La situazione non migliora sul finale del libro, quando i due, avuto il responso (ovviamente positivo) del medico, tornano in Italia.

Caso strano il padre muore pochi mesi dopo lasciando, come da copione, una lettera al figlio, in cui promette di portare avanti i discorsi lasciati a metà nella due giorni nizzarda. Ovviamente, non c'è il tempo! Insomma, il romanzo si lascia leggere, Carofiglio tecnicamente sa il fatto suo. Ma la trama, per quel pochissimo che c'è, non regge: sembra si voglia mettere insieme il "Manuale del Buon Genitore Divorziato". Bastasse la prova di scatenamento per mettere a posto il rapporto tra genitori e figli la affronteremmo tutti, pur se negli anni sia stato dimostrato che è una pratica assolutamente da evitare.

Ultima modifica il Domenica, 28 Gennaio 2018 15:11
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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