Martedì, 17 Giugno 2014 09:39

La consapevolezza del futuro: Berlinguer trenta anni dopo

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In un'età caratterizzata da un aprioristico desiderio di nuovo, la storia – ridotta a semplice narrazione di ciò che è stato – sembra non raccogliere più interesse alcuno. In questo contesto, però, resiste e si rafforza l'antica ipocrisia della venerazione di chi non c'è più, che trasforma gli anniversari - festosi o luttuosi che essi siano - in grandi e acritiche celebrazioni volte a santificare eroi del giorno dopo, spogliati delle proprie idee e slegati dalla propria storia. Se questa è ormai la consuetudine, non c'è da stupirsi se il compito di dare il via alle celebrazioni per il trentennale dalla scomparsa di Enrico Berlinguer sia stato affidato a Walter Veltroni e al suo docufilm sulla vita del leader comunista. In fondo a chi affidare il compito di travisare una storia se non a chi, dopo aver ricoperto diversi incarichi nel PCI, ha dichiarato di non essere mai stato comunista?

In questo senso l'ex sindaco di Roma ha condotto un lavoro eccelso, parlando di Berlinguer attraverso i racconti di chi in vita lo ha sempre osteggiato violentemente e adesso, a trent'anni dalla morte, contribuisce a dar via al suddetto processo di santificazione. Alla narrazione di Veltroni ho quindi preferito la visione del più sincero documentario collettivo girato nel 1984, con le immagini dell'ultimo comizio di Padova e del funerale. Inutile negare la commozione che è arrivata puntuale nel vedere le immagini di un uomo affaticato che continua ad esortare il suo popolo a lavorare “Casa per casa, strada per strada” o di quello stesso popolo che privato della sua figura più importante, si lascia andare in un pianto liberatorio che coinvolge donne, uomini e persino bambini. Ma tra le decine di dichiarazioni di compagni, gente comune e politici italiani e non, sono forse due le affermazioni che più di tutte mi hanno colpito. La prima è quella di una venditrice di frutta di un mercato romano, che  rivendica “senza vergogna” di votare il Partito di Berlinguer perché è una lavoratrice e i lavoratori – spiega attraverso una logica elementare quanto ineccepibile - devono votare chi li difende.

La seconda dichiarazione è quella di un signore di mezza età che commosso elogia la figura di Berlinguer, capace di curare i comunisti dal male del settarismo, attraverso un modo di comunicare che giunge al di là dei recinti del popolo della sinistra. Sarò forse un eretico, ma a trent'anni dalla sua morte - io che non ero ancora nato - non voglio ricordare Berlinguer la brava persona, il dirigente affabile e il buon padre di famiglia, ma preferisco ricordare il Berlinguer Comunista, impegnato nello sviluppo teorico della togliattiana «via italiana al socialismo», il dirigente intransigente nella lotta per la difesa degli sfruttati; il mio pensiero va al Berlinguer che ha sempre visto nel socialismo l'unica alternativa per un mondo più giusto e che, soprattutto, non ha mai avuto paura di dimostrare che questa sarebbe potuta diventare un'idea predominante all'interno della nostra società.

Voglio ricordare soprattutto questo di Enrico Berlinguer, perché a farlo non saranno certo i cultori del revisionismo, troppo impegnati a piangere lacrime di coccodrillo in nome delle apparenze, salvo poi ritornare a rinnegare il suo patrimonio politico e culturale. Voglio ricordare il Berlinguer de “la lotta per un mondo migliore può riempire degnamente una vita” e voglio farlo perché penso sia più utile a tutti noi, figli della sinistra divisa e della deriva ideologica del partito che ha ereditato lo spazio appartenuto un tempo al PCI. Voglio farlo, in ultima analisi, affinché il nostro essere comunisti non assuma oggi una dimensione caricaturale, ridicola, testimoniale, settaria e poco utile alla società; non è questo il ruolo dei comunisti, non è questo il modo per onorare la memoria di Enrico Berlinguer.

 

Immagine liberamente tratta da www.zeronove.tv

Ultima modifica il Martedì, 17 Giugno 2014 12:23
Calogero Laneri

Nato in Sicilia, studia Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Parma. Sin da ragazzo si appassiona alla politica e da allora sta cercando di smettere, senza grandi risultati.

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