Li avevamo lasciati dopo lo scontro con una delle anime più nere della narrativa contemporanea, Giorgio Pellegrini, nato in altri romanzi dello stesso Massimo Carlotto (esordendo con Arrivederci amore ciao).
In realtà il piano attorno a cui vi ritrovate seduti è una tavola rotonda per cavalieri condannati ad una quotidiana battaglia contro l’infelicità. Sentire ogni ingiustizia sulla propria pelle, sognare una libertà in cui nessuno si ritrovi indifeso di fronte al potere, gettarsi contro ogni probabilità di riuscita in avventure non volute, incapaci di ignorare il rumore delle angherie, felici di ogni nuovo giorno vissuto secondo regole proprie, per quanto sempre più traballanti di fronte alla contemporaneità.
Leggendo i romanzi precedenti avete imparato ad amare lo sbandato trio, sottovalutato e maltrattato in più occasioni, incastrato da una corruzione piena di scontri interni, in cui si riesce a salvarsi solo con determinazione, ma perdendo pezzi della propria anima, oltre che del proprio cuore. Se invece non avete condiviso i loro passati dolori... poco male, purtroppo nuovi ostacoli sono all'orizzonte e vale comunque la pena non lasciarvi scappare queste pagine (poi però recuperate le "puntate precedenti").
Il mondo sta cambiando, in peggio, rendendo tutto più confuso e fluido. C’è sempre meno spazio per l’amore, per la libertà e la dignità. Il potere si fa instabile e per questo più pericoloso, con una globalizzazione in cui la mercificazione dei corpi attraversa i confini nazionali e si fa forte dei nuovi collegamenti per concentrare le ricchezza nelle mani di sempre meno persone.
Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane ci proietta tra Berna, Monaco e Vienna, raccontandoci della perversione di alcuni crociati (impuri) delle forze dell’ordine italiane, oltre a indicarci il pozzo profondo dei servizi segreti, delle operazioni sotto copertura, del variabile equilibrio di compromessi tra potenti sempre meno capaci di rispettare qualsiasi regola. Tutto è prevaricazione intorno a chi si fa schiacciare dal sistema. Pochi cercano di opporsi, da paladini imperfetti e per questo perfetti, almeno nel rappresentare quella umanità per cui vale la pena amare, lottare, insistere.
Carlotto mette l’Alligatore al centro di tre storie, a cui dovrà far fronte senza grandi speranze, ma con due (e mezzo) preziosi alleati: i conti sempre aperti con la presunta giustizia italiana, con una missione da portare avanti fuori dai confini nazionali, i sospesi con la dannazione perversa di Pellegrini, la cui ombra miete vittime ovunque passa, ed infine un cuore incapace di non innamorarsi di storie tristi da rimettere nella giusta direzione, o a cui offrire almeno «un finale dignitoso».
«Il mondo sa solo mostrare i denti e l'umanità è ormai merce rara» e «stare dalla parte del torto» comporta «un prezzo salato». Tornano in mente le parole di apertura di Victor Serge, nelle sue Memorie di un rivoluzionario, di un’impossibile lotta a cui non si può rinunciare. Un’evasione impossibile da tentare comunque.
«Per una buona parte della mia vita ho sperato di vedere una moltitudine gioiosa fare man bassa di sogni e invece mi ritrovo circondato da schiere di individui emotivamente defunti, rassegnati a lasciarsi derubare della vita», ci dice a un punto Max. «E quindi?» lo incalza Rossini, il gigante senza il quale ci sentiremmo privi di difese. «E quindi in questo brutto mondo bisogna sopravvivere. A qualsiasi costo», è la risposta. «È una questione di dignità».
Per cui recuperate il Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane, finite il bicchiere, alzatevi dal tavolo e preparatevi ad affrontare una realtà da cambiare. Chissà che alla fine non si sia abbastanza per un mondo a misura dell’Alligatore, in cui la speranza ed il cambiamento in meglio per gli sfruttati si sostituiscano alla rassegnazione verso la corruzione dello stato di cose presenti.
Massimo Carlotto, Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane, edizioni E/O, Roma 2017