Katherine è una 'bambina prodigio', le sue abilità matematiche sono tali da far decidere i suoi insegnanti a farla trasferire in un'importante università americana, saltando addirittura due anni di scuola.
Gli anni passano, e Katherine trova lavoro alla NASA come 'calcolatrice umana', ma sa che far carriera non è roba per lei: siamo infatti nell'America del 1961, dove regna sovrana incontrastata l'apartheid.
Le donne (nere addirittura) non possono sperare di avere lo stesso trattamento dei bianchi: non possono svolgere 'ufficialmente' determinate mansioni (salvo poi farlo 'di nascosto' quando fa comodo) né soprattutto percepire lo stesso stipendio.
Ed è questa la situazione in cui Katherine e le sue amiche e colleghe Dorothy Vaughan e Mary Jackson si trovano a vivere e lavorare. Ma il terzetto conosce il proprio valore, non c'è colore della pelle che tenga, 'nessuno' potrebbe sostituirle alla NASA. Tutto sta nell''aggirare' la legge per arrivare finalmente a ricoprire un ruolo degno del loro valore.
Ma la Storia viene in aiuto della nostra eroina: siamo infatti in piena 'lotta' fra Stati Uniti e Unione Sovietica per la supremazia dello Spazio, entrambe le nazioni vogliono essere le prime a mettere piede sulla Luna, quindi la regola è fare presto.
A Katherine viene infatti offerto un posto di lavoro nella squadra che si occupa proprio di 'organizzare' i viaggi spaziali calcolando ogni dettaglio. Ben presto però si accorgerà che ancora la strada da percorrere è lunga, e che l'America non è pronta ad ammettere una donna di colore in un ambiente d' élite.
Le difficoltà sono tante: non solo i colleghi non vogliono avere alcun tipo di contatto con lei e non le accordano alcuna fiducia, ma addirittura nella palazzina sua nuova sede di lavoro non ci sono toilette per 'colored people'.
Nonostante le mille (surreali) difficoltà Katherine ce la mette tutta per dimostrare il suo valore, al punto da guadagnarsi la fiducia del capoufficio.
Il film affronta il tema dell'apartheid da un punto di vista nuovo ed interessante: il fulcro non sono infatti le battaglie per i diritti civili, ma queste entrano a tutta forza nella trama del film, diventandone un elemento fondamentale. Credo si possa dire che in 'Il diritto di contare' il nero non è destinato a 'fare il nero', ma porta la sua 'peculiarità' nella vita reale.
Un plauso va al titolo scelto per la versione italiana, molto più incisivo dell'originale inglese: infatti l'uso del verbo 'contare' ha la doppia valenza non soltanto di partecipare alla sfida spaziale grazie alla grande abilità matematica, ma anche quello di 'essere importante per la società'. Insomma, già nel titolo si ricordano quei diritti civili negati a Katherine e compagne (ma non solo...).
Consiglio vivamente la visione del film per riflettere non soltanto sulla 'assurdità' dell'apartheid americana, ma soprattutto per rendersi conto che purtroppo anche nella società di oggi, nella nostra Italia del 2017, assistiamo ogni giorno ad atti di discriminazione, forse ancora più pericolosi perché subdoli, non urlati, e spesso rivolti non soltanto a chi ha un diverso colore della pelle, ma a chiunque sia portatore di una qualsivoglia diversità.