Venerdì, 19 Febbraio 2016 00:00

Film maledetti

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Cosa hanno in comune libri come il Trattato dei tre impostori, Il testamento del curato Meslier, Il tallone di ferro, oppure film come Salò o le 120 giornate di Sodoma e Ultimo tango a Parigi? Sono altrettanti casi di libri o film “maledetti”. Si tratta di libri o film dei quali è stata impedita la diffusione, la lettura o la visione, per un periodo più o meno lungo, da parte di autorità religiose o politiche, o da entrambe.

Così accadeva, tanto per fare un esempio, a Il tallone di ferro (il noto romanzo di fantapolitica di Jack London) durante il fascismo; richiederne una copia in libreria o in biblioteca costituiva un forte motivo di sospetto per gli organi repressivi del regime. Naturalmente le elites intellettuali o meno non trovavano eccessive difficoltà a procurarsene una copia, l’importante era che opere “maledette” perché pericolose per il potere economico e politico non giungessero al grande pubblico, in sostanza che avessero diffusione di massa e contribuissero a suscitare sentimenti non conformisti. Talvolta è anche accaduto che opere di varia natura e genere diventassero “maledette” per avvenimenti esterni nel frattempo intervenuti, diventando così politically incorrect, ossia politicamente non adatte ai tempi.

È stato questo il destino di due opere cinematografiche diverse nello stile e nel contenuto, ma che affrontano il medesimo argomento: il potere DC e la sua classe dirigente.
Si tratta di Todo modo di Elio Petri, liberamente tratta dal romanzo dallo stesso titolo di Leonardo Sciascia, e di Forza Italia! di Roberto Faenza. Il primo film è del 1976, il secondo del 1977.
Alla loro uscita nelle sale suscitarono immediatamente furiose polemiche, ma dopo il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, furono prudentemente ritirati dalla programmazione nelle sale dalle stesse società distributrici. Il film di Elio Petri è riapparso il 2 settembre 2014 nell’ambito della 71a Mostra cinematografica di Venezia, nella copia restaurata dalla Cineteca di Bologna, ha avuto in seguito una molto limitata programmazione nelle sale e recentemente è stato programmato in televisione.

Il film di Roberto Faenza al contrario non è più riapparso nelle sale, ma è disponibile in DVD in due diverse edizioni, 1995 e 2006, edite rispettivamente da Mondadori e RCS.
Todo modo film si discosta da Todo modo romanzo in diversi punti, fra i quali quello essenziale è costituito dal trasferimento del ruolo di osservatore (nel romanzo anche narratore) degli avvenimenti da M., un pittore di fama capitato per caso sul luogo degli avvenimenti, allo spettatore.
In un eremo trasformato in un grande albergo si svolgono gli esercizi spirituali di un gruppo di alti notabili democristiani (anche se ciò non viene mai esplicitato), mentre il Paese infuria un’epidemia non meglio individuata che ha già fatto 58 morti (come si evidenzia nel dialogo), epidemia inesistente nell’opera di Sciascia, ma che adombra in tutta evidenza l’epidemia di colera che aveva colpito Napoli appena tre anni prima.
In un ambiente (l’eremo di Zafer) tra il cementizio e il catacombale, gli esercizi spirituali si svolgono sotto l’attenta direzione dal gesuita Don Gaetano (Marcello Mastroianni) a metà tra il misticismo e l’affarismo.

Fra frenetiche e podistiche riunioni di preghiera, gli esercizi sono anche l’occasione di lotte di potere e di intrighi fra i diversi potenti colà riuniti, fra i quali spicca il Presidente (Gian Maria Volonté), personaggio che, in maniera talvolta imbarazzante, adombra la figura di Aldo Moro. E non è il solo riferimento esplicito; il segretario del partito, che telefona per dare le sue direttive ai suoi sodali di corrente e che non viene mostrato, parla con spiccato accento toscano, né più ne meno di Amintore Fanfani. La riunione viene però turbata da alcuni efferati assassinii, i quali gettano nel panico i convenuti e gli spingono a scagliarsi violentemente gli uni contro gli altri, minacciando ognuno di rivelare i segreti inconfessabili dell’avversario, segreti di natura affaristica, ma anche sessuale, come afferma il Presidente di uno degli uccisi, descrivendone l’omosessualità con l’affermazione: “Era un culetto allegro fin dai tempi del seminario …”.

L’enigma comunque non viene del tutto sciolto, sia nel film che nel romanzo, anche se i sospetti si appuntano su Don Gaetano, che in un locale segreto annesso alla sua spoglia cella custodisce non solo materiale “proibito”: alcolici e riviste osé, ma anche fascicoli su tutti i maggiori notabili.
Il film vanta un cast di attori eccezionale, oltre Mastroianni e Volonté: Michel Piccoli, Renato Salvatori, Mariangela Melato, Franco Citti e altri meno noti, così come inconsueta è la presenza in ruoli dai tratti altamente drammatici di Tino Scotti e Ciccio Ingrassia, il quale fra l’altro vinse il Nastro d’argento come miglior attore non protagonista.
Due frasi del dialogo danno il senso del film. Il personaggio chiamato Lui (Michel Piccoli) che chiede a Don Gaetano: “Ma la rendita parassitaria è peccato veniale o mortale?” e Gaetano gli risponde pronto: “Da quando la rendita è peccato!”. La moglie del Presidente che consiglia al marito: “Parla difficile solo quando non hai nulla da dire”. Formidabile!

Lo stesso titolo, del romando e del film, è significativo di una certa ipocrisia clericale: Todo modo è parte del detto di Ignazio di Loyola: “Todo modo para buscar la voluntad divina” (ogni mezzo per cercare la volontà divina), che poi non è altro che “il fine giustifica i mezzi” dell’ospite dell’albergaccio di Mercatale in Val di Pesa, autore più volte condannato e ostracizzato dalla chiesa cattolica.

Il secondo film è invece un paziente e lungo lavoro di montaggio di spezzoni di cronache politiche italiane, reperite in grandissima parte presso reti televisive del nord Europa, che tratteggia in maniera formidabile il potere Dc, in questo caso citato senza tante perifrasi. Si tratta di un’opera che, in qualche maniera, anticipa i lavori di Michael Moore, trasformando asciutte cronache documentarie in un vero e proprio film a soggetto. Il gioco di trasformare spezzoni documentari in un vero e proprio racconto cinematografico è rivelato pienamente dall’autore nei titoli di coda, quando sono indicati i personaggi e i relativi interpreti: Amintore Fanfani (Amintore Fanfani), Aldo Moro (Aldo Moro), Mariano Rumor (Mariano Rumor), Giulio Andreotti (Giulio Andreotti), Flaminio Piccoli (Flaminio Piccoli), Raffaele Bisaglia (Raffaele Bisaglia), Antonio Gava (Antonio Gava), Giovanni Leone (giovanni Leone) … e via democrastineggiando. Fra le scene, rigorosamente riferite a fatti veri, i poliziotti che in Piazza della Signoria, di Fronte alla Loggia dei Lanzi, chiedono: “Signor commissario dobbiamo coprire solo le nudità femminili o anche le maschili?”, “La circolare non è chiara. Nel dubbio coprite tutto!”. Ciò vi ricorda qualche fatto recente?
Per la cronaca concludiamo dicendo che Roberto Faenza fu coadiuvato nella sceneggiatura del film da Marco Tullio Giordana e da Antonio Padellaro e Carlo Rossella, il quale è poi approdato a lidi berlusconiani e ultracattolici, nonché all’amicizia dei Bush. Si potrebbe dire che ha fatto il girotondo (nel senso di giro in tondo) da Forza Italia! (film) a Forza Italia (partito), in fondo una certa coerenza la manifestata, … e qui vi lascio augurandovi buona visione, credete a me i due film lo meritano.

Ultima modifica il Giovedì, 18 Febbraio 2016 08:47
Francesco Draghi

Francesco Draghi, nel Partito Comunista Italiano prima e dalla sua fondazione nel PRC, ha ricoperto in entrambi incarichi di direzione politica, è stato amministratore pubblico.

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