Sabato, 28 Aprile 2018 00:00

Lui, loro e gli italiani: la somma inconscia del berlusconismo secondo Sorrentino

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Lui, loro e gli italiani: la somma inconscia del berlusconismo secondo Sorrentino

2008. Passò da Cannes e poi in sala un film italiano destinato a diventare uno dei migliori film di Paolo Sorrentino (insieme a Le conseguenze dell'amore). Sto parlando de Il divo. Al centro del film c'era Toni Servillo con il suo Giulio Andreotti. In quell'opera c'era una piccola scena che era il fulcro della pellicola.

Andreotti entra nella sua macchina nera assediato dai giornalisti e dalle telecamere. Il direttore della fotografia Luca Bigazzi ebbe l'idea geniale di illuminare il protagonista con una piccola luce (pendente dall'alto) che mostrava solo una piccola porzione di faccia (sulla scia di Storaro con Kurtz/Marlon Brando in Apocalypse Now). La differenza tra Loro e Il divo, tra Berlusconi e Andreotti, visti da Sorrentino, è palese: il secondo era la rappresentazione di un potere cupo, misterioso, segreto, il primo invece rappresenta la società di gossip dove (quasi) tutto è venuto fuori dove si chiacchiera del nulla (il bla bla bla de La grande bellezza).

«La verità è solo una convenzione, dipende da come la dici» - dirà nel corso del film al nipote (una delle scene migliori). Proprio da questa frase si capisce la differenza sostanziale: in una società di apparenza, la realtà latita. Sembra di essere in Reality di Matteo Garrone. Tutto vero, tutto falso. La gente non capisce più il confine (sempre più assottigliato) tra quello che vede e sente, e quello che succede.

Dimenticate Il caimano di Nanni Moretti (Sorrentino, tra l'altro, era aiuto regista all'epoca, lo potete ammirare qui). Questo film non è cronachistico, ma è grottesco, deformato, farsesco. La citazione iniziale di Giorgio Manganelli («tutto è documentato, tutto è arbitrario») rende subito l'idea. Berlusconi è una maschera di cartapesta stile Carnevale di Viareggio o Pulcinella. Considerando che Sorrentino e Servillo sono napoletani doc, la seconda è ancora più efficace.

C'è da dire una cosa: non è possibile dare un giudizio a Loro perché è incompleto. Il grande colpo di genio è la locandina che crea attesa e richiama la numerazione canonica che omaggia gli anni '80. Il titolo, non a caso, è Loro 1, non loro parte prima. Loro 2 arriverà al cinema il prossimo 10 maggio (la recensione arriverà pochi giorni dopo). Auspico che Sorrentino abbia fatto un grande lavoro e spero vivamente che prosegua nel percorso della megalomania di potere di Berlusconi (il finale allude a questo?), attraverso la crisi con Veronica Lario (ci sarà la famigerata lettera agli acerrimi nemici di Repubblica?). Il trailer della seconda parte sembra confermare la mia ipotesi (vedere qui). Detto questo, veniamo a una parziale analisi dell'opera.

La prima parte è come prendere una strada e ritrovarsi di fronte a un bivio: da una parte c'è re Silvio (un immenso e caricaturale Toni Servillo dalla somiglianza incredibile), dall'altra i loro (i comprimari, i servi, coloro che partecipavano ai festini). Il principio è lo stesso del Divo: mostrare il potere (immenso) di quest'uomo attraverso le persone che gli stanno attorno. Infatti Silvio è una sorta di Keyser Soze de I soliti sospetti: non si vede, ma la sua presenza è tangibile (entra in scena dopo oltre un'ora). È come un herpes, ovvero sulla bocca di tutti, ed è temutissimo da faccendieri, imprenditori rampanti, galline ruspanti, cortigiane, mignotte di professione (o grandissimi puttanoni, se vi sembro troppo di bocca scelta), vergini, politici (o aspiranti tali), giullari, cantanti, acrobati, star televisive e calciatori che devono essere lanciati nel giro che conta. Ci sono il Milan, il vulcano, la bandana, Dudù. Insomma un groviglio di corpi, situazioni, di personaggi, di cose che hanno un prezzo. Tutti lo adorano e hanno paura di lui.

"O siete con me o contro di me" è il noto motto berlusconismo. Sembra il circo di un film di Fellini a cui Sorrentino si ispira creando queste immagini pregne di personaggi, creando intorno dei festini a base di droga e (parecchio) sesso scimmiottando The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese (c'è anche un bignami della MDMA, più nota come ecstasy). Intorno a Lui, ecco i Loro. Non tutti hanno il nome reale, ma si capisce chi sono: Tarantini (Scamarcio), un mix tra l'ape regina Began e la D'Addario (molto brava Kasia Smutniak), un "meticcio" di Bondi e Formigoni con l'aspetto di Pomicino (Fabrizio Bentivoglio), il fantomatico "Dio" (l'erede di Licio Gelli?), Noemi Letizia, il menestrello Apicella, il faccendiere (Dario Cantarelli) e naturalmente la disillusa Veronica Lario (Elena Sofia Ricci). Durante il film, Sorrentino instilla in questi squallidi personaggi i difetti dell'italiano, senza calcare troppo la mano (attenzione al botteghino e ai giudizi degli americani!). Perché il vero problema dell'Italia non è Berlusconi, ma il berlusconismo feroce e arcigno, ormai (ahimè) insito nell'italiano medio che «fa la somma inconscia di tutte le cazzate che gli hai raccontato» (glielo dice il Bondi/Formigoni di Bentivoglio a Silvio).

Staremo a vedere la seconda parte dove vorrà andare a parare, sperando che aumenti la sfida della prima.

Da segnalare sicuramente c'è la fotografia di Luca Bigazzi (Il divo, La grande bellezza) che, a differenza di altre volte, rimane giustamente in "disparte" per esaltare il lato grottesco della vicenda. Stile cerone del re o il tatuaggio sulle natiche (altra scena top), per intendersi. E poi c'è una Roma meno bella del solito e più cupa che è come «l'Albania quando stava con le pezze al culo» (cameo notevole di Ricky Memphis nei panni di Ricucci). Una Capitale che sta sprofondando come il camion dei rifiuti che finisce nei Fori Imperiali per colpa dell'attraversamento di una pantegana (citofonare a Virginia Raggi). Sorrentino, come con Andreotti, sceglie di non essere cattivo e di mostrare solo il lato grottesco di Berlusconi. Una scelta molto in linea con il cinema italiano recente (Sono tornato di Luca Miniero è l'esempio più calzante). Anche se questa prima parte è da ricordare per l'ironia tagliente e per almeno tre scene cult: il tatuaggio di Silvio sul lato B di una giovane escort, la scena del dialogo tra Berlusconi e il nipote che parlano dell'Italia e dei problemi della giustizia del nonno. Senza dimenticare lo splendido teatrino dei burattini stile Essere John Malkovich, con le maschere dei comunisti Lenin, Stalin e ... D'Alema, che vale il prezzo del film.

Ancora una volta, il regista napoletano si dimostra uno dei talenti più cristallini del nostro cinema commerciale. Soprattutto a livello di marketing. Quelli che pensano che "Loro" rischia di essere una parodia involontaria di tutto il suo cinema, non hanno colto l'essenza del suo stile o la sua sottile ironia. In questa pellicola si ride molto, ma in maniera amara perché c'è la consapevolezza che tutto è già accaduto. La sua mano si vede sempre. Basta vedere la scena d'apertura. Nessun altro poteva descrivere il berlusconismo come un condizionatore e l'italiano (medio), naturalmente, come una pecora collassante.


LORO 1 **** (Italia 2018)

Genere: grottesco, commedia, drammatico.

Regia: Paolo SORRENTINO.

Sceneggiatura: Umberto CONTARELLO e Paolo SORRENTINO.


Fotografia: Luca BIGAZZI.

Cast: Toni SERVILLO, Riccardo SCAMARCIO, Elena Sofia RICCI, Anna BONAIUTO, Fabrizio BENTIVOGLIO, Kasia SMUTNIAK, Ricky MEMPHIS, Dario CANTARELLI, Roberto HERLITZKA.

Durata: 1h e 44 minuti circa.

Produzione: Indigo Film e Focus Features.

Distribuzione: Universal Pictures.

Uscita: 24 Aprile 2018. La seconda parte uscirà al cinema il 10 maggio.

Trailer: youtu.be/sH5jUMx0uek.

La frase cult: «Gli italiani fanno la somma inconscia di tutte le cazzate che gli hai raccontato».


 

Top

- Almeno 3 scene magistrali (il tatuaggio di Silvio sulle natiche, la scena con il nipote in cui parla degli italiani, il teatrino con le maschere dei comunisti Stalin, D'Alema, Lenin).

- La pornografia come elemento cardine della corruzione. Il berlusconismo presuppone che tutto abbia un prezzo e tutto sia un gigantesco mercato. Immagine perfetta.

- Berlusconi è come una maschera grottesca di cartapesta. Servillo gli assomiglia molto ed è come al solito gigantesco. A tenergli testa un'ottima Elena Sofia Ricci.

- L'analisi di alcuni vizi italici mi trova d'accordo. Il berlusconismo è insito e si vede.

- Il cameo di Ricky Memphis e la critica (velata) a una Roma decadente.

- Gli omaggi a Fellini e la strizzata d'occhio a Il divo e La grande bellezza.

- La scelta di non voler fare un film cronachistico (visto che ormai sappiamo quasi tutto).

- La fotografia di Luca Bigazzi: elegante, sontuosa, ma allo stesso tempo cupa e barocca.

- Il make up del personaggio di Berlusconi è pura magia.

- Katia Smutniak è bravissima e molto credibile.

- La scena iniziale descrive in maniera magistrale il rapporto tra Italia e berlusconismo.

- Il ritorno di Sorrentino al cinema grottesco e farsesco (quello per intendersi dei suoi tempi migliori).

Flop

- Non aggiunge nulla di nuovo a quello che si Sto arrivando!.

- Sorrentino sceglie di non calcare la mano per mostrare il lato grottesco della vicenda (che invece è drammatica forte).

- Sorrentino scimmiotta The Wolf of Wall Street, ma non ha la stessa cattiveria.

- Un film stracolmo di droga, sesso, corpi nudi. A volte Sorrentino eccede. Anche se la pornografia in realtà serve a descrivere la corruzione.


Immagine di copertina liberamente ripresa da www.lastampa.it

Ultima modifica il Venerdì, 27 Aprile 2018 23:28
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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