Questi recuperi costituiscono una sorta di filo diretto e collegamento col passato più recente della ricerca: l’agosto del 2013 infatti sarà ricordato per una serie di recuperi riguardanti ancore, ceppi d’ancora e anfore; il pezzo più pregiato, oggetto centrale di un’intera mostra tenutasi lo scorso Dicembre a Licata è costituito da un ceppo d’ancora litico in pietra basaltica. I reperti litici portati in superficie durante la scorsa campagna, proprio in questi giorni, tramite micro-carotaggi effettuati sulla loro superficie, saranno analizzati dai laboratori della soprintendenza, per verificarne la provenienza della roccia.
L’area da indagare quest’anno è stata individuata con attenzione certosina in un settore poco lontano dalla costa, comunque differente rispetto a quello che negli anni ’80 aveva offerto degli importanti spunti di ricerca con annessi recuperi di materiale archeologico sotto la direzione della dott.ssa Alice Freschi.
La strumentazione in mano agli operatori quest’anno sarà completa; sorbona per le fasi di scavo vero e proprio, metal detector, palloni aerostatici per il recupero di eventuali nuovi reperti.
La soddisfazione dei soggetti, che hanno collaborato a queste operazione è palpabile da molti punti di vista, lo si evince chiaramente dalla dichiarazioni rilasciate sia dal dott. Fabio Amato, direttore del locale Gruppo Archeologico, sia dal funzionario di soprintendenza il dott. Fabrizio Sgroi. Secondo Amato “Lo step successivo, consequenziale alla possibilità di effettuare altri recuperi, deve essere quello dell’organizzazione di una seconda mostra a tema, dopo quella organizzata lo scorso Dicembre”. “Per quel che concerne le ipotesi interpretative riguardanti la destinazione d’uso del posto nell’antichità, alla luce dei diversi recuperi effettuati anche nel passato fa pensare-riferisce Sgroi- all’ipotesi della presenza di un piccolo approdo per rotte di cabotaggio (navigazione sotto costa), importante e strategico per operazioni di approvvigionamento e ricovero temporaneo delle imbarcazioni transitanti”.
Le operazioni iniziate pochi giorni fa in questo settore di costa posto poco a Ovest rispetto al centro dell’odierna Licata, saranno importanti per capire in maniera più leggibile le rotte e i transiti dell’antichità. L’idea di realizzare un vero e proprio scavo è stata, come anticipato in precedenza, contrastata dalle avverse condizioni climatiche dell’estate 2014. Il fondale licatese ha infatti la caratteristica di essere piuttosto limoso. Questa condizione podologica crea ovviamente una grande sospensione, limite fondamentale per le ricerche poiché il mare mosso e l’acqua torbida costituiscono il punto debole di questo tipo di ricerca. Il lato positivo, vedendo in un certo senso l’altro lato della medaglia, è appunto la conservazione storico-archeologica garantita dal limo. Esse costituiscono un vero e proprio “tappo” storico, che lascia praticamente immutato il tempo e l’evidenza. Compito degli archeologi ridare la giusta “luce” ai nuovi tesori emersi dalle acque dell’antico approdo e in ultima analisi permettere la giusta valorizzazione e conservazione di beni appartenenti alla collettività, troppo spesso considerati esclusivi di mondi chiusi e di vasi non comunicanti. Il ruolo dell’archeologia e dell’arte stessa in prima analisi deve essere proprio quello di veicolo intellettuale di processi di sviluppo di intere comunità.