L'attentato al presidente Maduro e la situazione in Sud America
Il 4 agosto una serie di esplosivi trasportati da droni ha preso di mira il Presidente venezuelano Maduro, che presenziava ad una parata militare a Caracas. L’attentato ha ferito sette persone ma lasciato illeso l’inquilino di Miraflores, che lo ha subito attribuito a una connessione tra l’estrema destra interna e una cospirazione basata a Miami e a Bogotá, dove riceverebbe l’appoggio del Presidente colombiano (uscente) Juan Manuel Santos. Una rivendicazione è giunta successivamente dai “Soldados de franelas”, i cui toni e argomenti richiamano quelli delle mobilitazioni di piazza della destra venezuelana.
Lo stesso giorno, il Partito dei Lavoratori brasiliano ha ufficialmente nominato Lula, in carcere dal 7 aprile, come candidato alla Presidenza per le elezioni di ottobre.
È stata una serata emozionante quella di lunedì scorso, 22 maggio. Al Circolo Arci “Il Progresso” il cuore della rivoluzione è tornato a battere grazie ai compagni e alle compagne dell’America Latina che ci hanno contagiato con il loro calore, il loro fuoco, la loro passione e con la forza del loro spirito hanno fatto sentire di nuovo viva e quasi tangibile la possibilità di un cambiamento.
L’iniziativa, “L’UE e l’offensiva imperialista” è stata organizzata dal GUE con l’intento di accendere i riflettori sugli attacchi interni ed esterni che l’America Latina sta subendo ma anche della resistenza orgogliosa dei militati e del popolo latino americano che stanno mettendo in atto un processo di profonda trasformazione e re-azione ai tentativi golpisti che tentano di soffocare, con l’appoggio delle “democrazie” occidentali (in particolare quella nordamericana) il processo rivoluzionario, le libertà politiche e sociali e l’autodeterminazione di un popolo che lotta per la sua autonomia politica ed economica contro le dinamiche imperialiste e il dominio selvaggio del neo-liberismo. Durante la serata sono saliti sul palco in un crescendo di emotivo coinvolgimento, ospiti e relatori della sinistra parlamentare europea e latino americana, tra cui l’europarlamentare Eleonora Forenza, Joao Pimenta Lopes, del Partito Comunista portoghese, Estefania Torres di Podemos, europarlamentari del GUE/NGL.
Crisi in Venezuela: che destino per la rivoluzione bolivariana?
Il governo venezuelano di Maduro in questi ultimi mesi si trova di fronte a una grave crisi di consenso che tuttavia andrebbe indagata a fondo per capirne le reali cause. Se da un lato vi sono stati errori strategici di gestione della rivoluzione, già chiaramente riconoscibili nell'ultimo periodo di governo Chavez, oggi siamo di fronte alla stretta finale di ciò che resta della rivoluzione bolivariana.
La borghesia compradora ancora fortissima in un paese dal passato coloniale così importante è tornata a sferrare il suo attacco nel momento di maggior fragilità e isolamento del Venezuela incamminato sulla strada del Socialismo del XXI secolo. Non ci sono più né Fidel Castro né Hugo Chavez e il contesto internazionale, con l'imperialismo di Trump scatenato, appare propizio.
Lo scontro politico in Venezuela all'indomani delle elezioni
Sono in molti a pronosticare il ritorno della violenza nelle strade, fino a paventare scenari di guerra civile. Nella situazione fluida ed incerta del Venezuela nessuna ipotesi può essere scartata. Ma a distanza di poche settimane dalla vittoria delle opposizioni alle elezioni legislative (ne abbiamo parlato qua), lo scontro appare per ora concretizzarsi solo a livello istituzionale e sembra prendere più che altro le forme di una accorta e tattica partita a scacchi.
Abbiamo appreso ieri sera della scomparsa del Presidente venezuelano Hugo Rafael Chávez Frías. Egli soffriva da due anni, come è noto, di una forma micidiale di tumore; figura coraggiosa, generosa, ottimista, aveva sottovalutato le prime manifestazioni della malattia. La popolazione venezuelana si è riversata nelle strade commossa. A da subito, poiché la lotta di classe esiste anche se in Italia non si può dire senza essere ridicolizzati dai mass-media, si è scatenata la cagnara mediatica, sulla scia dei mass-media statunitensi, di quelli della destra latino-americana e spagnola, inoltre del quotidiano spagnolo liberista di centro-sinistra el País, a cui l'omologo italiano la Repubblica si abbevera. Una recente ricerca fatta in Spagna ha mostrato come il 55% delle “notizie” pubblicate da el País su Venezuela, Cuba, Bolivia, Ecuador è confezionato a Miami dalla destra somozista cubana ivi riparata: è questa la deontologia, appunto tutta di classe, di tanta stampa occidentale.
Tra le condizioni istituzionali di avvio di quelle esperienze progressiste latino-americane che hanno compiuto da più tempo una netta scelta socialista (nell’ordine: Venezuela, Bolivia, Ecuador) c’è la trasformazione radicale avvenuta nella forma della rappresentanza del popolo, dal livello del piccolo comune per arrivare al parlamento nazionale. Sarebbe un errore ritenere che queste esperienze si basino semplicemente su una serie di riforme sociali, l’azione di un partito o più partiti di ispirazione socialista, la partecipazione popolare organizzata: quest’ultima infatti non sarebbe in grado di dispiegarsi a fondo.
In Venezuela prima della vittoria nel 1998 di Hugo Chávez alle elezioni presidenziali il sistema delle forze politiche di governo appariva estremamente corrotto, quindi apparivano estremamente corrotti i rappresentanti eletti del popolo. Essi si assicuravano il voto di gran parte della popolazione povera (l’87% per cento della totalità dei venezuelani di allora!) comprandolo o in cambio di favori. Naturalmente questo aveva prodotto anche la disponibilità di una parte del popolo al sistema politico, cioè aveva corrotto, tanto o poco, la mentalità di una parte della popolazione povera.
Ogni realtà socialista-partecipativa latino-americana ha le sue particolarità, ovviamente, ma anche fondamentali determinazioni comuni: tra le quali, per quanto riguarda Venezuela ed Ecuador, il fatto paradossale di aver inventato il proprio partito addirittura dopo avere vinto.
Conviene però aggiungere come una mano, paradosso nel paradosso, sia venuta dall’essere questi due stati repubbliche, come le altre americane, nelle quali il presidente ha enormi poteri: è eletto direttamente dal popolo, è al comando del potere esecutivo e delle forze armate. Anzi in Venezuela è stata la concentrazione di potere ciò che ha consentito a Chávez di avviare una rivoluzione socialista subito dopo avere vinto (1998) le prime elezioni presidenziali, unitamente al prestigio nel popolo per la rivolta, a capo di un’organizzazione di militari nazionalisti e di sinistra, condotta contro un governo che (1992) aveva fatto massacrare dalla polizia e dall’esercito migliaia di persone inermi che protestavano contro gli aumenti del pane e della benzina.
Immagine tratta da talcuadigital.com
Le elezioni il 16 dicembre scorso negli stati federati che compongono il Venezuela hanno premiato assai le liste “patriottiche” dell’alleanza che appoggia il presidente Hugo Chávez, comprensiva del Partito Socialista Unito, del Partito Comunista (tranne che in 4 stati), di formazioni politiche minori, di associazioni.
In questo momento il presidente venezuelano Hugo Rafael Chávez Frías è in cura a Cuba dopo aver subito il quarto intervento chirurgico contro una forma di tumore alla vescica il cui esito, purtroppo, è spesso infausto. In Occidente una comunicazione ostile e falsificante continua a sostenere che sulla malattia di Chávez c’è il segreto: in Venezuela la sua natura è pubblica.
Lo scorso 7 Ottobre, con oltre il 55% dei voti, Hugo Chàvez è stato rieletto per la terza volta Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, in qualità di candidato del PSUV, Partido Socialista Unido de Venezuela, che con i suoi oltre 5 milioni di iscritti è uno dei più grandi partiti di sinistra dell'emisfero occidentale.
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