Nel 2008 undici dei diciotto paesi latino-americani erano governati da presidenti di centro-sinistra o sinistra. Dieci anni dopo la situazione appare decisamente diversa. Cosa resta oggi di quella stagione politica e culturale che aveva significato per l’America Latina un clamoroso “giro a la izquierda”? I movimenti sociali e politici che all’inizio del nuovo millennio avevano trionfato col motto del “ritorno allo stato”, stanno ora mostrando evidenti segni di cedimento. Gli ultimi anni sono stati particolarmente severi nei confronti delle esperienze di governo più o meno progressiste che si sono avvicendate nei paesi latinoamericani. Prendendo in esame anche solo i paesi dell’America Meridionale, dove resistono esperienze di sinistra estremamente significative, si è comunque costretti ad evidenziare un quadro del tutto deprimente.
Dopo i social forum ed il breve periodo di fama dell'ALBA ancora una volta il Brasile, uno Stato immenso e attraversato da profonde contraddizioni, si trova al centro dell'attenzione della politica mondiale, ma purtroppo non in positivo. Le presidenziali hanno infatti visto affermarsi un candidato dichiaratamente autoritario e nostalgico della brutale dittatura militare. Nulla hanno potuto la rimonta del candidato PT Haddad e le mobilitazioni sociali degli ultimi giorni. Delle nubi che si addensano sul Brasile e sull'America Latina in generale parliamo questa settimana, a più mani.
L'attentato al presidente Maduro e la situazione in Sud America
Il 4 agosto una serie di esplosivi trasportati da droni ha preso di mira il Presidente venezuelano Maduro, che presenziava ad una parata militare a Caracas. L’attentato ha ferito sette persone ma lasciato illeso l’inquilino di Miraflores, che lo ha subito attribuito a una connessione tra l’estrema destra interna e una cospirazione basata a Miami e a Bogotá, dove riceverebbe l’appoggio del Presidente colombiano (uscente) Juan Manuel Santos. Una rivendicazione è giunta successivamente dai “Soldados de franelas”, i cui toni e argomenti richiamano quelli delle mobilitazioni di piazza della destra venezuelana.
Lo stesso giorno, il Partito dei Lavoratori brasiliano ha ufficialmente nominato Lula, in carcere dal 7 aprile, come candidato alla Presidenza per le elezioni di ottobre.
Alcuni spunti per una discussione a sinistra
Dopo tante analisi, dopo tante discussioni, dopo tante accuse alla ricerca di colpevoli senza alcuna autocritica, ci ritroviamo di nuovo a commentare una sconfitta elettorale che sconvolge l'assetto del paese: la sinistra in Italia non esiste nelle testa e nel cuore degli italiani. Se anni fa il problema riguardava la cosiddetta sinistra radicale, oggi coinvolge anche il Partito Democratico.
Arresto di Lula: l'ombra dell'ex presidente sulla politica brasiliana
Consegnandosi alla polizia sabato 7 aprile, l’ex presidente brasiliano Lula ha iniziato a scontare la condanna a dodici anni di carcere che, a sei mesi dalle elezioni, pone fine alla sua carriera politica (uscirebbe di prigione a ottantacinque anni).
Ritardando l’arrivo in carcere di un giorno, trascorso nella propria “casa” politica, il sindacato metallurgico di São Bernardo do Campo, Lula non ha quindi inteso sottrarsi all’esecuzione della sentenza o dare inizio a movimenti di azione extralegale. Chiamando a raccolta i suoi sostenitori, il leader del Partido dos Trabalhadores si è verosimilmente proposto tre obiettivi: un’ultima dimostrazione di forza, per provare a tutto il Paese quanto grande sia ancora il suo consenso presso i ceti popolari; l’invito ai suoi sostenitori a continuare, anche senza la sua guida, la lotta politica contro il ritorno del Brasile a soluzioni autoritarie e conservatrici; gettare i semi di un movimento popolare di resistenza che sarà forse necessario in futuro.
Italiani e il rapporto con la storia: il caso Battisti
Cesare Battisti fermato al confine con la Bolivia con pochi contanti mentre cerca di fuggire dal Brasile rischia di essere l’epilogo di una lunga storia che attraversa gli anni di piombo della Repubblica italiana. Infatti, lo Stato brasiliano sta compiendo, non casualmente, un’inversione di rotta sulla decisione di dare rifugio a Battisti. Non è difficile pensare che Battisti stesso abbia intuito questo cercando di riparare alla meglio come già aveva fatto nel caso della sua ultima fuga dalla Francia.
È stata una serata emozionante quella di lunedì scorso, 22 maggio. Al Circolo Arci “Il Progresso” il cuore della rivoluzione è tornato a battere grazie ai compagni e alle compagne dell’America Latina che ci hanno contagiato con il loro calore, il loro fuoco, la loro passione e con la forza del loro spirito hanno fatto sentire di nuovo viva e quasi tangibile la possibilità di un cambiamento.
L’iniziativa, “L’UE e l’offensiva imperialista” è stata organizzata dal GUE con l’intento di accendere i riflettori sugli attacchi interni ed esterni che l’America Latina sta subendo ma anche della resistenza orgogliosa dei militati e del popolo latino americano che stanno mettendo in atto un processo di profonda trasformazione e re-azione ai tentativi golpisti che tentano di soffocare, con l’appoggio delle “democrazie” occidentali (in particolare quella nordamericana) il processo rivoluzionario, le libertà politiche e sociali e l’autodeterminazione di un popolo che lotta per la sua autonomia politica ed economica contro le dinamiche imperialiste e il dominio selvaggio del neo-liberismo. Durante la serata sono saliti sul palco in un crescendo di emotivo coinvolgimento, ospiti e relatori della sinistra parlamentare europea e latino americana, tra cui l’europarlamentare Eleonora Forenza, Joao Pimenta Lopes, del Partito Comunista portoghese, Estefania Torres di Podemos, europarlamentari del GUE/NGL.
Verso un Referendum su Maduro
Nello scenario di un continente latinoamericano che rischia mese dopo mese di scivolare sempre più a destra e riallinearsi al Washington Consensus, la battaglia politica in Venezuela ha un ruolo fondamentale nello scacchiere geopolitico della regione.
Dopo la vittoria elettorale delle destre in Argentina, preambolo a una serie di misure liberiste atte a smantellare il sistema assistenziale statale e dopo che il senato brasiliano ha approvato un controverso impeachment alla presidente Dilma Rousseff, anche il Venezuela sta facendo i conti con i tentativi sempre più spregiudicati delle opposizioni liberal-conservatrici e delle elite economiche di destabilizzare il governo bolivariano e socialista di Nicolás Maduro.
di Luca Onesti
Quest’anno la Mostra do Cinema da America Latina, organizzata dalla Casa da America Latina di Lisbona, è arrivata alla quinta edizione. È questa una delle poche occasioni in cui si può avere accesso ad un cinema vivo e di grande qualità come quello latinoamericano: il sistema di distribuzione cinematografico infatti tende a nascondere interi continenti, riducendoli ai pochissimi autori o film che trovano una diffusione nelle sale europee. Quest’anno non ho potuto seguire la Mostra in tutte le sue giornate (si può consultare il programma completo cliccando qui) e, oltre a segnalare il bellissimo film cileno Las analfabetas (Cile, 2013, di Moisés Sepúlveda, nato come spettacolo teatrale e interpretato dalle stesse attrici, Paulina García e Valentina Muhr, è la storia di una donna analfabeta di 50 anni che prova ad imparare a leggere con l’aiuto di una giovane professoressa), mi limiterò a raccontare la retrospettiva che quest’anno la Mostra ha organizzato sul documentarista brasiliano Eduardo Coutinho, curata dalla programmatrice della Mostra Maria Xavier (l’abbiamo intervistata l’anno scorso per Sosteniamo Pereira, qui) in collaborazione con Nuno Sena (programmatore dell’IndieLisboa, abbiamo intervistato anche lui poche settimane fa per Il Becco, qui).
Stando ai sondaggi nessuna delle due candidature fondamentali alla presidenza federale del Brasile otterrà la maggioranza assoluta dei voti necessaria (almeno il 50% dei voti più uno), quindi sarà necessario un secondo turno elettorale, di ballottaggio tra le due prime due arrivate al primo turno. I più recenti sondaggi dando una prevalenza della presidente federale uscente, Dilma Rousseff, succeduta quattro anni fa a Luiz Lula da Silva: ma insufficiente.
Competono due figure molto diverse tra loro, benché abbiano appartenuto anni fa al medesimo partito, il PT (il Partito dei lavoratori), la forza principale della sinistra brasiliana. È di questo partito (e degli altri partiti della sinistra brasiliana di governo, tra i quali quelli comunisti) la candidatura di Dilma Rousseff, mentre Marina Silva, figura storicamente impegnata sul terreno dell'ambientalismo, è l'altra candidata forte, in quanto di un vasto schieramento di centro-destra, delle organizzazioni imprenditoriali, dei principali mass-media, tra i quali campeggia il gruppo de O Globo.
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