“L'atmosfera è molto triste, ma tranquilla”, ci ha spiegato Ida Amlesu, una ragazza milanese di 25 anni che vive e lavora a Parigi come insegnante di italiano madrelingua in alcuni licei. “Non c'è nessuno per strada, ogni tanto spunta un gruppo di poliziotti e so che in centro sono state prese misure estreme di sicurezza, ma qui in periferia, dove vivo, non è cambiato molto. Solo lo sguardo delle persone: è come se volessero frugare nei volti degli altri, capire se ci si può fidare, se possono prendere la metro con te, se sei anche tu un terrorista”.
Per insegnare a Parigi Ida ha superato un concorso indetto dal Ministero. Tra le tante sedi disponibili per lei - che parla correttamente 6 lingue e la cui tesi di laurea in lingua e letteratura russa è stata premiata dall’Università di Pavia come la migliore della sua facoltà nell’ultimo anno accademico - ha scelto con entusiasmo la capitale francese. A settembre, da Milano si è trasferita nella residenza universitaria e per lavoratori a Porte de Clignancourt, nella periferia nord di Parigi, proprio sotto Saint Denis, nei pressi dello stadio dove è avvenuto l'attentato.
“Venerdì sera ero in giro con un’amica – racconta Ida - festeggiavamo il nostro primo stipendio, era una giornata del tutto normale. Ci siamo trovate a Saint Michel, in centro, e abbiamo passato qualche ora al ristorante. Verso le nove e mezza siamo uscite a passeggiare e mentre andavamo da Strasbourg Saint Denis verso Chateau d'Eau, all’incirca alle 22, sono comparse delle auto della polizia. Prima una, poi un'altra, poi un'altra ancora: un dettaglio strano, ma a cui non abbiamo dato importanza. Subito dopo è passata un'ambulanza, ma per le strade era ancora tutto normale”.
“Siamo entrate in metropolitana perché faceva freddo. Noi non eravamo al corrente di nulla, e nessuno sembrava esserlo. Con il senno di poi siamo state fortunate, perché eravamo a pochi isolati dal quartiere in cui ci sono stati gli spari verso i ristoranti”, continua Ida. “Siamo tornate fino a Chatelet in metro, abbiamo chiacchierato come se niente fosse e alle 23 ho ripreso la metropolitana per tornare a casa. Una voce all’altoparlante ha cominciato a dire che la stazione di Strasbourg Saint Denis, dove eravamo mezz'ora prima, era stata chiusa per motivi di sicurezza. La voce lo ha ripetuto per diverse volte, ma la calma era assoluta. Dieci minuti dopo mi è squillato il telefono, era mia madre, e all’improvviso, quasi in contemporanea, tutti i telefoni della carrozza hanno iniziato a squillare. A quel punto sono iniziate le telefonate incrociate, ciascuno dei passeggeri portava un’informazione in più e l’attentato ha iniziato a prendere forma. Mi arrivavano messaggi di amici con scritto “Sei a casa? Torna a casa!”, ma ancora non si conosceva la gravità della situazione, non si sapeva dei morti”.
E ancora: “Io sono riuscita a tornare a casa tranquillamente, i problemi li ha avuti chi si è spaventato e si è rifugiato nei locali. Nel giro di mezz’ora hanno infatti chiuso tutte le stazioni della metropolitana per ragioni di sicurezza, e il traffico e i trasporti erano bloccati. Da ieri in città c’è stato di allerta e Holland ha chiesto ai parigini di rimanere in casa, uscire solo se necessario e tornare presto la sera. So che in particolare in alcune banlieue sconsigliavano di uscire perché ci sono stati i rastrellamenti della polizia”.
Sabato le scuole a Parigi sono rimaste chiuse ma lunedì mattina le lezioni riprenderanno. Per Ida e i suoi studenti non sarà certo un giorno come un altro, tra il dolore per quanto accaduto e la paura di nuovi attentati.