Il moltiplicarsi di serie tv sulla mafia - malgrado l’impiego di una raffigurazione eccessivamente caricaturale - ha permesso di conoscere meglio l’enigmatico bagaglio di gesti e parole che caratterizzano il modo di comunicare degli affiliati a Cosa Nostra, ma, più in generale, dei siciliani tutti. La premessa su parole, gesti o più semplicemente sguardi capaci di trasmettere messaggi ben precisi, è resa necessaria per comprendere per quale ragione per più di 50 anni la provincia di Enna, ombelico della Sicilia, è stata definita la “provincia babba”, espressione la cui traduzione più immediata ci riporta a babbeo o sciocco. Perché babba? “Storicamente l’attività della criminalità organizzata nella provincia di Enna è stata influenzata dalle organizzazioni mafiose dei centri limitrofi, che per via della centralità del territorio ennese, hanno sempre preferito sfruttarla non per le azioni criminali, quanto per la necessità di “un’area cuscinetto”, una zona franca da sfruttare per questioni logistiche.” Ad offrirci questo excursus storico è Giovanni Cuciti, vicequestore aggiunto di Enna, che ha curato l’introduzione di “mafia balorda” (Lancillotto e Ginevra, p. 219, euro 15), il nuovo libro di Josè Trovato, giornalista già salito agli onori della cronaca per il primo libro sulla criminalità organizzata nella provincia di Enna (La mafia in provincia di Enna. Una storia negata, Lancillotto e Ginevra, p. 219, euro 16) e per le continue inchieste sul fenomeno criminale che gli sono costate molteplici minacce da parte di malavitosi locali.

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C'è una via, a Firenze, dove l'asfalto si fonde con la memoria di un passato violento. Migliaia di turisti la lambiscono ogni  giorno, mentre indaffarati nel dare un senso al loro viaggio fagocitano con una fotocamera frammenti di arte rinascimentale, destinata a divenire un mucchio di pixel da mostrare orgogliosi ai parenti. Qualcuno l'attraversa, ma in pochi forse ricordano: incastonata in un triangolo delle meraviglie, tra Ponte Vecchio, gli Uffizi e Piazza della Signoria, si trova via dei Georgofili. Qui, la notte del 27 maggio 1993, Cosa Nostra decise di estendere il metodo stragista adottando una strategia di carattere terroristico-eversivo, in una guerra allo Stato da condurre su tutti i fronti. “Ucciso un giudice, questi viene sostituito; ucciso un poliziotto avviene la stessa cosa, ma distrutta la torre di Pisa si distrugge un bene insostituibile con danni incalcolabili per lo Stato”, queste le parole del presunto trafficante di opere d'arte che suggerì agli esponenti mafiosi l'idea dell'attentato. L'autobomba, che causò cinque morti, quarantotto feriti e la distruzione della Torre dei Pulci, rappresentava la risposta della criminalità organizzata all'inasprimento delle pene previsto dall'articolo 41 bis, il quale comprendeva un regime di carcere duro e l'isolamento. L'esplosione causò anche il parziale danneggiamento di numerosi dipinti, nonché del complesso artistico-monumentale della Galleria degli Uffizi.

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Sarà un caso ma in pochi anni in Italia sono usciti vari film di grande qualità su temi non proprio facilissimi: tra questi cito "La mafia uccide solo d'estate" di Pif, "Belluscone" di Franco Maresco, "La buca" e "È stato il figlio" di Daniele Ciprì (che nel film "La trattativa" è direttore della fotografia e operatore di macchina), "Viva la libertà" di Roberto Andò e "Draquila" di Sabina Guzzanti. 

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Domenica, 18 Maggio 2014 00:00

Quesiti milanesi davvero preoccupanti

Non pare che la magistratura milanese, come dire, si sia particolarmente compromessa nell'applicazione della pena che Berlusconi è tenuto a subire a seguito di una condanna definitiva per frode fiscale. Giusto che gli anziani colpevoli di reati anche gravi non debbano andare in carcere ma subire pene alternative meno pesanti; giusto il fastidio (secondo me) per chi rivendichi pene più pesanti del minimo necessario, dinanzi a ogni reato, con la sola eccezione di quelli reiterabili e più pericolosi: tuttavia, se posso dirlo, a me una condanna tradotta in mezze giornate alla settimana a giocare a briscola con dei vecchietti o a raccontargli barzellette sembra una presa per il culo della popolazione italiana. Tanto più che Berlusconi continua tranquillo ad attaccare i magistrati autori di indagini e condanne come protagonisti di una persecuzione politica e addirittura di un colpo di stato: ciò che per il fatto stesso della mitezza della condanna in corso di esecuzione dovrebbe essergli impedito come contropartita.

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Collettivo Kinoglaz

È una mite mattina d'inizio gennaio, Palermo sembra una bella addormentata che riposa tra lenzuola intrise di malinconia nel giorno dopo della festa. Raggiungiamo Letizia Battaglia nel suo appartamento al centro della città. Ci apre la porta lentamente, si affaccia dalla fessura,  Pippo riesce ad uscire in corridoio e non smette di abbaiarci. Con un urlo deciso Letizia lo richiama e con la stessa voce potente e sicura ci invita ad entrare. La casa è il suo riflesso: fotografie appese alle pareti, i ricordi e gli amori sono lì. Tutto ciò in cui crede e ha creduto, ma soprattutto quello per cui ha lavorato una vita.

Opera attivamente già dalle seconda metà degli anni '70, impara a fotografare sul campo; scatto dopo scatto, rullo dopo rullo, la sua tecnica si perfeziona sempre più. Le immagini di cronaca realizzate per il giornale “L’Ora” l'hanno resa un'icona all'interno del panorama fotogiornalistico del secolo scorso. I suoi scatti hanno creato la memoria fotografica degli anni in cui Palermo fu il teatro della guerra tra cosche mafiose; ma lei, come tiene a precisare, non è la fotografa della mafia. Altrettanto degno di nota è il lavoro di documentazione su una Sicilia parallela: immagini di quotidianità e di festa, ritratti di donne e bambine, attraverso le quali racconta la sua visione della realtà.

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Intervista a Giovanna Maggiani Chelli, Presidente Associazione familiari vittime della strage di via dei Georgofili

1) Il devastante episodio del ‘93 della strage dei Georgofili, che costituisce una ferita ancora aperta nella storia e nella città di Firenze, purtroppo nasconde tuttora delle tenebre che non si vuole illuminare. Ad oggi, sono stati fatti dei passi in avanti, a livello giuridico e politico in direzione di un’indagine riguardo alla forte probabilità, che dietro quel tragico evento, non si celi soltanto la mano di Cosa Nostra, ma anche quella di “menti più fini”, per utilizzare il termine usato dal Giudice Soresina durante l’udienza preliminare del 1996?

No , non si è fatto nessun passo avanti verso le menti “più fini”. I processi svolti fino ad oggi sono pieni zeppi di spunti investigativi, in alcuni casi c’è la prova che potrebbe essere ricostruita in aula, ma l’ordine dall’alto, che in questi casi necessita, visto che i più che probabili concorrenti con “cosa nostra nella strage sono molto in alto, non arriva.

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Da uno sguardo più ampio sulla diffusione mafiosa, che comprenda più in generale la situazione europea, possiamo poi facilmente notare come dalla scomparsa dell'Unione Sovietica e con la conseguente balcanizzazione dell'est europeo, sia emerso un fenomeno ben più grave e probabilmente inedito a livello storico. Questo fenomeno è quello dei Mafia-State, ossia del tragico passaggio: dalla presenza della mafia all'interno dello Stato, all'inglobamento dello Stato stesso all'interno della mafia. (vedi inchiesta di Foreign Affairs qui). Come viene fatto notare nell'inchiesta di Naìm: l'assenza dell'Italia (e del Giappone con la Yakuza) dalla lista è ascrivibile alla lunga e assodata tradizione di legami tra mafia e Stato (vedi ricostruzione storica su L'Internazionale qui). Dunque, viviamo una situazione particolarmente paradossale: l'Italia non fa neppure più notizia, è scontato persino per Foreign Affairs che punta

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Martedì, 18 Giugno 2013 00:00

Italia: Mafia-State che non fa più notizia

È ormai luogo comune la diffusione del fenomeno mafioso anche al Nord Italia. Nonostante i maldestri tentativi della Lega, rivolti a far passare il fenomeno come “occasionale”, “episodico” e sostanzialmente dovuto al confino di qualche boss nelle città settentrionali del paese; il fenomeno mafioso si sta strutturando sempre più come un processo organico al nostro sistema economico e credo che sarebbe vano affrontare il problema scindendolo dalla base economica capitalista che lo genera (e lo accentua).

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Giovedì, 13 Giugno 2013 00:00

Scrivere di mafia

Scrivere di mafia non è mai facile. Chi lo fa rischia la sua stessa esistenza, molte delle volte. Però dobbiamo continuare a farlo, a scriverla, a dirla, a raccontarla, altrimenti rischia di venire fagocitata dentro il silenzio omertoso, dentro il mutismo di chi trema, di chi tace, dentro la cecità di chi si volta da un'altra parte fingendo che non esista, o dentro la complicità di chi copre posizioni di potere e che di sottobanco costruisce il suo regno stringendo rapporti con quei personaggi che inquinano il nostro paese e contaminano le nostre istituzioni politiche e governative. Forse la mafia non potrà essere mai sradicata ma sicuramente il primo passo per combatterla è darle voce, condannarla, scrivere e dire un no deciso contro di essa, chi la seppellisce, chi la sotterra o chi rimane indifferente a questo malsano fenomeno, o peggio ancora chi ci va a braccetto, usufruendo di privilegi o voti, chi ci stringe affari, le regala ancora più vittorie e e si rende suo complice diretto.

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Domenica, 12 Maggio 2013 00:00

Corteo per Impastato a Cinisi

È partito intorno alle 17.00 il corteo programmato in occasione della celebrazione del 35esimo anniversario della morte di Peppino Impastato

A trentacinque anni dalla morte del militante comunista e giornalista fondatore di Radio Aut,  trucidato dalla mafia siciliana la notte fra l’8 e il 9 maggio 1978, la sua città, Cinisi (Palermo) , si riempie di uomini e donne che hanno deciso di rendere omaggio alla memoria di chi, in modo coraggioso e con brillante ironia ha denunciato i soprusi, gli illeciti e le complicità della mafia con il mondo politico ed economico. 

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