All'incontro hanno partecipato i critici Claudio Carabba, Giovanni Maria Rossi e Enrico Magrelli, l'attuale direttore della "Pergola", Gabriele Lavia e il sindaco di Fiesole, Anna Ravoni.
“È il primo premio che ricevo dalla critica e quindi lo considero davvero speciale” - ha commentato il regista riappacificandosi con i critici dopo le continue lamentele della stampa dopo "Nuovo Cinema Paradiso".
Nato a Bagheria, nella provincia di Palermo, "Peppuccio", guadagna i suoi primi soldini facendo il protezionista a 10 anni (come il Totò del suo film più famoso). Più in là, organizza cineforum scolastici e recita in un piccolo gruppo di teatro. Da adolescente, si dedica alla fotografia, realizzando servizi per i matrimoni e le feste di famiglia. Poi arriva ai documentari. Grazie a questi, riesce con grande scaltrezza a rendersi visibile per raggiungere il suo sogno: diventare regista di cinema.
Allora, ha raccontato Tornatore, una cosa del genere era piuttosto difficile in Sicilia per via dello stato di completa rassegnazione in cui la sua regione ancora oggi versa. Roba da Gattopardo. «Ho un mio personalissimo teorema, amo la Sicilia, ma per esprimere tutto il mio amore ne devo stare lontano. Quando ci torno, ritrovo tutte le contraddizioni, ritorna tutta la mia rabbia, l'impotenza...Sono abbastanza pessimista, anche se vedo la speranza nei giovani». Insomma la sua terra è come la Sicilia di "Nuovo Cinema Paradiso" (secondo Alfredo) o la nave di Novecento de "La leggenda del pianista sull'oceano". "Non c'è futuro: c'è solo il passato".
In ogni caso dopo diverse peripezie, nel 1986 riuscì a fare il suo primo film "Il Camorrista" ma sarà il 1988 il suo anno fortunato.
"La vita non è come l'hai vista al cinematografo: la vita è più difficile" - avrebbe detto Philippe Noiret qualche anno più tardi nell'opera di Tornatore più conosciuta al mondo. Prendendo spunto dalla sua vita,ecco il film "tornatoriano" per eccellenza: "Nuovo Cinema Paradiso" (dove compare anche come proiezionista nel celebre finale).
È la storia del cinema di paese della provincia siciliana, punto d'incontro di tutti come la chiesa, il bar. I personaggi principali sono il proiezionista Alfredo (Philippe Noiret) e un suo piccolo entusiasta allievo di nome Totò, che poi prenderà il suo posto, quando l'uomo rimane cieco per un incidente sul lavoro. La storia è rievocata dal ragazzo, ormai adulto, ultraquarantenne e ormai famoso regista cinematografico. E la frase sopra citata è quella che Tornatore metterà nel film attraverso la testa di Alfredo e il corpo di Totò.
La pellicola è una dichiarazione d'amore totale alla settima arte, al cinema (finale incluso). Tutto questo gli consentirà di vincere l'Oscar come miglior film straniero appassionando perfino l'America. Una cosa non da poco vista la crisi di idee in cui versava (e tutt'ora versa) il cinema italiano.
Di solito si dice che il secondo film è più difficile dell'opera prima. In effetti ripetersi è sempre difficile ma Peppuccio riesce nell'impresa non solo nell'opera seconda ma anche nella terza. Sulla scia dell'Oscar, nel 1990 realizza "Stanno tutti bene", straordinario (ma sottovalutato) film di influenza felliniana con protagonista Marcello Mastroianni (indimenticabile la scena del bambino che osserva i giri della lavatrice come quando guarda la tv). Quest'opera è importante perché per la prima volta gli americani rifaranno nel 2010, basandosi sulla sceneggiatura di Tornatore, un remake con Robert DeNiro nei panni del personaggio di Mastroianni. La qualità però è molto peggiore dell'originale.
Da allora in poi arriveranno una lunga serie di grandi film divisa in due tronconi: una prima con i film autobiografici, sulla Sicilia e una seconda con pellicole dal respiro internazionale. Alla prima appartengono "L'uomo delle stelle","Malena","Baaria" (Bagheria in dialetto locale) mentre alla seconda appartengono "La sconosciuta","Una pura formalità" (con Depardieu e Polanski attore),"La leggenda del pianista sull'oceano" e l'ultimo grande film ovvero "La migliore offerta" (con Geoffrey Rush).
Tornatore è attualmente uno dei pochi registi italiani d'oggi a pensare alla tradizione cinematografica di Luchino Visconti e di Sergio Leone, mescolando il cinema artigianale, le sublimi musiche di Ennio Morricone e le nuove tecnologie (digitale incluso). Anche se è considerato un megalomane supponente,riservato e terribilmente pignolo. Proprio Tornatore ha spiegato questo equivoco facendo capire quanto il dettaglio sia fondamentale nel cinema. Senza un accurato livello di ricercatezza,di completezza e di precisione,con coerenza narrativa,il pubblico non avrebbe empatia, emozione, identificazione in certi stili culturali (o nei personaggi). Non è un caso che il regista è un simbolo dell'eccellenza italiana nel mondo, anche grazie al senso civile e all'emotività con cui ha saputo raccontare la sua terra, la Sicilia.
A dirla così, verrebbe da supporre che Tornatore è un super uomo senza ansie, stress, paure. Non è così. Anzi il regista ha svelato anche un'importante virtù che chi fa il suo lavoro deve avere: l'umiltà. "Se hai paura di sbagliare, se su qualche dettaglio sei incerto o pensi che non sia efficace vuol dire che sei sulla buona strada. La spavalderia e la sicurezza sono il peggior compagno di viaggio".
Poi però quando si gira un film emerge anche l'aspetto economico e temporale,visto che ogni perdita di tempo ne contempla anche una, maggiore, di denaro. E il regista lo sa bene quest'aspetto. Tornatore ha paragonato il suo lavoro a quello di un sarto che deve aggiustare un vestito a un cliente che ha preso o perso chili: deve sapersi correggere in corsa, saper rinunciare a qualcosa, modificare le location, trovare il compromesso con tecnici, attori e troupe (specie durante le riprese), risolvere i problemi tecnici, correggere gli errori, trovare il giusto mixaggio audio.
Il film è come un "figlio" per un regista: deve fargli imboccare il sentiero giusto proteggendolo, adottando tutti gli accorgimenti (e i compromessi) per farlo crescere adeguatamente. E una volta che l'opera esce in sala non finisce l'arduo sentiero: a volte sembra che tutto funzioni,poi però c'è lo scoglio del responso della critica (con cui Tornatore ha avuto non pochi problemi) e del pubblico. Poi anche quando è superata anche questa fase, il film non va nel dimenticatoio: come spesso sostengo anch'io,ogni volta che si guarda un'opera si osserva con occhi diversi,dettagli diversi,a età diverse,con maturità diversa,con umore diverso. L'esperienza cambia.
"Questo aspetto sfuggente rende il nostro lavoro unico" - ha professato Peppuccio.
Dopo quest'aspetto bello, c'è il rovescio della medaglia. Per il regista siciliano è rivedere i suoi film. A pensarci bene, verrebbe da pensare che Tornatore non veda le sue opere perchésa di non aver fatto il massimo. E invece chi pensa in questo modo è stato smentito seccamente. Il regista ha spiegato che "ogni volta che passano i miei film in tv,cambio canale" perchè dietro a ogni esperienza ricorda tutti i problemi, i compromessi che non gli permettono di seguire adeguatamente la storia o di parteciparvi senza "rivivere" i vari momenti nella sua memoria. Insomma "un artista odia sempre quello che produce"- diceva Virgil Oldman/Geoffrey Rush ne "La migliore offerta".
È stata una lezione importante sull’importanza del linguaggio, sulla necessità della varietà di linguaggi e di racconti, di generi. Su quello che significa il cinema. Quello che attinge dalla storia, che guarda inevitabilmente ai grandi, quei grandi che i giovani dovrebbero conoscere. Un cinema che per molti non può prescindere da quella saletta del Nuovo Cinema Paradiso dove, insieme a Tornatore, sono nati i sogni di tanti (compresi i miei). Come diceva Marcello Mastroianni in "Stanno tutti bene" ricordatevi che il vino si fa con l'uva ed è il migliore.
E per fare buoni film occorrono registi di qualità.
Ce la faranno i nostri eroi a salvare il cinema italiano?
Vedremo...
Immagine tratta da: www.odiseeducinema.fr