Mercoledì, 18 Ottobre 2017 00:00

Le Rivoluzioni spiegate ai bambini: un nuovo (e interessante) progetto editoriale

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Le Rivoluzioni spiegate ai bambini: un nuovo (e interessante) progetto editoriale

Oggi mi sono finalmente capitati tra le mani dei libri che fanno parte di un progetto che ho trovato estremamente interessante dalla prima volta che ne ho sentito parlare. Il progetto “Rivoluzioni” della casa editrice ISTOS ha come obiettivo raccontare le principali rivoluzioni mondiali viste attraverso gli occhi dei ragazzini – secondo un formato comprensibile, appunto, a un ragazzino. Prima di andare avanti devo fare una premessa. Non sono un fan sfegatato dell’idea, diffusa nella letteratura dell’infanzia, che per affrontare un tema in maniera comprensibile ad un bambino sia necessario costruirgli intorno l’impalcatura di una storia con per protagonista un ragazzino: nella maggior parte dei casi il tema e il protagonista risultano uniti artificialmente, e questo non serve né alla narrazione, né al tema di cui si vuole parlare. Per intenderci, preferisco l’approccio di Enzo Biagi nelle “Storia d’Italia” e “Storia del mondo” a fumetti, evidentemente pensate per un pubblico di bambini e ragazzi, ma per nulla condiscendenti ed edulcoranti nel loro modo di trattare i rispettivi temi, oppure il franco e dissacrante umorismo di Horrible Histories.

Per questo ero un po’ preoccupato per il risultato dell’ambizioso progetto. Che d’altra parte parlava di rivoluzioni, per cui ci tenevo particolarmente. E per fortuna, a dispetto di tutti i pronostici più catastrofici, almeno fino ad ora la collana (in cui sono usciti per ora tre libri) sta tenendo un livello veramente alto.

Il primo punto a favore è la decisione di iniziare non con una delle due rivoluzioni famose (cui sono dedicati i successivi due romanzi) ma con la rivoluzione zapatista in Messico, troppo spesso dimenticata, che fa programmaticamente uscire la collana da una prospettiva eurocentrica, e la dà invece un afflato internazionalista. Per quanto riguarda le storie, sono strutturalmente piuttosto simili: due ragazzini tra undici e quindici anni si muovono sullo scenario di una rivoluzione, secondo una trama che di fatto struttura un classico, ancorché piccolo, Bildungsroman. E in maniera quasi ovvia, i ragazzini sono un maschio e una femmina, e anche se la relazione tra i due non è sempre ovvia, spesso viene fuori la trama romantica. Nonostante in linea di massima condivida l’idea che l’amore è un tema banale, e quindi difficilissimo da gestire in letteratura, ho comunque apprezzato questa componente un po’ scontata per il modo in cui vengono delineate queste relazioni: come relazioni paritarie, fondate su uno scambio dialettico in cui ciascuno ha qualcosa da imparare dall’altro, e sul reciproco rispetto. E, in un caso, una cotta di uno dei due protagonisti per l’altra si sviluppa nel corso degli anni in una netta amicizia senza sbavature di alcun tipo. Anche il fatto che la trama romantica non si mangi metà della narrazione, ma sia una sorta di nota a margine ad una storia complessa, è estremamente apprezzato.

Il vero motivo per cui nonostante l’impianto un po’ banale queste storie reggono, però, sta nel modo in cui viene gestita l’ambientazione rivoluzionaria, con rigore storico e coraggio, inquadrando precisamente i personaggi nel loro contesto storico. I romanzi in questione raccontano sostanzialmente dell’età in cui nascono gli ideali – in cui si decide quale sarà la nostra rivoluzione, e di come questi ideali vadano a scontrarsi con il mondo che ci circonda. La cosa importante del romanzo sulla rivoluzione russa, ad esempio, non è che Ivan si innamori di Nina, ma che Ivan, da ragazzino del sud rurale della Russia post-zarista, sviluppi un percorso che, attraverso una fiera ed entusiasta adesione agli ideali comunisti, lo porterà verso la dissidenza intellettuale nei confronti dello stalinismo. Perché gli autori sono attenti all’uso di un linguaggio comprensibile ad un bambino, ma al tempo stesso assolutamente spietati nella loro fedeltà alla storia: il marchese di Lavoisier, fervente rivoluzionario e brillante educatore, muore realmente, ingiustamente condannato alla ghigliottina, e nonostante i suoi giovani allievi raccolgano il suo testimone, rimane al lettore tutta l’amarezza per questa fine assurda e precoce. Gli autori, quindi, mentre sottolineano come le rivoluzioni siano momenti di cambiamento epocale, che spesso trasformano in meglio la vita della maggior parte delle persone, sono molto onesti nel mostrarne anche il lato oscuro: le esecuzioni sommarie di persone che non c’entrano niente, la sovversione dell’ideale rivoluzionario in potere detenuto da un’èlite politica o intellettuale. E quindi la necessità di mantenere attivo un pensiero critico che permetta di mantenere l’ideale pulito non dalla vita reale, su cui deve basarsi, ma dalle adulterazioni del potere e della convenienza.

Abbiamo quindi dei libri coraggiosi, che in un momento storico in cui si esalta il valore taumaturgico della moderazione, raccontano ai bambini le rivoluzioni come momenti cruciali, che riconoscono l’esistenza dell’ideologia repressiva e dei vincoli della realtà ma a queste cose antepongono l’ideale; dei libri educativi, incentrati sullo sviluppo di un senso critico e di relazioni paritarie e dialettiche tra le persone; e infine, dei libri ben scritti. C’è solo da sperare che la collana prosegua in questa promettente direzione.

 

 

 

Ultima modifica il Domenica, 28 Gennaio 2018 15:26
Joachim Langeneck

Joachim Langeneck, dottorando in biologia presso l'Università di Pisa, nasce a Torino il 29/11/1989. La sua ricerca si concentra principalmente sullo studio di processi evolutivi negli invertebrati marini, con sporadiche incursioni nell'ambito dell'etica della scienza, in particolare a livello divulgativo.

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