Il 25 novembre è la giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa data fu scelta dalle Nazioni Unite nel 1999 per ricordare il brutale assassinio di tre donne - le sorelle Mercedes, Antonia e Maria Mirabal - che il 25 novembre 1960 furono trucidate a causa della loro resistenza contro il feroce regime di Trujillo, dittatore della Repubblica Dominicana dal 1930 al 1961.

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Perché si obietta? Le motivazioni non religiose dell’obiezione di coscienza

Dopo il successo del referendum in Irlanda, il diritto della donna alla scelta sul proprio corpo è tornato ad essere un argomento di attualità. Si tratta di un importante passo che ridà speranza in un periodo di conservatorismo e recessione, che vede la rinascita di fondamentalismi e l’arrivo al potere di gruppi estremisti, legati a logiche fasciste e patriarcali.

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Gli ultraottantenni colpiscono ancora: il ritorno di Roman Polanski

Al cinema vanno di moda gli over 80. Sarà un caso, ma negli ultimi mesi sono usciti film di Ridley Scott (80 anni), Woody Allen (82), Clint Eastwood (87).

Senza dimenticare l'inossidabile leone inglese Ken Loach (81 anni e non sentirli) che nel 2016 ha vinto la Palma d'Oro con "Io, Daniel Blake".

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Narrazioni distorte: il racconto dello stupro negli ultimi casi di cronaca

Gli stupri di Rimini (leggi qui), di Firenze e Roma, l’uccisione di una adolescente a Lecce e le più recenti violenze di Catania e Bergamo. Sono tutti fatti di cronaca nera che si sono susseguiti nell’ultimo periodo, e che hanno riempito le prime pagine dei giornali, creando scalpore e fomentando dibattiti che scaturiscono quasi sempre in linciaggi mediatici. A seconda di chi ha commesso o subito il crimine, la violenza sulle donne è stata giudicata come più o meno grave, e i giornalisti si sono sentiti più o meno liberi di rispettare le vittime e i colpevoli.

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Dalla differenza salariale alla Tampon Tax: una riflessione sulle sfumature delle discriminazioni contro le donne

Si parla spesso di politiche per le pari opportunità, di leggi per contrastare il gender gap, di necessità di azioni positive per raggiungere l'equità tra i sessi, eppure la fantomatica differenza economica e sociale tra uomini e donne continua a perpetuarsi all'interno della nostra società.

I dati del Global Gender Gap Report 2017, redatto dal World Economic Forum, parlano chiaro: l'Italia si trova al 71esimo posto sui 136 paesi analizzati.

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Indecorose e libere, disobbedienti e sovversive, indecenti e antimoraliste: femministe

"Passeggiata in rosa", "festa delle Donne" è questo quello che si legge in molti dei quotidiani italiani all'indomani, dallo Sciopero Globale delle Donne; promosso in occasione della Giornata internazionale della donna alla quale hanno aderito ben cinquanta Paesi* di tutti il mondo – lanciato inizialmente dalle donne argentine di Ni una menos – è stato uno straordinario momento di lotta.

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Lunedì, 13 Marzo 2017 00:00

Tra i femminismi dei nostri giorni

Tre i femminismi dei nostri giorni

La fase acuta di crisi del sistema neoliberista e il disintegrarsi dell'utopia di una società globale caratterizzata da benessere materiale e dall'accrescersi di spazi di democrazia e libertà, stanno profondamente mutando anche gli atteggiamenti intellettuali e le analisi politiche condotte all'interno dei movimenti femministi. Si percepisce un sempre maggiore disagio rispetto a una variante del femminismo, egemone dagli anni settanta, che ha messo al centro delle rivendicazioni l'aspetto individuale e l'elemento della differenza. La centralità dell'identità e del corpo, l'enfasi sul privato e sui molteplici significati che può avere il concetto di autodeterminazione hanno permesso trasformazioni sostanziali nella vita delle donne, agendo in profondità sulle dinamiche di potere e sulla percezione culturale diffusa, contribuendo a smorzare la soffocante presa del patriarcato che le voleva relegate entro le mura domestiche.

Lo smantellamento del welfare e dei diritti lavorativi, nonché la crescita globale delle disuguaglianze economiche hanno però obbligato molte influenti femministe contemporanee, come Nancy Frazer, Jessa Crispin o Andrea Iris D'Atri a interrogarsi sulla necessità di ricomporre quella frattura che si era venuta a creare fra diritti delle donne e diritti sociali. In sintonia con le analisi di Boltanski e Chapiello sul nuovo spirito del capitalismo, si comincia a denunciare un femminismo geneticamente modificato che persa la sua vocazione solidaristica e redistributiva, tende a sposarsi con una cultura liberista che esalta l’individuo e l'autonomia personale. A questo femminismo mainstream e glamour che promuove il carrierismo, la competizione, il self-empowerment e la meritocrazia e che è diventato parte integrante dei dispositivi di potere neoliberali occorre opporre, a detta di alcune femministe critiche, un approccio maggiormente solidaristico rimettendo al centro l'aspetto radicale e sistematico della critica al capitalismo.

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Intervista a cura di Chiara Del Corona ed Elena De Zan

Rohina Bawer è una giovane donna nata a Kabul, in Afghanistan che oggi si batte, grazie a un progetto di lavoro con COSPE e HAWKA (Humanitaria Assistance for children and women of Afghanistan), per la difesa degli attivisti e dei diritti umani. Nel suo lavoro con le due associazioni, si occupa prevalentemente di comunicazione e di coordinamento dei vari focal point che lavorano nel progetto nelle diverse province afghane.

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Lunedì, 24 Ottobre 2016 00:00

Non una di meno

Non una di meno
Verso la mobilitazione nazionale delle donne contro la violenza di genere 

In Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa e nell'ottanta per cento dei casi il colpevole del femminicidio è il suo partner. In Italia sono 6.788.000 le donne che, nell’arco della loro vita, subiscono un abuso fisico e\o sessuale: una donna su tre. I dati Istat del 2015 per quanto aberranti mostrano solamente la punta dell'iceberg: infatti non possono rilevare gli abusi non dichiarati, le violenze di genere non denunciate. Totalmente consce dello spettacolo desolante, del vuoto culturale che le circonda, viste ancora le numerose rimostranze che mostra da più parti in questo Paese (“a cosa serve chiamarlo femminicidio? La parola omicidio comprende già i morti di tutti i sessi!") e certe che l'argomento vada analizzato attentamente per trovare gli strumenti utili a decostruirlo, in molte si sono date appuntamento, lo scorso 8 ottobre presso l’aula della Facoltà di Psicologia della Sapienza di Roma, nell'ambito del percorso che porterà alla manifestazione nazionale del 26 ottobre a Roma ed alla giornata di approfondimento di domenica 27 novembre. L’incontro, aperto dalle tre realtà promotrici: la rete IoDecido, D.i.Re-Donne in rete contro la violenza (che riunisce più di 77 centri antiviolenza in tutta Italia) e Udi (Unione Donne in Italia), ha visto la partecipazione di oltre 500 donne ma anche parecchi uomini. Donne diverse, e di diverse generazioni ma con la stessa voglia di confrontarsi per tracciare un cammino comune che aiuti ad affermare l'assoluta serietà della questione violenza di genere nel nostro Paese.

Non una di meno”, questo il nome dell'iniziativa, richiama le lotte delle donne argentine che, proprio in coincidenza con l’assemblea romana, hanno dato avvio, in oltre 50000, al loro incontro nazionale a Rosario, per rilanciare la campagna “Ni Una Menos”, e che sono scese in piazza, il 19 ottobre, proprio con questo grido per commemorare Lucia Perez, la sedicenne drogata, violentata per ore e impalata.

Un susseguirsi di interventi ha messo in luce che in politica il “rosa” non basta, serve invece il contributo intellettuale, il pensiero aperto e lucido che trova nel femminismo la sua principale radice. Un momento per narrare delle loro vite, della stanchezza di essere vittime, della rabbia e della libertà. Un confronto aperto e libero, un'occasione per rivedersi, scambiare opinioni, esperienze ed idee. L'obiettivo è chiaramente alto e l'auspicio è che sia dalla convocazione nazionale che dalle due giornate romane, del prossimo novembre, nasca un nuovo slancio politico che riunisca le donne su obiettivi comuni urgenti.

L'auspicio è, nei fatti, che si dia avvio ad un percorso costituente di un piano femminista contro la violenza sulle donne e per l'autodeterminazione e la libertà femminile. Occorre, dunque, che si ridia importanza e che si ridefiniscano i contenuti della, ormai troppo rituale, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Per tale ragione il 26 novembre sarà presentato il "piano delle donne femministe contro la violenza di genere" (ed il giorno successivo si darà vita ai tavoli tematici di discussione sullo stesso).
Preso atto (ma se ne è veramente preso atto?) che la violenza non è fatto privato ma è un fenomeno complesso e stratificato (spesso sostenuto da politiche istituzionali, educative, sociali ed economiche non all'altezza e dalle narrazioni distorte da parte dei media) occorre che il tema della violenza degli uomini sulle donne sia affrontato mediante un cambiamento culturale radicale: rifuggendo da strategie securitarie od emergenziali.
Occorre un cambio di passo che parli di prevenzione, di diritti sociali ed economici, di lavoro, di diritto alla salute, di autodeterminazione sessuale e riproduttiva, di femminismo migrante.

Tra gli interventi della giornata, diversi sono stati i riferimenti alle donne curde (capaci di affermarsi con forza spezzando il patriarcato lì dove appare più forte). E la stessa forza delle compagne curde le donne di Non Una di Meno provano ad iniettarla nel loro cammino: stanche di parole di circostanza vogliono far sentire la loro visione del mondo. E vogliono farlo tutte insieme.


NB: La campagna di avvicinamento alla mobilitazione nazionale del 26 e 27 sarà scandita da numerose iniziative dislocate presso associazioni, scuole, università, di tutta Italia e saranno tutte reperibili sul blog della campagna (vedi qui). Il blog sarà strumento di condivisione dei materiali e di coordinamento e diffusione delle iniziative di promozione, approfondimento e finanziamento delle due giornate romane

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Giovedì, 09 Giugno 2016 00:00

Famiglie: una storia di donne in fotografia

Non era facile raccontare in maniera efficace storie di donne che hanno subito violenze, fisiche o psicologiche, sia all’esterno che entro le mura domestiche, ma la mostra fotografica curata da Ubaldo Dati e dal suo circolo fotografico “L’Altissimo” è riuscita pienamente nell’intento, senza cadere in una falsa retorica o nella ricerca forzata di immagini strappalacrime o troppo esplicite. La mostra, inaugurata già in occasione del Convegno “Amore, instabilità e violenza. Famiglie ieri ed oggi” tenutosi lo scorso novembre 2015 presso il Palazzo Ducale di Massa (nato da un’idea di Alessandra Cieli, co-fondatrice e vice-presidentessa dell’Associazione “Scritture femminili, memorie di donne”) è stata riproposta il 2 giugno, in occasione della Festa della repubblica e ospitata nella sede del Consiglio della Regione Toscana a Firenze (Via Cavour, 4) e resterà visitabile per ancora dieci giorni. A presentare la suggestiva e intensa mostra fotografica, oltre all’autore Dati, erano presenti anche Eugenio Giani, presidente del Consiglio regionale e Olga Raffo, presidentessa dell’Associazione “Scritture femminili, memorie di donne”, la stessa associazione che ha curato,

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