Primi fatti (sabato). Il presidente turco, l'assassino Erdoğan, dichiara la più totale contrarietà all'ipotesi (in realtà, al fatto, da alcuni giorni) del rifornimento di armi statunitensi ai militanti del PYD, dati i rapporti stretti del PYD con il PKK “terrorista” ecc. Pressoché contemporaneamente la CNN e altre televisioni mostrano il traffico in entrata e in uscita in tutta libertà che avviene tra Turchia e Stato Islamico in un punto della frontiera turco-siriana controllato da quest'ultimo, e, soprattutto, mostra il trasporto in territorio turco verso la frontiera siriana e il territorio curdo siriano di militanti dello Stato Islamico, che avviene da parte di mezzi dell'esercito turco. Obama in serata chiama Erdoğan e, stando a quel che seguirà, e che vedremo, più o meno gli dice che gli Stati Uniti ne hanno pieni i coglioni della Turchia e faranno d'ra in avanti quel che riterranno sulla base dei loro interessi militari e quindi dell'obiettivo della sconfitta e della liquidazione dello Stato Islamico. Da domenica sono quindi in movimento, partendo dal territorio curdo iracheno, aerei cargo statunitensi che paracadutano su Kobanê tonnellate di armi, munizioni, viveri, materiali sanitari. Di ciò, inoltre, è già stata data notizia ufficiale; come verrà data notizia ufficiale di lì a poco di incontri a Washington tra funzionari governativi e rappresentanti del PYD. È a seguito di ciò che Erdoğan dichiara che la Turchia consentirà il passaggio di peshmerga verso Kobanê. Si tratta quindi a questo proposito semplicemente di un inseguimento turco fuori tempo massimo dell'azione di Stati Uniti incazzatissimi; niente invece di concordato sotto banco tra Stati Uniti e Turchia, come avevo ipotizzato. Probabilmente, a questo punto, a Kobanê arriverà di tutto, a partire da forze del PKK, anch'esse in partenza dal Curdistan iracheno. Va notato, a questo riguardo, che già da anni il grosso delle forze militari del PKK staziona nel Curdistan iracheno.
La conclusione è semplicissima: gli Stati Uniti hanno concluso di puntare primariamente, per la guerra a terra in territorio sia siriano che iracheno, sul PKK, sul PYD e sui peshmerga; quanto a questi ultimi, con ogni probabilità dopo avere chiarito al presidente del Curdistan iracheno Barzani che di affari con la Turchia non se ne debbono più fare, che è a Washington e non ad Ankara che il Curdistan iracheno deve rispondere, e che i peshmerga debbono moltiplicare il loro sforzo militare, a oggi non eclatante. E questo avviene non solo perché la Turchia è di fatto un nemico, né perché gli alleati arabi non intendono mandare truppe di terra e sono più che infidi, ma anche perché l'alleato governo iracheno, in mano sciita, non riesce a mettere in piedi un esercito che sappia combattere anziché scappare tutte le volte che viene visto un gruppo di miliziani dello Stato Islamico, inoltre costituisce di fatto un'aggregazione di milizie sciite i cui gruppi di riferimento sono in lite tra loro e protagonisti di brutalità verso la popolazione sunnita irachena.
È in atto, perciò, una svolta radicale. Al tempo stesso continua nelle guerre medio-orientali il terremoto sul terreno di rapporti e alleanze.
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