Rossi premette subito che ad ogni modo quello che ci racconta è sì pettegolezzo, ma pettegolezzo storico: si tratta infatti di eventi veri, confermati o testimoniati da fonti storiche, anche laddove possono risultare quasi delle favole o dei romanzi rosa (ma anche neri!); mentre dal suo resoconto resterà escluso tutto ciò che non trova un riscontro certo nella storiografia dei re di Francia e che quindi può avere valore di leggenda ma non di comprovata verità storica.
Pur dovendo fare appunto una scelta tra le corti francesi, occorre osservare che in tutte le corti ci sono stati rapporti tra sesso e potere: scandali, intrighi a sfondo sessuale, segreti da coprire, via vai di amanti scomode etc. Questo dato di fatto può suonare in maniera un po’ paradossale (o fortemente ipocrita) se si pensa che il re era il rappresentante di Dio sulla terra, tanto da venire benedetto con un olio santo nella Cattedrale di Hans (Cerimonia del sacro). Eppure di re virtuosi e moralmente integerrimi, degni di questo titolo divino ce ne sono stati molto pochi, se non addirittura nessuno. L’unico, forse, noto per virtù morale e devozione (tanto da esser conosciuto come “il Santo”) è stato Luigi IX (canonizzato dopo la sua morte da Papa Bonifacio nel 1297), per quanto abbia sapientemente e strategicamente ben sfruttato questa sua devozione per fini politici. Suggestiva e quasi romanzesca fu la vicenda della corona di spine del Cristo (Luigi era un cacciatore di reliquie): la corona, che era conservata a Bisanzio (allora capitale di un impero latino attorniato da nemici greci e islamici) fu concessa dal giovane sovrano Baldovino (cugino di Luigi) in cambio di aiuti economici. I dignitari di Bisanzio l’avevano però impegnata a dei mercanti di Venezia per pagare un grosso prestito. Luigi IX riesce comunque a riscattarla e dopo varie peripezie la fa trasferire in Francia (grazie alle notevoli somme investite dal re per organizzare il “viaggio” della Corona attraverso l’Adriatico). Per rendere degna ospitalità al più autorevole simbolo della passione di Cristo, il pio sovrano fa costruire nell’ île de la Cité la meravigliosa Sainte-Chapelle, uno dei maggiori gioielli parigini di arte gotica. Il gesto sancisce definitivamente la cristianità di Luigi, che diventa il re Cristiano per eccellenza appunto ma acutamente capace di sfruttare le possibilità offerte da questo titolo per fini politici e amministrativi. Può quindi risultare ossimorico che sia stato proprio questo uomo così osservante della dottrina a inventare il “Bordel” (il bordello). In realtà non è poi così paradossale: Luigi IX era dotato di intelligenza ed era ben consapevole che la prostituzione era un “male necessario” e soprattutto incurabile e non debellabile. Sapendo bene di non poter sconfiggere questa “pratica peccaminosa” pensa perciò di regolamentarla ma confinando le case chiuse “aux bordes” (ai bordi – da qui il termine) della città, allontanando così le prostitute dal centro della “ville lumière”. Ad ogni modo la stessa integrità morale Luigi non si può dire l’abbia mostrata per quanto riguarda la politica estera: se è vero che cercò di perseguire i principi di pace ed equilibrio (suo è il trattato di Parigi del 1259 che garantiva una pace duratura tra la monarchia francese e quella inglese), fu però alla guida di due crociate – la settima e l’ottava – la seconda delle quali si rivelò disastrosamente fallimentare.
Chiusa la parentesi di questo caso raro di re virtuoso e non avvezzo alle sottane, Rossi riprende a parlare del rapporto con il sesso. Ovviamente per sesso qui non si intende quello a scopi riproduttivi, ma il piacere del sesso e in particolare quello extra-coniugale. La visione comune del sesso nelle varie epoche storiche si può dire sia cambiata molto rapidamente dagli ultimi 50/60 anni, ma in tutte le epoche precedenti l’evoluzione è stata molto lenta ed è rimasta sempre legata all’idea, derivante dallo spirito del cristianesimo, che il sesso sia qualcosa di peccaminoso e immorale. L’altra questione da prendere in considerazione preventivamente è l’equilibrio dei sessi; anche in questo caso l’evoluzione rapida è avvenuta negli ultimi sessanta anni mentre è stata lenta, o quantomeno impercettibile per quanto riguardai secoli precedenti: Il ruolo della donna è sempre stato di forte subordinazione e svantaggio.
Le regine francesi infatti, a differenza forse delle “colleghe” inglesi, non erano delle titolari di un regno, ma le semplici consorti dei re, la cui unica utilità era quella di servire a consolidare regni o a stabilire alleanze diplomatiche ed economiche con paesi stranieri. Giovanissime, le regine si trovavano catapultate in un mondo completamente diverso da quello di provenienza e date in sposa a uomini che molto spesso non amavano e con cui, ancora quasi bambine, dovevano dividere il letto. E dovevano oltretutto dividerlo, non solo con lui, ma con tutte le sue amanti! Mentre infatti per un re la scappatella extraconiugale era considerata solo un peccato morale da cui bastava espiare con un pentimento (sincero o meno che fosse), per le donne il tradimento non era solo un peccato ma un vero e proprio reato che poteva costare loro persino la vita. Inoltre se la coppia reale non riusciva a dare eredi maschi alla casata (non si parla neanche di famiglia, che era termine borghese, ma di casa appunto) reale la colpa per la mancata progenie veniva sempre additata alla regina che quindi veniva più o meno cortesemente ripudiata e fatta allontanare, pronta per essere sostituita. La donna nobile o appartenente a un’importante o ricca casata veniva quindi considerata, fin da neonata come mera merce di scambio in funzione di alleanze politico-diplomatiche e una volta regina doveva figliare molto ma soprattutto fare figli maschi. Il matrimonio doveva funzionare come mero patto economico-politico e l’amore, anzi, poteva essere quasi un’arma a doppio taglio. Meno ce n’era e più sarebbe funzionato il matrimonio, poiché l’amore, come recita una nota aria della Carmen di Bizet, “è un piccolo uccello ribelle che nessuno potrà mai addomesticare […]. L’amore è un piccolo zingaro, non ha mai conosciuto legge alcuna […]”. Bisogna anche ricordare che la vita dei reali era interamente pubblica: era perciò questione pubblica sia la prima notte di nozze (c’era addirittura chi prendeva appunti) e la consumazione effettiva del matrimonio, sia il parto (le regine partorivano in pubblico).
Rossi inizia il suo percorso tra vizi e scandali di corte da una figura molto nota, Josephine de Beauharnais (Giuseppina di Beauharnais), moglie di Napoleone Bonaparte. Il matrimonio tra i due è uno di quei (rari) casi di matrimonio fondato su un legame di sincero amore e non su base politico-strategica. Napoleone provava un sentimento intenso e appassionato per questa donna (che aveva già due figli da un precedente matrimonio con Alessandro di Beauharnais, che finirà alla ghigliottina) innamorata forse però più del potere che dell’uomo. I due si conoscono nella casa che Napoleone aveva nella campagna parigina, “la Chaumière” (futura residenza di Giuseppina una volta ripudiata) e che era un vero e proprio bordello di lusso. Siamo nel periodo del Direttorio e la casa-bordello era frequentata da molte personalità importanti, tra cui membri del “governo”, compreso Barras (eletto membro del Direttorio nel 1795), uno degli amanti, tra l’altro, di Giuseppina. Tra la donna e Napoleone scatta subito una focosa passione, soprattutto da parte di lui, che la riempie di lettere (nota la lettera che egli le invia durante una campagna militare in cui le ingiunge di non lavarsi dato che lui sarebbe tornato entro tre giorni) e regali, mentre lei fin da subito intuisce che di lì a poco, il corteggiatore sarebbe diventato il potente imperatore Napoleone che tutti conosciamo. Dopo un po’però la passione comincia ad esaurirsi e Napoleone mette gli occhi sulla principessa d’Austria (Maria Luisa d’Asburgo Lorena, figlia dell’imperatore austriaco Francesco I), funzionale al suggellamento della pace di Vienna tra Francia e Austria. Non sorprendentemente, a questo punto, il pretesto per lasciare la legittima consorte Giuseppina, è quello della mancanza di figli (nonostante lei ne avesse già due dal precedente matrimonio, dunque infertile non poteva essere!). Giuseppina viene ripudiata, ma in fondo, grazie alle sue tenute, alla sua stabilità economica e alle sue amicizie con uomini di potere non se la passerà male (anche se non è più imperatrice) e rimarrà fino alla fine in buoni rapporti con l’ex marito.
Il professore passa poi a parlare di due altre donne molto note: Caterina dei Medici (1519-1589) e Maria Antonietta (1755-1793). La prima non era nobile ma provenendo dalla famiglia più facoltosa dell’epoca (i Medici naturalmente), portò una dote talmente ingente da rimpinguare notevolmente le casse dello stato francese. Caterina fu data in sposa a Enrico II di Valois ma per dieci anni i due non riescono ad avere figli. Dunque, sebbene la donna avesse una posizione economica molto importante al re viene il dubbio se ripudiarla o meno. Fortunatamente dopo dieci anni Caterina sforna addirittura dieci figli e il problema viene risolto. Secondo diverse fonti sembra che Caterina, fervente superstiziosa nonché amica intima di Nostradamus – siamo comunque nel periodo in cui medicina, alchimia e magia, si intersecavano a vicenda e non erano divise come adesso da un netto confine – , sia stata aiutata a diventare fertile grazie a pratiche magiche o alchemiche e amuleti propiziatori, come il famoso sacchettino contenente la zampa di un rospo, ch portava continuamente al collo, per favorire la fecondità. Caterina deve sopportare la presenza fissa della bellissima Diane de Poitiers, amante di Enrico II, la quale tollerava la posizione di “semplice” amante (senza aspirare a diventar consorte del re), perché convinta che, data la celebre bruttezza della regina, Enrico II non si sarebbe mai stancato di lei che al contrario poteva vantare una notevole avvenenza. Dopo la morte di Enrico (a causa di un pezzo di lancia conficcatosi nell’occhio durante una giostra in onore del matrimonio di una figlia), Caterina, finalmente libera, fa cacciare la rivale dal castello e fa sostituire con le proprie, le iniziali di Diane accanto a quelle del marito, incise su mobili, oggetti, etc.
Caterina durante la successione al trono degli eredi di Enrico II rimarrà sempre l’ombra silenziosa dietro le quinte del loro operato, la vera regista dell’amministrazione del regno. Dopo la morte del re sale al trono Francesco II (il marito di Maria Stuart), il quale però muore dopo solo 17 mesi di regno. Gli succede Carlo IX che governerà per una quindicina di anni e infine Enrico III, il quale però, essendo omosessuale, si rifiuta di consumare il matrimonio e non avrà eredi maschi, così da procurare l’estinzione della dinastia dei Valois e la sostituzione con quella dei Borboni.
Come accennato, l’altra regina su cui Rossi si sofferma brevemente è l’arci nota (resa popolare anche ai più profani anche grazie a un film molto pop e kitsch, di Sofia Coppola) Maria Antonietta. La ragazza viene data, a soli 12 anni (una bambina in pratica) in sposa all’altrettanto giovanissimo Luigi XVI, che allora aveva 15 anni. I due inizialmente non riescono a combinare nulla dal punto di vista sessuale, tanto che la prima notte di nozze sarà consumata solo sette anni dopo il matrimonio (fatto, che, essendo di pubblico dominio, come abbiamo detto, scatenò un certo scandalo). Sembra che la consumazione sia finalmente avvenuta o perché Luigi XVI avesse risolto grazie a un intervento chirurgico un problema fisico di cui soffriva, o secondo un’altra ipotesi più romanzesca, perché il fratello di Caterina si recò da Luigi per impartirgli le istruzioni necessarie.
Continua...