Domenica, 05 Gennaio 2014 00:00

American Hustle: ottima recitazione in un clima vintage

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L’unico vero momento di ilarità condiviso dal pubblico della sala cinematografica è quello causato da una signora che rientrando dal bagno, dopo aver superato una decina di persone a sedere, incerta, guardando lo schermo più volte, finisce per domandare a tutta la sala: “ma non è Philomena”?.

Il resto delle risate non spezza una costante patina di malinconia, che avvolge lo spettatore dai primi minuti. L’uomo inadeguato rispetto alla felicità, messo in scena da un cast eccezionale, che incanta e regala una delle pellicole meglio recitate degli ultimi anni (anche se Bale supera tutti, all’altezza dei riflettori puntati su di lui).

“Qualcosa di tutto questo è accaduto veramente” recita l’apertura del film. Il richiamo è all’operazione Abscam dell’FBI, andata in scena realmente tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80. Per gli amanti del vintage gli ambienti e costumi sono motivo di felicità, così come una colonna sonora invasiva ma curata ed adeguata.

Un truffatore viene incastrato (e assoldato) da un ambizioso e frustrato agente del Federal Bureau per arrivare a incastrare truffatori più importanti. Su questo filone sono molti i film già prodotti in terra statunitense. Il risultato è però originale, seppure poco convincente. Nonostante non escluda nessuno dei filoni narrativi, David O. Russel (alla sua settima regia) punta tutto sulle relazioni umane, su una “grande storia americana”, ripentendo quanto già fatto con i precedenti The Fighter e Il lato positivo (e mettendo insieme gli attori delle due pellicole). In questo forse si perde l’intrigo dei doppi giochi, l'umorismo e l’intensità del dramma: sono elementi appena accennati e non caratterizzanti.

Le voci sono ben coordinate, ma non si amalgamano, non regalano una visione di insieme, lasciando lo spettatore a inseguire i vari capitoli di una trama che risulta interessante ma non avvincente. Alcune questioni restano aperte, senza però dare l’idea che lo stato di sospensione sia voluto. Donne forti ma sempre subalterne, uomini complessi ma al contempo molto semplici: il tutto a metà tra la scelta di tonalità molto accese e la voglia di raccontare una storia in scala di grigi. Il disincanto può dare vita a una smaliziata visione del mondo ed è funzionale ad evitare qualsiasi moralismo. Resta però, in questo caso, un vuoto tra la messa in ridicolo della retorica del sistema rispetto alla corruzione e l’infelicità di chi vive accettando le regole. Non ci sono appigli per capire quale sia il senso della storia.

Il limite del film è l’essere una favola (statunitense), senza una morale (o meglio senza una morale capace di farsi capire in modo efficace). Non c’è niente di reale negli archetipi cinematografici che mescolando generi diversi. Una struttura che incanta, ammalia, ma non brilla di luce vera. Quasi la pellicola stessa fosse un meraviglioso inganno.

[Voto 7 su 10]

American Hustle, USA 2013, commedia, durata 129', regia di David O. Russell

Ultima modifica il Domenica, 05 Gennaio 2014 00:02
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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