Sabato, 21 Aprile 2018 00:00

Il pericoloso gioco di Molly Bloom

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Aaron Sorkin, la Red Headed Woman Jessica Chastain e il pericoloso gioco di Molly Bloom

2010. Usciva nelle sale di tutto il mondo il film The Social Network di David Fincher. Un'opera significativa che, secondo me, rappresenta in maniera totale i problemi della società contemporanea (specialmente le giovani generazioni). Insieme a Her, Into the Wild e Mystic River lo considero tra le opere manifesto degli anni 2000.

Parla della nascita di Facebook e dell'inquietante figura di Mark Zuckerberg, ma arriva a scavare su tanti temi: soldi, amicizie, tradimenti, comunicazione, solitudine. Come sempre nel cinema di Fincher, però si parla dei valori, non risparmiando stoccate enormi a colui che ha rivoluzionato il nostro modo di (non?) comunicare.

La sceneggiatura portava la firma di Aaron Sorkin, che poco dopo vinse l'Oscar. Forte di quel successo, scrisse per la serie tv The Newsroom e, per Danny Boyle, il biopic Steve Jobs del 2015 che tuttavia non aveva la stessa cattiveria della pellicola precedente. Tra le caratteristiche della sua scrittura c'è la raffica di dialoghi pungenti a velocità supersonica e battute taglienti non sempre politically correct.


Nel 2016 ecco finalmente il suo esordio dietro la macchina da presa.

Ha preso i diritti del libro Molly's Game della Bloom (2014, edito in Italia da Rizzoli) e ha pensato di farne un film che parla di una società americana profondamente malata. Questo mondo si sta sgretolando e sta perdendo i principi, i valori che lo hanno fondato. 


Questo film parte dal 16 aprile 2013. Molly Bloom (oggi ha 39 anni) venne arrestata. Ex studentessa di legge e campionessa di sci costretta a cambiare vita per via di problemi alla schiena, si riciclò come una delle più abili organizzatrici mondiali di bische milionarie. L'accusa era quella di aver organizzato traffici illeciti di poker clandestino da 100 milioni di dollari. La regola principale per iniziare le partite per lei era tenere alto il "buy in". In parole povere se volevi stare al gioco dovevi pagare un prezzo elevato. Su questo concetto Sorkin costruisce la metafora che permea l'intero film. Ma stavolta il poker non c'entra.

Al regista/sceneggiatore interessa Molly Bloom come figlia e come donna imperfetta, in cui si può riconoscere pregi e difetti. La notizia dell'arresto si sparse a macchia d'olio perché a questi tavoli da gioco sedevano star dello spettacolo (tra cui gli attori Tobey Maguire, Ben Affleck e Leonardo Di Caprio), finanzieri, politici, sportivi, business men e... la mafia russa (a sua insaputa). Qualcuno fece la soffiata alla polizia. L'identità dei giocatori riuniti da Molly preoccupava Sorkin che aveva paura di azioni giudiziarie che non avrebbero giovato al film e al suo finanziamento.

«Conosco alcune persone descritte nel libro e ho lavorato con alcune di loro. Ce ne sono altre con cui vorrei lavorare e anche due miei amici», ha spiegato il regista. Era una bomba ad orologeria che innescò un gigantesco caso che portò la Bloom in tribunale (non vi racconto come è andato il processo naturalmente). Nel film Sorkin racconta l'escalation di Molly attraverso un montaggio alternato con continui flashback. Anche se non è questo il vero obbiettivo del film. Una (voluta) scelta, quella del montaggio serrato, che consente allo spettatore di non cadere nella morsa della noia. Dapprima Molly aveva trovato lavoro come assistente di un organizzatore di partite clandestine di poker. Venne licenziata senza giusta causa. Fu allora che, abilmente, riuscì a creare una società che la fece divenire nel giro di pochi anni una delle donne più potenti d'America.
 Nei panni della protagonista ancora una volta c'è la sublime Jessica Chastain. Dopo la luciferina lobbista di Miss Sloane, aumenta la sfida attoriale vestendo i panni di una donna forte, autodeterminata e indipendente. Sicuramente una delle performance migliori della carriera.

A dir la verità a suggerire l'attrice a Sorkin è stata proprio la vera Molly Bloom. Anche la scrittrice deve essere della scuola di Bruce Springsteen quando in Red Headed Woman (dedicata alla futura moglie Patti Scialfa) proclamava che "ci vuole una ragazza dai capelli rossi per finire il lavoro sporco". La rossa Jessica Chastain ha fatto suo questo concetto. Il resto lo fa la solida e psicologicamente sfaccettata sceneggiatura che indaga su una donna a cui piace apparire davanti alle telecamere, che cercava "in tutti i modi di aggrapparsi a questo business che l'aveva legittimata come persona”. Sorkin la mette sullo stesso piano dei self made man americani (stile Trump), senza cadere (finalmente!) nelle sabbie mobili del gossip e del "femminismo" (se non avete capito cosa intendo, guardate questa intervista all'attrice Emily Blunt che esprime il concetto alla perfezione).

Il film è scritto benissimo, ma forse avrebbe necessitato di un regista diverso. Sorkin strizza l'occhio a The Wolf of Wall Street, ma non ha la cattiveria visiva di Scorsese. Al posto degli effetti speciali, ci sono dialoghi taglienti che sparano a raffica e spesso centrano il bersaglio. I personaggi sono ben definiti e non piegati all'egemonia della protagonista. Non è un biopic santificato della donna, ma un'analisi spietata di un mondo cinico e spietato, dove la selezione è inesorabile.

Il gioco di Molly non è il poker, ma sono le scelte, i suoi fallimenti, le sfaccettature della sua vita pubblica e privata.

Ancora una volta al cinema la protagonista è una donna (attenzione però l'ottica rimane quella di un regista/sceneggiatore uomo, che trae spunto da un'autobiografia femminile). Una figura moralmente non sempre integra, ma allo stesso tempo sexy e provocante, elegante, piena di sé, tosta, seducente, sensuale, intelligente, che le piace star da sola. Lo stesso regista/sceneggiatore però non intende esaltarla perché mette in luce anche le sue debolezze (il rapporto con il padre Larry, interpretato da Kevin Costner che ha messo in soffitta il tonno Rio Mare), la sua psiche, la sua ambiguità, la sua solitudine e la dipendenza dalle droghe (anche Sorkin non ne è affatto immune). Senza dimenticare i dissapori e le vecchie ferite descritte tramite i colloqui con il suo avvocato Charlie Jaffey (bravissimo Idris Elba, il Mandela di Long Walk to Freedom che, a suo tempo, vi raccontai in anteprima qui). Il vero tema del film è il rapporto con il padre psicologo e uomo autoritario. L'educazione ricevuta gli permetterà più avanti di tener testa agli uomini.

Ed ecco che alla fine il quadro è abbastanza realistico: Molly Bloom, come tutti noi del resto (c'è chi più e chi meno), è allo stesso tempo un personaggio tosto e indipendente, ma prigioniero di quel mondo maschile che apparentemente aveva sconfitto con scaltrezza e intelligenza.


Molly's Game ***1/2 (USA 2016)

Genere: biografico, drammatico.

Regia e Sceneggiatura: Aaron SORKIN
.

Fotografia: Charlotte BRUUS CHRISTENSEN, David ROSENBLOOM.

Cast: Jessica CHASTAIN, Idris ELBA, Kevin COSTNER, Jeremy STRONG.

Durata: 2h e 20 minuti circa.

Distribuzione: 01 Distribution.

Uscita italiana: 19 Aprile 2018.

Trailer: youtu.be/j5UDDB-tiFE.

La frase cult: «Crede che una principessa possa fare quello che ho fatto io?».


TOP

- Jessica Chastain è maestosa: qui è all'apice della sua carriera da interprete.

- La scrittura fluviale e tagliente di Aaron Sorkin.

- La politica cinematografica walk and talk di Sorkin con la telecamera che segue i dialoghi tra i personaggi mentre si spostano continuamente.

- L'approfondimento psicologico sfaccettato che non vuole elevare la Bloom a santina, ma a una figura ambigua come lo Zuckerberg di The Social Network.

- La critica alla società americana.

- Sorkin mette (finalmente!) sullo stesso piano i self made men e le self made women, senza cadere nella retorica del femminismo.

- La scrittura solida al posto degli effetti speciali: una scommessa vinta.

- Gli attori comprimari della Chastain sono bravissimi e hanno personaggi scritti molto bene (Idris Elba specialmente)
.

- Il montaggio serrato e ricco di flashback che riesce a scansare la noia.

FLOP

- Non piacerà a coloro che vogliono un cinema più pragmatico e poco verboso.

- La durata di quasi due ore e venti minuti con dialoghi fittissimi non ammette troppi cali di concentrazione. Alcuni spettatori potrebbero trovare il film estenuante.

- Il film si rifà a The Wolf of Wall Street, ma gli manca la cattiveria del film di Scorsese.

- Il Sorkin sceneggiatore prende il sopravvento sul Sorkin regista. Forse il film, per avere più equilibrio tra immagini e dialoghi, aveva bisogno di un filmaker diverso.


 Immagine di copertina liberamente ripresa da www.socialnews.xyz, locandine liberamente riprese da mr.comingsoon.it e aforismi.meglio.it, copertina del libro liberamente ripresa da www.rizzoli.eu

Ultima modifica il Venerdì, 20 Aprile 2018 20:18
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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