Arance e Martello segna il debutto cinematografico di Diego Bianchi in arte “Zoro”, già noto al grande pubblico per la sua attività di blogger e conduttore della trasmissione televisiva “Gazebo”. Ricorrendo allo stile comunicativo che è proprio della sua produzione artistica, Zoro compie un viaggio all'interno di un piccolo mondo capace di racchiudere in sé tutte le contraddizioni del nostro tempo. La crisi della sinistra, il rapporto tra politica e paese reale e persino la convivenza tra diverse etnie: un'opera corale che racconta l'Italia attraverso l'incontro-scontro tra il variegato gruppo di militanti PD e i commercianti del mercato.
Ed è proprio la crisi della sinistra il tema portante dell'opera dell'autore romano, raccontata con sarcasmo attraverso l'inadeguatezza delle figure che animano le vicende verosimili del film, come i vecchi militanti del PCI pronti a controbattere a colpi di memoria storica o i giovani attivisti pronti al sacrifico nonostante la delusione. La profonda riflessione sulla condizione umana dei militanti di donchisciottesca memoria, avviene in un contesto caotico in cui la disaffezione dalla politica è un filo rosso che lega anziani commentatori da bar, giovani neofascisti annoiati e commercianti in cerca di aiuto.
Ho letto di recensioni in sui si critica la tendenza all'interno del film a parlare ad un pubblico di "iniziati", quasi a voler fare conto su riferimenti comprensibili solo ad una cerchia ristretta. A mio modesto avviso tali commentatori sbagliano, perché è proprio l'intimità del racconto a fare di questa pellicola un'originale ritratto della miseria umana che non può non riportarci al gabbiano di Gaber.
“''ndò sta a politica?” si chiede nel film uno dei commercianti; Probabilmente il lavoro di Zoro può aiutarci a ritrovarla.