Parlo di nazione (colla enne minuscola) o di patria, perché l’internazionalismo capitalista collabora ed agisce sempre in uno specifico posto e suolo. Una multinazionale, compra e chiude fabbriche in una nazione. In quel paese esiste una classe proletaria ben precisa oppure utilizzando, come metro di indagine e analisi, il comunismo, dei proletari che vivono la pressione del capitale come tutti gli altri. Già cercare di far luce su questo punto non è così facile. Ci sono troppe risposte, troppi piccoli maestri del socialismo, troppo nostalgici a cuor leggero e ridicoli nel loro pavoneggiarsi a una disciplina rivoluzionaria che, sono sicurissimo, franerebbe di fronte a un viaggio nel tempo, qualora si trovassero al cospetto di Stalin, capirebbero che pur usando termini bolscevichi non danno voce che a rancore e frustrazione, non senza tendenze destrorse. Tutti parlano, ma non per condividere un periodo di delusioni, distacco più o meno virtuale e forte dal presente (quello vero).
Si preferisce prendersela colla sinistra "petalosa", "fucsia", come se essa avesse un peso davvero rilevante sulla nazione, oppure si preferisce tacciare di “rossobrunismo” ogni tentativo di superare il regime esistente liberal-capitalista. Da una parte non si comprende che magliette rosse, barchette di carta, mani sulla bocca, non sono affatto modo di portare avanti battaglie di sinistra, figurarsi comuniste, ma sono la naturale risposta democratica e liberale nei confronti delle problematiche che esplodono nel nostro paese e in quello che ci capita accanto. Sarebbe come se io, agnostico, avessi da ridire su come si celebra la messa e chiedessi al prete di leggere Losurdo invece che il Vangelo. Chi scrive e riscrive post su post vantandosi di essere un vero comunista deve agire come tale; il che vuol dire proporre alle masse il suo punto di vista, la sua linea, le sue riflessioni sull’economia e la società. È piuttosto da incapaci e perdenti passare la vita a dar patentini di traditori, inventarsi nomignoli offensivi contro il nemico, credere a una specie di Spectre internazionale dove un gruppo di cattivi esegue gli ordini del gatto bianco di Soros.
Come su campo avverso delegittimare ogni critica e protesta contro l’attuale sistema economico mondiale e nazionale. Pensare che la verità abiti sulle pagine del New York Times, che qualche intervento spontaneista possa metter la coscienza in pace su problemi serissimi, denigrare e propagandare l’odio di classe contro le classi meno abbienti. I poveri votano Lega? Allora vadano a quel paese quei pezzenti. In realtà, (ma dai sostenitori di Renzi e della loro pochezza politica già sappiamo e non vediamo l’ora che spariscano definitivamente non solo da un Pd da ristrutturare, ma anche da commentatori dei fatti che stiamo vivendo in questi giorni, visto che non sono in grado di andare oltre che l’attacco al governo che ha portato via a loro il pallone) la Lega ha degli elementi di sostegno di qualche appartenente alla classe proletaria, ma il grosso del suo elettorato è la borghesia territoriale, composta da piccoli e medi padroncini, bottegai, commercianti, qualche elemento di spicco dell’industria locale.
Il conflitto non è tanto borghesia illuminata e laureata contro popolo ignorante, ma abita all’interno della stessa borghesia italiana. Tra chi è legata al suo territorio locale e quella che fa da portavoce ai poteri internazionali ed europei. Se vi interessa approfondire questo argomento, vi rimando a un mio articolo che entra nel merito di questa analisi. Questo conflitto interno alla borghesia ha sbilanciato anche l’agire delle sinistre. Nel 1989 col superamento delle ideologie, di fatto, si è tolto il terreno sotto i piedi delle sinistre. Chi ha abbracciato il mercato e le linee di azione del capitale, chi cerca di esistere/resistere sostenendo i diritti civili e poco quelli sociali, chi si barrica dietro all’ortodossia e alle lezioni da imparare a memoria. Come nel campo nemico si è aperta una lotta tra due fazioni figlie della stessa radice, anche da noi succede più o meno la stessa cosa.
Non manca congresso in cui qualche compagno si sente in dovere di criticare il proprio partito, la maggioranza, la linea stessa di quella organizzazione in cui lui milita e nella quale ogni anno si iscrive. Il tutto però come mera protesta assai rumorosa e fine a se stessa, senza entrare nel merito, proporre documenti alternativi, valutare alleanza all’interno del partito per far pressione su una cosa che si reputa la fine del comunismo e forse anche dell’universo. Tutto questo non capita mai perché alla base vi è la paura. La paura e la rabbia. Paura per quello che siamo diventati: marginali, non voluti o cercati da quel popolo e classe operaia tanto amata, incapacità di incidere sugli eventi (anche piccoli), e rabbia contro quelli che, per motivi generazionali o di altro tipo, ci sembrano ormai strumenti di consenso in mano alle istanze e dinamiche del potere imperante.
Ogni giorno leggiamo di morti sul lavoro, ogni giorno ti alzi e fatichi per arrivare a fine mese, e questi discutono di matrimoni gay e delle donne dell’industria cinematografica molestate dai produttori. Questo genera rabbia in chi vive una condizione di perenne rancore e isolamento. La lotta a sinistra è narcisista e impotente. Mentre la Borghesia sta lottando una battaglia epica per il potere, da queste parti sembra sempre un’eterna litigata tra ubriachi al bar. Tra due persone che si sono volute bene e ora non fanno altro che litigare furiosamente su sciocchezze. In questo campo così confuso e abbandonato, è chiaro che le infiltrazioni da destra siano anche possibili.
Ed è anche chiaro che in realtà questo abbracciare posizioni offensive e ridicole sui temi dei diritti civili (fondamentali come quelli sociali, altrimenti il comunismo sarà sempre ostacolato degli attacchi dei nemici e dei dissidenti interni, fallendo come è già successo) è l’ultimo stadio di un processo di deterioramento dei sogni di rivolta, segni di un malessere politico e individuale che cerca nella cattiveria, nel politicamente scorretto, una rivalsa. Le persone risolte sanno che il mondo va a pezzi non per le sciocchezze di qualche "petaloso", ma per la crudeltà dei dei cinici.
Il problema che viviamo non è tanto che qualcuno indossi una maglietta rossa, ma che al padronato è stato lasciato campo libero, così si finisce per morire in cantiere e in fabbrica, in nero o con un contratto di sei giorni. Il problema non è l’invasione dell’esercito di riserva, anche se c'è chi lo vuole far credere ai disperati, perché l’africano è a portata di mano, un ministro xenofobo e gli organi internazionali principali responsabili di guerre e miserie, troppo lontani per essere attaccati. Un comunista può ricordare che il colore della pelle o l’orientamento sessuale non ti rende a prescindere un santo e far notare che fra stranieri o omosessuali vi siano anche dei nemici di classe. Un rossosbruno riempirà bacheche e post di parole contro lo straniero e il gay in quanto straniero e in quanto gay. Tralasciando ogni riflessione di classe o usandole in modo strumentale al fine di far breccia sugli arrabbiati senza causa, per allargare il suo bacino di consensi.
Un comunista vede nel fenomeno della migrazione l’intervento del nostro imperialismo, diretto o indiretto che sia. Ricorda che questo è il frutto di secoli di politiche capitaliste, di uccisioni contro leader democratici o rivoluzionari, di rapina dei beni primari di un intero continente e della conquista del petrolio in alte terre. Tuttavia vede nel migrante occupato in fabbrica, nei campi, nei cantieri, uno sfruttato, un compagno di lotta. Qui le parole di Marx sulla questione degli operai irlandesi. La fonte è "di parte", ma una ricerca in rete sullo stesso argomento, a parte i siti di disinformazione, produrrà le stesse parole.
L’impotenza trasversale della sinistra si dirige verso la formazione di nuovi soggetti sempre presentati in pompa magna e destinati a una fine ingloriosa, o a una ricerca di forte dissenso, rottura contro tutto quello che viene eccepito come menzogna borghese schiava del gatto bianco di Soros. Il quale viene rappresentato come Male Assoluto, in questo ricorda tanto l’anti berlusconismo di alcuni protagonisti dei tempi passati: non il capitale internazionale e nazionale, ma un uomo il simbolo dei tempi brutti e orridi. Finito lui, tornerà il sole dell’avvenire! Questa analisi è una classica analisi che trasforma una riflessione comunista in una risposta che nulla ha che a fare col comunismo. Non mi pare che Marx, Lenin, Stalin, se la prendessero con un singolo uomo, attribuendogli poteri assoluti. Questa non è una critica al capitalismo, ma la sua umanizzazione giusto per poter dire: se la compagine sorosiana è il male, forse l’Eni nel Niger è il bene. Fa i nostri interessi nazionali.
Il rossobrunismo trova spazio tra tantissimi compagni e compagne in buona fede che, demoralizzati e incapaci di prospettive anche teoriche basate sulla situazione reale, si perdono in complessi ragionamenti geopolitici. Nel prossimo articolo, spiegherò citando fonti di studiosi (per nulla legati al Pd, per tranquillizzare i sospettosi) come la geopolitica sia uno strumento della destra. Nel rossobrunismo manca sempre la lotta di classe o è presentata come elemento interno alla nazione, del proletariato autoctono. Dimenticando come si conclude Il Manifesto del Partito Comunista, io stesso per un certo periodo ho dato peso a certe scemenze, leggendo e rileggendo i vari La Grassa, Preve, dando spazio ai dissidenti anti-antisistema.
Sanno come catturare l’attenzione, come dirigerti verso certi nemici e non dire nulla di altri, mischiano di tutto e di più, citando i padri del comunismo come se fossero da sempre sostenitori di un pensiero nazionalista, che non è quello presente nella storia dei popoli sottoposti al colonialismo e all’imperialismo, che nel porre la questione di essere una nazione e un popolo evidenziano una rivoluzione contro l’intervento di eserciti e governi stranieri. In guerre come questa la patria non è tanto l’identità nazionale fine a se stessa, ma la rivalsa degli oppressi contro gli oppressori. Non certamente l’interesse del capitale italiano in un paese straniero, come piace tanto ai rossobruni.
Porre confusione è il loro scopo, basti vedere la creazione di bufale legate a dichiarazioni immaginarie di Pasolini e Samora Machel circa l’antifascismo e l’immigrazione. Alla base di queste bufale vi sono compagni che hanno passato la loro vita, insieme al loro governo, a prendersela con la sinistra bertinottiana e affine. Non che sia un reato, anzi i responsabili della fine della sinistra devono sempre essere additati, come non dobbiamo aver paura a smascherare presunti intellettuali anche se vivono situazioni delicate. Il punto è che la menzogna viene usata per colpire le fondamenta dell’antifascismo e dell’anti razzismo. Di nuovo non se la prendono con i responsabili dei piani alti, ma con chi subisce queste politiche. Il discorso sul fascismo poi assai delicato e scivoloso. Spesso denunciano le azioni dei fascisti in paesi stranieri, e perché fascisti atlantisti, ma tralasciano la denuncia a politiche insostenibili nel nostro paese. Arrivano a dire che è meglio non criticare Salvini perché così facciamo il suo gioco, preferendo criticare coraggiosamente le magliette rosse.
Io non sostengo le magliette rosse, le barchette di carta, non amo le risposte democratiche e liberali e trovo anche giusto criticarle nel metodo. Tuttavia, mi pare che il problema centrale sia un ministro degli interni, frutto di un pensiero e un sentire comune, che da pochi mesi sta combinando grossi guai. Che ricadono sulla vita di esseri umani. Tanto denuncio la complicità dell’Ue e del Pd – Pittella è il nome, se non sbaglio, dell’europarlamentare democratico che salutava gioiosamente la presa al potere dei fascisti in Ucraina – e le repressioni dei fascisti in Estonia, Lettonia, contro la popolazione russa e i partiti progressisti (anche se solo l'Ungheria sembra attirare l'attenzione dei liberali), quanto non lascio passare i piccoli, ma significativi episodi di violenza fascista in Italia. Uno non è meno pericoloso dell’altro. Il rossobruno sorvola facilmente sullo squadrismo italico e le politiche di estrema destra di questo governo, puntando tutto sulla situazione estera, e questo è un bene, o rimanendo insolitamente muto sulle parole infami di quelli che parlano di bambolotti che galleggiano nel mare.
Le notizie che leggo su questo governo non sono belle. In modo diverso non lo erano nemmeno quelle in cui ci governava Monti o Renzi. Criticare le odiose sparate delle quinte colonne rossobrune non equivale affatto a sostenere l’Unione Europea o le politiche liberali. Io credo e crederò sempre nella giustizia sociale, solo con essa anche i diritti civili saranno salvati dall’essere sfruttati da liberisti e schiavi del capitale. Credo nella lotta della classe proletaria unita contro i padroni e il capitalismo. Una classe non ariana, non identitaria, ma unita dalle ore di lavoro, fatica, dalla morte di tanti compagni e colleghi.
Ci sarà chi continuerà a narrare la storia di una classe proletaria libera e fiera soggiogata dall’esercito del migrante economico. Dobbiamo rammentare a loro che quella classe è stata smantellata, devastata, indebolita, da decenni di attacchi del capitale nazionale/internazionale su suolo italico. Dal 14 ottobre 1980 fino a perdere sempre più pezzi dal pacchetto Treu alla legge Biagi, fino al Job Act. Una classe che si è lasciata smantellare dai suoi connazionali, dalla perdita di coscienza di classe, non certo per colpe di lavoratoti stranieri. Che, essendo lavoratori e proletari, dovremmo coinvolgerli nella lotta di classe e non allontanarli. Purtroppo le risposte contro le tendenze al rossobruno non sono tra le migliori. Alcuni usano questo termine a casaccio, attaccando qualsiasi persona abbia un pensiero diverso circa la situazione del paese e del mondo. Sono gli stessi in malafede che usano il termine “analfabeta funzionale” o “bufala” contro ogni protesta. Questo atteggiamento fa il gioco delle quinte colonne. Qui una visione diversa della sinistra rossobruna.
Viviamo in un mondo che sta prendendo una svolta davvero brutta: repressioni, lavoratori da sacrificare per il profitto del padrone, razzismo e cinica indifferenza. Forse dovremmo essere meno cinici, evitar di proiettare la nostra vita personale e le nostre frustrazioni, non citar a cazzo i vari padri del comunismo, prendere le distanze da quelli che inventano di sana pianta notizie e discorsi riguardanti rivoluzionari e intellettuali di sinistra per portare avanti un pensiero distorto e orribile, smettere di far i dissidenti a tempo pieno contro forze che potranno anche non piacerci ma in questo momento non hanno nessun vero potere e a ben vedere non l’hanno mai avuto.
Il liberalismo di cui si alimenta il Pd è nostro nemico e dobbiamo combatterlo, nei modi e nel tempo giusto, non meno pericoloso è il rossobrunismo. Per questo il prossimo articolo ne riprenderà la storia parlando di Bombacci, i primi giornali che nel dopoguerra tentavano un approccio rossobruno alla politica nazionale e dei nazi-maoisti. Anche se molto probabilmente, visto le ultime notizie, ritornerà a parlare di lavoratori vittime sacrificali sull’altare del capitalismo. Una cosa non rende meno attuale e importante di esser trattata rispetto all’altra.
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