Domenica, 20 Luglio 2014 00:00

Cento anni dal 1914: letture a tema

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Il general Cadorna n’ha fatta una grossa,
ha messo le puttane nella croce rossa.
Bim bum bom
Bim bom bò
e i' rombo del cannò!

la regina Elena a i' re gli fa le corna:

l'hanno trovata a letto col generà Cadorna!

Bim bom bò
e i' rombo del cannò!

canti popolari Casentinesi della I guerra mondiale – dal sito: http://www.antiwarsongs.org

Forse è davvero questo lo stile, ancorché pesante, necessario per arginare l’alluvione di insulsa retorica patriottarda ed il più bieco revisionismo storico che si preparano per il 100° anniversario della I guerra mondiale.

Siamo sicuri che il nostro sempre lodato primo cittadino della Repubblica, lodato alla maniera con cui i toscani sono soliti lodare divinità e varie propaggini in caso di avversità, verrà a dirci che quella guerra fu combattuta per … fare l’Europa (!), oltre naturalmente che per compiere l’unità nazionale (ma questo è prevedibile, ha d’uopo in ogni celebrazione nazionale come direbbe l’immortale Principe).
D’altra parte non ha forse egli, anzi scusatemi Egli, affermato che il Risorgimento fu opera anche della chiesa cattolica, con buona pace di Targhini e Montanari, di Monti e Tognetti, di Giuditta Tarquani Arvati, dei massacrati di Perugia, ecc. ecc. ecc., ma se lo dice lui, anzi Lui, ancora una volta ha d’uopo credergli, anzi crederGli.

Se il buon giorno si vede poi dal mattino c’è poco da sperare in una ricostruzione storica seria ed obiettiva.
Le celebrazioni hanno avuto già un’anteprima con la mostra che si è tenuta al Vittoriano di Roma dal 4 novembre 2012 al 6 gennaio 2013, dal titolo emblematico: “Verso la Grande Guerra. Storia e passioni d’Italia. Dalla crisi di fine Ottocento a D’Annunzio”.
Consulente storico della mostra è stato nientepopòdimenoche … Bruno Vespa, forse per il semplice motivo che imperversa in Rai ormai dai tempi del Vate.
Tuttavia non possiamo non ricordare questo centenario, ma a modo nostro, non possiamo lasciare il monopolio del ricordo, parziale e unicamente celebrativo, ai vari Bruni Vespa di turno, è necessario che a sinistra si affronti il tema ricordando a tutti il carattere prettamente imperialista di quella guerra, che nessun storico serio ha mai messo in discussione, e soprattutto la strage di proletari che in quell’immane conflitto si compì.
Per questo ritengo utile fornire un breve elenco di testi, in gran parte coevi o immediatamente successivi agli avvenimenti, così come si potrebbe fornire una lista di medicinali atti a prevenire una patologia.

Comincerei da un testo classico, insuperabile checché ne dica l’ex Fausto: “L'imperialismo come fase suprema del capitalismo” di Lenin; il testo, per altro un opuscolo, chiarisce i motivi della guerra in maniera esemplare fornendo fra l’altro una serie di dati concreti sulla concentrazione dei capitali e sull’espansionismo economico delle grandi potenze, causa prima della guerra.
A questo proposito consiglierei anche, per chi volesse approfondire il pensiero di Lenin sulla questione, un’antologia di suoi scritti, molti sotto forma di appunti, pubblicato proprio quest’anno da Pgreco dal titolo: “L'imperialismo. Tutti gli scritti sulla fase suprema del capitalismo”.

Per restare nel campo dei grandi pensatori marxisti consiglio inoltre la consultazione degli articoli di Antonio Gramsci pubblicati sulla stampa socialista torinese negli anni della guerra, contenuti nei tre volumi editi da Einaudi dai titoli: “Cronache torinesi”, “La città futura”, “Il nostro Marx”.
Gli scritti di Gramsci offrono uno spaccato vivo e reale, ricordiamo che è il Gramsci giornalista che scrive, del “fronte interno” durante il conflitto, delle condizioni reali del proletariato di una grande città industriale, del dibattito fra i socialisti delle diverse tendenze, ma anche degli echi, nonostante la censura, dei grandi avvenimenti esterni, tutto questo senza rinunciare a compiere quelle analisi puntuali che svilupperà più tardi.

Passiamo ora ad alcune opere di genere diverso, testi teatrali, romanzi, racconti, testimonianze.
Comincerei da un’opera, per me fondamentale, un testo che dovrebbe essere teatrale, ma che è irrappresentabile per la sua durata e le necessità scenografiche, il suo autore è Karl Kraus, il titolo dell’opera: "Gli ultimi giorni dell'umanità"
Il testo copre tutti gli stili possibili immaginabili, trasversale a tutti i generi letterari, dall’aforisma alla lirica, dal puro dialogo all’editoriale; luogo privilegiato dell’osservatore: Vienna; oggetto dell’osservazione: la guerra in tutti i suoi aspetti, dai più brutali ai più ridicoli.

In secondo luogo, per rimanere in ambiente mitteleuropeo, c’è “Il buon soldato Svejk” di Jaroslav Hasek, uno dei miei “morumoristi” (umoristi moralisti) preferiti, assieme a Mark Twain e Carlo Lorenzini.
Le avventure di Svejk, di professione commerciante di cani, arruolato suo malgrado nell’esercito imperialregio di Franz Josef, spesso interrotte da digressioni che a loro volta potrebbero essere opere a parte, nonché a una caterva di personaggi minori impressionante, sono capaci di indurre all’ilarità solitaria, ovvero la forma più perfetta di ilarità.
Sono le avventure di una sorta di “scemo del villaggio”, se non che vive nella città di Praga, frequenta assiduamente l’Osteria del Calice onde consumarvi birra e salsicce di fegato, ma che a ben vedere scemo solo di facciata, atteggiamento che adotta per non pagar gabella.
Ha un modo tutto suo per gettare nello scompiglio la ferrea organizzazione militare austroungarica, ma che potrebbe essere ugualmente francese, tedesca, italiana, inglese, …, la sua strategia è … l’obbedienza pronta cieca e assoluta, ogni più assurdo e burocratico ordine viene da lui eseguito letteralmente, a modo suo è naturale, con effetti opposti e contrari e con grave scorno dell’alta e bassa ufficialità.

Ma andiamo avanti, senza ulteriori indugi, anche per non togliere ai lettori il gusto di scoprire da se pregi e difetti delle opere consigliate.
C’è un testo, da cui sono stati tratti anche due film, di Eric Maria Remarque, il classico “All'Ovest niente di nuovo”, testo che fu fra i primi ad essere bruciato dai fascisti tedeschi, forse perché oltre che parlare delle vicende di un gruppo di giovanissimi compagni di scuola sul fronte franco-tedesco, parla anche di “cattivi maestri”, quegli intellettuali, in questo caso un loro professore, che predicando la guerra come “igiene del mondo” contribuirono a mandare al massacro un’intera generazione.

Un testo italiano sulla vita al fronte è “Un anno sull'altipiano” di Emilio Lussu, da cui è stato tratto un film, che però a mio giudizio non regge il confronto con l’opera scritta, molto più efficace dal punto di vista documentario, soprattutto nel descrivere la colpevole insensibilità dei comandi nei confronti della truppa.
Segnalo infine due testi importanti, di genere e natura diversa, ma la cui lettura, a mio personale giudizio, può farci comprendere meglio la guerra sul fronte italiano.

Il primo è “Addio alle armi” di Ernest Hemingway, soprattutto nella parte che descrive, nel quadro delle vicende personali del protagonista, la ritirata di Caporetto, non dimenticando che l’autore era fra l’altro un formidabile reporter.
Sullo stesso argomento, svolto però in maniera più ampia e apertamente polemica, è “La rivolta dei santi maledetti” di Curzio Malaparte, uno dei più controversi (politicamente e artisticamente) scrittori italiani del novecento, l’esaltazione della “rivolta” dei contadini-fanti ebbe una fortuna controversa, edito nel 1921 col titolo “Viva Caporetto!” fu immediatamente sequestrato, ripubblicato nel 1923 col nuovo titolo venne ancora sequestrato; lasciato in sonno nel periodo di adesione al regime fascista dello scrittore è stato pubblicato nel suo testo completo solo nel 1980 a cura di Mario Isneghi, storico di fama del primo conflitto mondiale.
Un libro che non ho finora letto, ma che mi piacerebbe finalmente leggere, è un libro che a suo tempo ebbe un eco notevole e causò non poche noie al suo autore il romanziere francese Romain Rolland, premio Nobel 1915 (!) per la letteratura.
Il libro raccoglie una serie di articoli pacifisti pubblicati dall’autore durante il suo auto esilio in Svizzera, pubblicato come immediata polemica contro la guerra varrebbe davvero la pena di leggerlo.

Immagine tratta da: www.ilcinefiloinsonne.wordpress.com

Francesco Draghi

Francesco Draghi, nel Partito Comunista Italiano prima e dalla sua fondazione nel PRC, ha ricoperto in entrambi incarichi di direzione politica, è stato amministratore pubblico.

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