Scontro che vede contrapporsi il governo socialista guidato dal Presidente Maduro e il parlamento, ora saldamente in mano alle opposizioni, e che si è acutizzato in maniera significativa già dall’inizio del nuovo anno, con una serie di mosse e contromosse che non stanno facendo altro che rafforzare una polarizzazione già molto netta fra chi, nonostante la grave crisi economica, continua sostenere la rivoluzione chavista e chi invece vuole un deciso cambiamento in senso liberale e liberista del paese sudamericano.
Nonostante la sconfitta elettorale, che ha consegnato alla destra i due terzi dei seggi dell’Assemblea Nazionale, Maduro sa come giocarsi le sue carte. Fulminee del resto le mosse del successore di Chavez alla guida del paese sudamericano: a distanza di pochi giorni infatti, prima, in una sessione legislativa straordinaria, avanza la nomina di 13 nuovi giudici e 23 nuovi giudici supplenti di suo gradimento alla Corte Suprema, poi emana un decreto che gli conferisce la facoltà di poter scegliere il capo della banca centrale del paese. Aleggia inoltre l'idea da parte del Partito Socialista venezuelano di costituire una seconda camera da affiancare l'assemblea, un "Parlamento del Popolo" in grado di poter controbilanciare i forti poteri legislativi che ora l'opposizione detiene.
Ovviamente, non sono state a guardare le destre che sono già pervenute a un disegno di legge di amnistia che permetterebbe la scarcerazione di diversi "prigionieri politici" arrestati durante il chavismo, misura che difficilmente Maduro potrà bloccare.
L'apice di questa fase di scontro istituzionale è stato però raggiunto settimana scorsa, quando La Corte Suprema di Giustizia, accusata dall'opposizione di essere politicamente schierata coi socialisti, ha sospeso quattro candidati neo-eletti all'Assemblea Nazionale, tre dell'opposizione e un socialista, accusati di aver comprato i voti all’interno della loro circoscrizione elettorale, nella provincia meridionale di Amazonas.
Lo stallo politico è sorto quando i tre deputati dell’opposizione hanno deciso di insediarsi comunque in Parlamento, nonostante la sospensione: da qui la decisone della Corte Suprema di dichiarare qualsiasi delibera del parlamento come invalida per la presenza delle suddette irregolarità.
Che il putiferio si sia scatenato per soli tre seggi in ballo in una remota provincia del sud non deve stupire: se l’opposizione detiene saldamente oltre il 50% dei seggi, senza quei tre deputati perderebbe la maggioranza qualificata dei due terzi, situazione che vedrebbe indebolito il potere delle destre e impedirebbe loro di convocare un referendum per far decadere dalla carica presidenziale Maduro.
Alla fine la prova di forza è stata vinta dalla Corte Suprema, con i tre candidati che hanno infine desistito e deciso di non partecipare ai lavori dell’Assemblea, restituendo di fatto potere legislativo all’istituzione parlamentare ma obbligando, momentaneamente, l’opposizione a fare a meno della supermaggioranza.
Instabilità politiche e crisi economica stanno gettando delle fitte ombre scure sopra il futuro del Venezuela. Da una parte si ribadisce la necessità di mantenere in vigore le istituzioni democratiche, dall'altra di avverte la necessità di rompere con una situazione di stallo che rischia di protrarsi molto al lungo a causa di una divisione di poteri fra due forze politiche troppo polarizzate e che difficilmente possono giungere a qualche forma di accordo o compromesso.
Dalla loro le opposizioni, oltre al controllo dell'Assemblea Nazionale, hanno l'appoggio delle principali potenze occidentali, desiderose di sbarazzarsi di Maduro e di vedere instaurato un regime amichevole e "business-friendly", d'altra parte, il Partito Socialista esprime il Presidente Maduro e la squadra di governo e ha l'appoggio delle più importanti istituzioni pubbliche, formate da molti membri di estrazione socialista cooptati già sotto Chavez. In ultima istanza, può inoltre contare sull'esercito, che ha ancora una volta ribadito il suo "appoggio incondizionato" al Presidente.