Davide Viganò nasce a Monza il 24/07/1976: appassionato di cinema, letteratura, musica, collabora con alcune riviste on line, come per esempio: La Brigata Lolli. Ha all’attivo qualche collaborazione con scrittori indipendenti, e dei racconti pubblicati in raccolte di giovani e agguerriti narratori.
Rosso in una terra natia segnata da assolute tragedie come la Lega, comunista convinto. Senza nostalgie, ma ancor meno svendita di ideali e simboli. Sposato con Valentina, vive a Firenze da due anni
Nei precedenti articoli abbiamo fatto il punto sulle lotte e la vita degli afroamericani nella letteratura e nel cinema. L’arte che diventa militanza e osservatorio privilegiato di una situazione umana e politica sempre sul punto di esplodere. Ma la storia degli afroamericani è anche quella dei tanti che si sono ribellati alla violenza e repressione razzista dei bianchi.
Il cinema, a volte, riesce a diventare un mezzo espressivo che trascende la sua natura di prodotto industriale. Cosa vorrei dire con codesta frase degna di un cinefilo de internet? Che esso non è solo un mezzo per far arricchire un certo tipo di industria con prodotti che debbano solo intrattenere in modo più o meno intelligente platee di spettatori amorfi. Nossignore! Esso può anche spingere gli spettatori a riflettere sulle condizioni umane di popoli e persone distanti da noi.
Ok, vediamo un po’ di ricordare… Sapete come è? Dopo un po’ la memoria comincia a far brutti scherzi e sommi fatti, anni, eventi in anni sbagliati o del tutto inventati. Facciamo così, avevo dodici anni, sto parlando del 1988. Dodici anni, sissignore. Già allora mi annoiavo, prestavo poca attenzione, ero un mix micidiale di goffaggine e deconcentrazione. Guardavo spesso fuori dalla finestra della mia classe. Non che ci fosse qualcosa di bello o giusto da vedere nella strada sottostante. Non c’è nulla di bello e giusto in certe zone dabbene e laboriose. Tanta noia, un dio brontolone, la paura del diverso e del vicino. Non dico siano cose terribili da sostenere, ci puoi vivere benissimo. Una vita dignitosa, produttiva, ordinaria. Una vita di conti e conti in banca. Questo è quanto, uomo.
“Come un bambino sotto l’educazione”
Nomadi, Fiore nero.
Sempre più spesso mi capita di leggere in giro, da parte di persone adulte e vaccinate, nostalgia per l’educazione che si impartiva una volta ai bambini e adolescenti. Fa parte della Sindrome del S.S.M.Q.P. – per i profani: «si stava meglio quando si stava peggio». Il che oggettivamente è una sciocchezza. Se stavi peggio non potevi assolutamente stare meglio. Un dato di fatto. Semplice. Però questi tempi di transizione (una transizione fin troppo lunga) ci fanno vivere in condizioni di assoluta incapacità di analisi e riflessione su cosa stia avvenendo e come reagire.
La letteratura di genere per me è il miglior mezzo possibile per descrivere il contesto storico-politico di una società. Certo i saggi politici, storici, economici, sono precisi e profondi nell’analisi e nella riflessione. Essi ci danno informazioni preziose e alla base c’è un grande lavoro fatto di studio, ricerca, tutte cose molto belle. Ma se davvero tu volessi vivere l’odore della notte, una lunga notte delle coscienze, dell’umana pietà, della deriva che ci circonda e della miseria del genere umano, nulla funziona meglio di un ottimo romanzo di genere.
Negli scorsi articoli ho tentato di dar corpo a un’analisi sul razzismo nascosto dietro gli slogan marxisti leninisti dei rossobruni e di collegare questa deriva dell’essere umano ai nefasti danni del colonialismo. Questo perché sono convinto che il problema dell’odio razziale non sia solo frutto di ignoranza o un problema di educazione ma che abbia a che fare con la natura socio-economica del mondo occidentale.
Il dibattito e scontro principale, in questi giorni, è legato al tema del razzismo. Non potrebbe essere diversamente visto le politiche nefaste del Ministro degli Interni. Il popolo dei social è diviso tra sostenitori delle politiche governative e quelli assolutamente contrari.
Sul rossobrunismo (II)
[La prima parte qui]
Mentre mi accingo a scrivere questa seconda parte di una riflessione dedicata al rossobrunismo, mi viene spontanea una domanda: “Ma è davvero così importante scrivere su/di esso?” Mi faccio questa domanda perché risulta evidente che i problemi comuni a noi italiani sono altri: il lavoro, il razzismo, l’incapacità delle opposizioni di saper contrastare le derive xenofobe e populiste delle destre. Nondimeno credo che spingere i compagni a riflettere sul pericolo di sottostare alla confusione ideologica non possa esser sottovalutato.
La confusione è tanta e non è detto che sia un bene – sul rossobrunismo (I)
Questo che leggerete non è un vero e proprio articolo. La massa enorme di informazioni, impressioni, tesi e parole sull’argomento che vorrei trattare (il rossobrunismo) è tale da meritare un approfondimento diviso in diversi interventi. Al massimo potrei far chiarezza su quali siano i temi per me fondamentali da essere conosciuti, discussi, condivisi, in questo momento: il lavoro, il ruolo della sinistra in una società che non offre più agganci con i vecchi rituali, o li ha stravolti ed ha dato alla piccola borghesia e al proletariato risposte diverse, la struttura sociale all’interno della nostra nazione.
La morte bianca è un omicidio del capitale
I numeri sono importanti. In un’epoca in cui non ci fidiamo più dell’essere umano, delle ideologie, della fede, cosa ci rimane per spiegare e comprendere la vita? Come possiamo capire di aver un problema? Con i numeri, la statistica, tutto vero. Scientifico.
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