Il prezzo del potere - Erdogan, esercito, ISIS e fascisti turchi contro il PKK nella lotta per il governo del paese

Da un mese è caos totale in Kurdistan. Dopo l’attentato di Suruc in cui hanno perso la vita decine di giovani socialisti turchi, rivendicato dall’ISIS e con ogni probabilità favorito e agevolato dalla Turchia, e la rappresaglia del PKK - l’uccisione di due poliziotti apparentemente affiliati allo Stato Islamico nel sudest della Turchia - l’intera area si è ancora una volta trasformata in teatro di guerra.

Breve passo indietro: il Kurdistan irakeno è conteso fra le forze di difesa curde, tra cui i combattenti del PKK, e lo Stato Islamico. In quella regione, il PKK, la forza comunista e indipendentista fondata da Abdullah “Apo” Öcalan - ora rinchiuso, unico detenuto, su un’isola-prigione turca adibita a carcere di massima sicurezza - ha spesso e a ragione rivendicato di essere stato l’unica forza organizzata a resistere nei giorni della dirompente avanzata dell’ISIS, mentre esercito regolare irakeno e peshmerga governativi si ritiravano abbandonando nelle mani dello Stato Islamico tonnellate e tonnellate di costoso materiale bellico americano. Materiale bellico che l’ISIS riutilizzava scrupolosamente contro il PKK, unico a resistere anche se armato di vecchi kalashnikov, con zero o quasi supporto aereo da parte della coalizione internazionale e le frontiere alle spalle chiuse dall’esercito turco, che permetteva il passaggio all’ISIS ma lo impediva alla guerriglia curda, sabotandone coscientemente la resistenza.

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Venerdì, 21 Agosto 2015 00:00

Erdoĝan massacra i kurdi

Erdoĝan passa all’incendio dei villaggi curdi di montagna e al massacro della loro popolazione

Come già segnalato da Uikionlus tramite il suo mezzo informatico Sole Parev e ripreso dal Manifesto, l’aviazione e le forze speciali turche stanno procedendo a bombardamenti e rastrellamenti su vasta scala nel Curdistan turco, colpendo i villaggi di montagna, abitati da contadini e pastori, massacrando quanti, uomini donne e bambini, non riescono a fuggire, incendiando abitazioni, distruggendo bestiame e pozzi. Contemporaneamente le forze di polizia stanno arrestando su vasta scala sindaci, quadri e militanti delle organizzazioni curde legali. Niente di nuovo. Lo stato turco, cioè l’assassino Erdoĝan, addebita al PKK le 40 mila e oltre vittime della lunga guerra degli anni ottanta e novanta: ma si tratta nella quasi totalità di vittime curde delle forze armate e di polizia turche, alle quali vanno aggiunti 4 mila villaggi distrutti e 3 milioni di profughi cacciati dalle loro terre verso le grandi città turche. Una militante del PKK, si è appena appreso, uccisa in uno scontro con le forze speciali nella città di Garto è stata spogliata e fotografata, e la fotografia è stata diffusa.

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La politica estera come terreno esplosivo pericolosissimo delle difficoltà di riadattamento alla realtà mondiale da parte USA
Riflessione generale pessimista ormai obbligata

Il titolo e l’inizio di quest’articolo si limitano a segnalare un problema non di oggi ma ormai acuto della gestione politica degli Stati Uniti, non solo di quella estera ma anche di quella interna. La parte di superpotenza politica mondiale basata sulla superpotenza economica e militare e, conseguentemente, con licenza di uccidere sta volgendo da tempo al declino. Alla fine della seconda guerra mondiale gli Stati Uniti realizzavano il 40% del PIL mondiale, oggi sono sì e no al 20. Il crollo dell’Unione Sovietica e il collasso della Russia fecero sperare agli Stati Uniti che la prospettiva fosse un mondo unipolare, ma ciò fu presto contraddetto dall’emergenza cinese e, a ruota, di altre grandi realtà della ex periferia capitalistica, tra le quali la stessa Russia. Né l’Europa occidentale, paralizzata economicamente e politicamente da un tentativo egemonico tedesco incapace di egemonia e privo di forza militare, è palesemente in grado di integrare la forza degli Stati Uniti (come mostrano chiaramente le mezze guerre a Libia e Siria, cioè due impressionanti autoreti, e l’incapacità di esistere nella crisi medio-orientale e dinanzi al conflitto Russia-Ucraina, e come Obama appare ormai obbligato a registrare).

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Mercoledì, 22 Ottobre 2014 00:00

Con gli occhi su Kobané

Stamattina ho prodotto un aggiornamento, per quel che mi risultava (risalente quasi tutto a sabato scorso), sui notevoli cambiamenti della situazione a Kobanê e sulla crisi dei rapporti Stati Uniti-Turchia, e gli ho aggiunto un'interpretazione, la seguente: la Turchia cede alle pressioni degli Stati Uniti in fatto di aiuti ai combattenti curdi a Kobanê, accetta, dopo aver dichiarato di opporsi, che Kobanê sia raggiunta da combattenti curdi, ma ha ottenuto dagli Stati Uniti che questi combattenti siano peshmerga (curdi iracheni), non militanti del PKK; e in questo modo salva la faccia. Inoltre ho aggiunto che in realtà già da qualche giorno i militanti del PYD (i militanti curdi siriani) ricevono armi e tecnici militari sul terreno da parte degli Stati Uniti. Ma notizie più recenti indicano che le cose sono ancora più grosse, e che l'interpretazione da dare è abbastanza diversa.

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Martedì, 21 Ottobre 2014 00:00

Ancora aggiornamenti da Kobané

Incredibile! Avevo appena chiuso un articolo sulle novità a cui sembra doversi il capovolgimento a favore dei miliziani curdi siriani del PYD della situazione militare a Kobanê e avevo appena azzardato che la situazione medio-orientale avrebbe riservato continue sorprese, che un paio di quelle assai grosse è arrivato.

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Giovedì, 09 Ottobre 2014 00:00

In Turchia un governo canaglia

È inopportuno definire “canaglia” uno stato, perché uno stato significa una popolazione, e una popolazione, quando fuorviata da un “governo canaglia”, è come tale oppressa. Ciò detto, l'indecenza criminale e l'impudenza del governo turco sono giunte al colmo. Faccio appello a inventarsi un modo per denunciarne pubblicamente gli atti.

Qualche giorno fa una rappresentante curda mi ha mostrato, su una televisione curda via internet, la ripresa, avvenuta casualmente, di miliziani armati dello Stato Islamico entrati in territorio turco da quello siriano e in spostamento per rientrare in altra parte del territorio siriano. Le nostre televisioni in questi stessi giorni continuano a mostrarci ragazze e ragazzi curdi cui l'esercito turco impedisce di entrare nel territorio curdo siriano attaccato dallo Stato Islamico. Il disegno del governo canaglia turco mi pare, in questo momento, molto semplice: consentire allo Stato Islamico di conquistare la città curdo-siriana di Kobanê e di massacrarne i

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Mercoledì, 06 Agosto 2014 00:00

Ombre fondamentaliste in Medio Oriente

Il mondo occidentale guarda quasi indifferente all’inarrestabile crollo dell’Iraq e del vecchio Medio Oriente che si sgretolano sulla mappa insieme alla Siria di Bashar Assad e alla Libia delle mille e duecento milizie, dove in Cirenaica è stato proclamato l’Emirato di Bengasi”. A scriverlo è Alberto Negri, lucida firma del Sole 24 Ore, il 5 agosto 2014.

L’Italia è un paese centrale per il Mediterraneo e, piaccia o meno, l’importante risultato alle europee ha rafforzato le possibilità per il governo di Renzi di giocare un ruolo di primo piano nello scenario internazionale, a partire da quello europeo. La cosa più probabile però è che la politica italiana risponderà al massimo con le facce contrite dei parlamentari che esprimono preoccupazione per i bambini morti in Palestina o qualche agitata dichiarazione sull’isolamento italiano in Libia.

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Raggiungiamo per e-mail Sara, attivista di Occupy Gezi e impegnata nel variegato movimento antigovernativo turco, sempre in prima linea sin dalle prime manifestazioni in piazza Taksim a difesa del parco Gezi e fra coloro che durante i violenti scontri con la polizia portava soccorso ai feriti.

È passato più di una anno dalle prime manifestazioni in difesa del parco Gezi. Quale è attualmente la situazione del movimento di protesta antigovernativa? È ancora uno spontaneo network di ONG o sta diventando più organizzato e strutturato? Ritieni che il movimento nel suo complesso sia oggi più forte o piuttosto che sia stato indebolito, soprattutto a causa delle feroce repressione delle forze dell’ordine?

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Lunedì, 17 Giugno 2013 00:00

Turchia: dietro alla violenza della polizia

Ho osservato in un precedente articolo come la Turchia sia culturalmente scissa tra due anime, quella islamica e quella laica, e lo sia in modo profondo e, allo stato delle cose, difficilmente conciliabile.

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Martedì, 04 Giugno 2013 22:07

Implosione turca

Che accade in Turchia? Il governo di Erdoğan, capo carismatico del partito islamico-moderato AKP, forte di quasi la metà dei suffragi e della maggioranza assoluta nella Grande Assemblea Nazionale (il parlamento), vacilla, sotto l'urto di una rivolta giovanile che sta scuotendo le città della Turchia, i media dicono ben novanta, insomma tutte, e che appare motivato da molto di più del casus belli, l'improvvisa decisione dell'amministrazione di Istanbul, in mano essa pure all'AKP, di tirar giù gli alberi di piazza Taksim, la piazza centrale della parte europea (quindi storica) della città e luogo tradizionale di incontri, manifestazioni, pellegrinaggi turistici, a ridosso del grande bazar, per metterci un centro commerciale e una moschea (interessante connubio! La dice tutta sull'AKP, il cui moderatismo è in realtà sinonimo di liberismo).

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