Tanto la critica si diverte nel distruggere un b movie, che appare ancora più ridicola della memorabile battuta “picchi come un vegetariano”. Finisce che si accusa la pellicola, in alcuni casi, di essere poco impegnata nel denunciare le condizioni dei detenuti di Guantanamo.
Come se fosse scontato ritrovarsi un musulmano detenuto dagli occidentali tra i buoni (se Oriana Fallaci fosse viva, ci sarebbe qualcuno che ancora ci ricorderebbe i tempi del declamato “scontro di civiltà”). Ma, soprattutto, come se fosse legittimo aspettarsi l’impegno politico da un film del genere.
Håfström non è un grande regista – anche se ha avuto una buona capacità visiva nel creare la struttura carceraria. Si è ritrovato per le mani una sceneggiatura girata per più mani dal 2008 in poi, accantonata e ripresa a fasi alterne dalla Summit Entertainment. Ci sono forse un paio di sequenze degne di nota, quando si riesce a giocare tutto sull’espressività necessariamente stereotipata degli attori in campo, una sorta di ostentazione continua, se si pensa all’uso dozzinale del buon Vincent D’Onofrio e di Sam Neill, che finiscono per sembrare attori meno capaci di 50 Cent.
Fa tutto parte del gioco, di un’ora e mezzo abbondante in cui due simboli (demonizzati a sinistra, ma simboli rimangono) rivendicano un intero percorso ridendo di se stessi con profondo compiacimento, all’interno di un genere che vanta ottimi budget di produzione.
Non è un vestito su misura, per cui rende molto meno di altri esperimenti che vanno nella direzione dello scongelamento dei dinosauri. Lo stesso Stallone è una sorta di ultima scelta, dopo diversi tentativi (sarebbe stato un film completamente diverso, ad esempio, se la proposta fosse stata accettata dalla prima ipotesi: Bruce Willis).
Non servono però sempre vestiti su misura. La ricerca del continuo capolavoro svilisce anche il senso dell’andare al cinema con regolarità, per poter poi ridere e discutere di quello che si vede. L’attore austriaco resta comunque più in penombra, nonostante una memorabile sequenza di monologo in lingua europea. Per fortuna Schwarzy ha terminato la sua parentesi politica e forse ha solo bisogno di scongelarsi ancora un po’ (la stessa impressione che aveva lasciato il suo rientro “solista” in The Last Stand).
Se non fosse per Stallone e Schwarzenegger sarebbe un brutto film? Sì, però è proprio per vedere loro due che si guarda Escape Plan. Astenersi perditempo (e vegetariani permalosi).
Sperando sia una sorta di antipasto per futuri cult.
[Voto 6 su 10]
Escape Plan, USA, 2013, azione, durata 111', regia di Mikael Håfström