Ritrovarsi a bagnare l’e reader, appena finito di divorare il romanzo dopo una notte in bianco e una agognata pausa pranzo... ecco perché uno compra anche la versione elettronica, per non bagnare la carta e conservare la preziosa prima edizione. Da quando ho memoria non era mai capitato di commuovermi sul serio per un romanzo... Il soprannome di orso si conquista per meriti manifesti.
Decido quindi di rompere con lo stile abituale dei miei articoli. Voglio solo esortare. Leggetelo, compratelo, regalatelo, fatelo comprare. Devono uscire altri due libri e deve essere nelle librerie di chiunque si dichiara interessato delle cose del mondo.
Un libro in grado di scuotere profondamente, trascinando senza sosta da un protagonista a un altro. Oltre all'indimenticabile Carl Max l’asino, c’è un’intera epopea in cui perdersi, con continui appunti e evidenziature da fare, che promettono lunghi approfondimenti al termine della prima lettura (per cui c'è l'indispensabile Storia del partito socialista rivoluzionario ripubblicato recentemente da Odoya, dello stesso Evangelisti).
Non c’è nessun sensazionalismo o ostentazione di sentimentalismi.
A colpire non sono neanche i possibili parallalelismi col presente: l’immigrazione come questione sociale, la guerra tra poveri, il precariato, l’organizzazione dei lavoratori, la Grecia in bancarotta, la speculazione edilizia, l’arroganza del potere economico, l’asservimento di quello politico, ... .
C’è l’orgoglio dei “poveracci”, di quelli che riescono ad andare avanti e che con le loro lotte hanno permesso un secolo di emancipazione e di conquiste dei diritti.
Quel che resta della sinistra italiana è spesso tanto miserabile da portare ad un cinismo privo di speranza anche i più giovani. Tanto da dimenticare che è esistito un tempo in cui i socialisti non erano considerati dei ladri, ma anzi pericolosi rivoluzionari.
Un’origine che non aveva bisogno del comunismo (come parola), quando un’amalgama di anarchici e marxisti prendeva vita nei cuori (e nei corpi) di quelle che poi sarebbero state chiamate “classi sociali di riferimento”. Perché ci si organizzava per lottare, perché nascevano le cooperative, le camere del lavoro, perché la solidarietà diventava una forma di resistenza... C’è un insieme di sensazioni che non ha senso provare a mettere per scritto. Si canta con i sonetti riportati da Evangelisti, si alza il pugno con le donne che incitano allo sciopero, si beve negli accesi confronti tra anime diverse della prima internazionale (poi della seconda).
Leggere, far leggere, regalare, far comprare Il sole dell’avvenire è un’azione politica, un piccolo gesto rivoluzionario, in un’Italia schiacciata dalla disillusione e dalla rabbia priva di progettualità.
Forse era un pianto di speranza, da troppo tempo assuefatta da interminabili riunioni consumate in quel che è il residuo della sinistra extraparlamentare. Forse è il freddo di una Firenze insolitamente gelida (e di una casa in cui non funziona il riscaldamento). Forse è la storia di socialisti che erano tali perché tra chi non ha niente bisogna aiutarsi. Ma mi piace pensare che sia la presunzione di appartenere a una storia fatta di “povera gente” a cui dobbiamo la “civiltà” che i padroni cercano di distruggere, ancora oggi, con determinazione e ostinazione. Il sole dell'avvenire ha il merito di far riemergere un orgoglio che a sinistra manca da troppo tempo, fatto di rabbia sociale, di dura realtà, di continui ostacoli e limiti. Di cieli da assaltare
Una storia di compagni, che lascia la voglia di essere all’altezza dello loro dignità. Che sarà frutto di finzione narrativa, ma è capace di trasmettere più di qualsiasi corso di studi, più di qualsiasi manuale rivoluzionario.
Con la promessa di parlare meglio dei temi affrontati dal libro entro la fine di dicembre, sia per recensire la Storia del partito socialista rivoluzionario ripubblicata da Odoya, sia (forse) con una intervista a Valerio Evangelisti.
"Il sole dell'avvenire. Vivere lavorando o morire combattendo", Valerio Evangelisti, Mondadori (Strade blu), dicembre 2013