Negli anni '60 il regista napoletano è tra i protagonisti indiscussi del cinema di inchiesta e di denuncia con Salvatore Giuliano (nel quale Frank Wolff doppiato da Turi Ferro veste i panni di Pisciotta e la meteora Pietro Cammarata interpreta il bandito); Le mani sulla città, cruda rappresentazione del sacco edilizio avvenuto a Napoli in quegli anni, con un imponente - e non soltanto fisicamente - Rod Steiger nella parte del cattivo ed il consigliere comunista Carlo Fermariello (alla sua prima ed unica esperienza cinematografica) a rappresentare la Napoli migliore.
Il decennio successivo si apre con Uomini contro, durissima denuncia - lontana ed opposta ad ogni propaganda patriottarda - sulla condizione dei soldati durante la Prima Guerra Mondiale. Qui un eccellente Volontè pronuncia durante un attacco la frase simbolo del film: “Basta con questa guerra di morti di fame contro morti di fame. Eccolo là il nemico, è alle spalle – dice il tenente proto-socialista Ottolenghi indicando il sanguinario generale Leone - Soldati, alzatevi! E spariamo là!”.
Nel 1972 sempre Volontè è il protagonista de Il caso Mattei, film inchiesta sulla morte del dirigente industriale - e fondatore dell'industria petrolifera italiana - Enrico Mattei. Un film quest'ultimo che, nel raccontare un giallo, contribuisce, con ogni probabilità, ad aprirne un altro: la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, contattato da Rosi per una ricerca sugli ultimi giorni di vita dell'ingegnere marchigiano.
Il sodalizio Rosi-Volontè proseguirà con Luky Luciano e Cristo si è fermato a Eboli: fedele trasposizione cinematografica dell'opera di Carlo Levi.
Altra ottima conversione dalla carta alla pellicola di un'opera letteraria è Cronaca di una morte annunciata (1987), tratta dal romanzo omonimo dello scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez.
Negli anni '90 c'è spazio anche per un film inquadrabile come di proposta: Dimenticare Palermo, avventura in terra siciliana di un politico statunitense favorevole alla legalizzazione della droga e per questo tragicamente ucciso.
La scomparsa di Rosi contribuisce anche alla scomparsa di un cinema che nel nostro Paese ha avuto punte altissime di quantità e qualità (da Monicelli a Zampa, l'elenco sarebbe infinito). Un cinema quello di Rosi capace di essere d'inchiesta senza pedanteria documentaristica, e di essere letterario con l'umiltà necessaria a non discostarsi troppo dalle opere altrui.
Un cinema profondamente politico che non ha però ceduto alla bassa qualità artistica di certa propaganda. In poche parole, Rosi è stato una delle massime espressioni di un grande cinema che raccontava grandi storie.