Sabato, 04 Ottobre 2014 00:00

La Trattativa Stato - Mafia: un tema di scottante attualità

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Sarà un caso ma in pochi anni in Italia sono usciti vari film di grande qualità su temi non proprio facilissimi: tra questi cito "La mafia uccide solo d'estate" di Pif, "Belluscone" di Franco Maresco, "La buca" e "È stato il figlio" di Daniele Ciprì (che nel film "La trattativa" è direttore della fotografia e operatore di macchina), "Viva la libertà" di Roberto Andò e "Draquila" di Sabina Guzzanti. 

Tra il 1992 e il 1993 in Italia si hanno le barbare uccisioni di Falcone (strage di Capaci) e Borsellino (strage di via d'Amelio), le bombe esplose a Milano,Roma e Firenze (in via dei Georgofili). Lo Stato italiano vuole ottenere una pace duratura e intavola una trattativa con Cosa Nostra dopo l'inasprimento del 41bis (le misure restrittive ideate da Falcone per impedire ai boss mafiosi di continuare ad esercitare il loro potere anche dal carcere) e gli accordi con i pentiti (su tutti Gaspare Spatuzza che apre il film). Il dialogo è portato avanti dal colonnello dei ROS (Raggruppamento Operativo Speciale), Mario Mori,e dall'ex sindaco (democristiano) di Palermo,Vito Ciancimino,definito dall'ex ministro Martelli,"il più mafioso dei politici e il più politico dei mafiosi ". 

I due dovevano intermediarsi con Toto Riina,capo di Cosa Nostra,attraverso Bernardo Provenzano,persona ritenuta più ragionevole da don Vito (non scomodate "Il padrino").

Come inizio non c'è male.
Poi il film passa al setaccio vari temi tra cui le testimonianze, sempre piene di contraddizioni, dell'ex ministro Mancino (che ha tirato in ballo il presidente della Repubblica Napolitano per farlo uscire dal "pantano" del processo), di Massimo Ciancimino (interpretato con grande ironia sia quando è giovane sia quando è adulto), figlio di Vito, di Marcello Dell'Utri, di Vittorio Mangano.
Proprio la seconda parte del film verte di questi ultimi personaggi che sono stati fondamentali nella costruzione di un partito (difficile dire quale...) che avrebbe garantito ampie rassicurazioni a Cosa Nostra.

La ricostruzione fatta dal processo è la famigerata storia del palermitano Marcello Dell'Utri che, su pressioni di Riina, fonda un partito insieme a un noto imprenditore milanese, Silvio Berlusconi (interpretato dalla Guzzanti). Grazie a questi appoggi, l'ex premier costruì Milano2, l'ospedale "Don Raffaele" (con Don Verzè).
Serviva però qualcosa capace di "rendere legale" l'organizzazione mafiosa: ecco che nel gennaio 1994 nacque Forza Italia che ottenne dal nulla enormi consensi popolari grazie all'editoria, alla tv berlusconiana e a Publitalia, concessionaria esclusiva di pubblicità del Gruppo Mediaset.
Tra i personaggi più ambigui dell'inchiesta c'è anche un altra "testa di ponte" (definizione data da Paolo Borsellino) dell'organizzazione mafiosa al Nord Italia: un certo Vittorio Mangano.

Spatuzza rivelò che "lo stalliere di Arcore" era un esponente di punta del clan di Porta Nuova negli anni delle stragi. Come molti di voi già sapranno, Mangano venne spedito da Dell'Utri a Villa San Martino, ad Arcore, pubblicizzandolo come "stalliere". La realtà era ben diversa, sembra. Dal docu-film emerge, tramite il pentito Francesco Di Carlo, che era un "soldato di Cosa nostra addetto alla sicurezza della famiglia Berlusconi". Perchè il Cavaliere aveva paura di attentati ai suoi figli e familiari e ottenne protezione da Dell'Utri. L'attività di Mangano però non si limitava solo alla security dell'ex premier,ma si estendeva al consolidamento dell'attività criminale di Cosa Nostra nel nord Italia. In particolar modo, i magistrati, guidati da Nino Di Matteo, sostengono che i cavalli di Arcore siano, in gergo mafioso, droga. In cambio della protezione i capimafia avrebbero avuto da Berlusconi 100 milioni di vecchie lire. Il pentito ha poi parlato di investimenti di mafiosi in una società milanese. Il boss Bontade avrebbe raccolto quote dagli uomini d'onore per circa 10 miliardi di lire.
Mica noccioline...

La tesi della Guzzanti è netta e ben giustificata: se negli anni '90 l'Italia pensava a un futuro migliore, il periodo delle stragi e la trattativa Stato-mafia hanno assicurato alla criminalità organizzata sempre più spazio e controllo.
L'efficacia è notevole: il film informa, appassiona, indigna e commuove, chiamando in causa tutti, dai soliti noti fino a Scalfaro e Napolitano. Non saprei dire quanta opionione sarà in grado di spostare ma sono sicuro che molti sosterranno, con forte pregiudizio, che è un film di parte.
Aggiungo che non lo è affatto perché le fonti e le ricostruzioni poggiano su solide basi e testimonianze che l'autrice ha più volte verificato per non incappare in polemiche futili.
Consiglio la visione a tutti, in particolar modo a chi ha amato "Draquila" e a chi vuole saperne di più di una delle tante pagine misteriose della storia italiana.

VALUTAZIONE *** 1/2

Ultima modifica il Venerdì, 03 Ottobre 2014 22:01
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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