Ogni martedì, dieci mani, di cinque autori de Il Becco, che partono da punti di vista diversi, attorno al "tema della settimana". Una sorta di editoriale collettivo, dove non si ricerca la sintesi o lo scontro, ma un confronto (possibilmente interessante e utile).
A volta sono otto, altre dodici (le mani dietro agli articoli): ci teniamo elastici.
Globalizzazione: nuova fase o post-globalizzazione?
Dopo una sola settimana i provvedimenti del tycoon stanno già facendo scalpore, in particolare l’abolizione del Tpp e la detassazione per le imprese che producono sul territorio con tassa di confine per chi produce all’estero stanno facendo preoccupare i mercati, più che rassicurarli, per una possibile guerra commerciale. Parallelamente, il discorso di Xi Jinping a Davos in difesa della globalizzazione ha sconvolto molti. Tuttavia, se gli Stati Uniti che stanno per entrare nel decimo anno di crisi (nessuna ripresa significativa è in atto) sembrano voler adottare politiche rivolte al protezionismo, la Cina invece è pronta a difendere l’ordine economico della globalizzazione anche ponendosi al posto del gigante in decadenza. A tutto ciò si aggiunge il riassestamento geopolitico con la Russia (vedi dichiarazioni di Lavrov sul riavvicinamento Usa-Russia nella lotta all’Isis). Nulla di stupefacente in un mondo non più unipolare, come sognavano gli Stati Uniti dopo il 1989. Più complesso è analizzare cosa ne sarà del mondo multipolare.
Stati Uniti: catastrofe post Obama? (a dieci mani)
Il 10 gennaio, a quasi dieci anni dall’annuncio della candidatura alle primarie (10 febbraio 2007), Obama ha tenuto a Chicago il discorso di commiato alla nazione. Alla porta della Casa Bianca lo accompagnano 75 mesi di espansione occupazionale, un tasso di approvazione che sfiora il 60% e lo colloca al medesimo gradimento di fine mandato di altri popolari Presidenti (Eisenhower, Reagan e Clinton) e la convinzione – espressa poche settimane fa – che se la Costituzione gli avesse consentito un terzo mandato avrebbe potuto ottenerlo battendo Trump.
Questa convinzione è riecheggiata nel grido «Four more years» scandito a Chicago una folla ben più vasta di quella radunata in campagna elettorale da Hillary Clinton.
Ancora una volta il Presidente uscente ha tentato di salvaguardare il rispetto istituzionale ed evitato qualsiasi polemica verso il suo successore, cui ha assicurato «una transizione il più agevole possibile, proprio come il Presidente Bush fece per me», nonostante decine di parlamentari democratici stiano contestando la legittimità di Trump come Presidente.
Ma in effetti, oltre a difendere la propria eredità, Obama ha messo in guardia contro i quattro pericoli che a suo avviso minacciano la democrazia: l’iniquità sociale, il razzismo, il fanatismo politico e, soprattutto, la separazione tra cittadini e partecipazione politica.
Dilemma a cinque stelle ed Europa (a dieci mani)
Non si poteva non affrontare questa settimana il tema che ha fatto discutere non soltanto i "malati" di politica ma persino gli avventori abituali dei bar intenti ad annuire o bestemmiare con il Secolo XIX o la Nazione tra le mani: la collocazione europea dei Cinque Stelle.
Strabiliante per tempi, risultati ed effetti.
Riuscirà il secondo partito italiano a smettere di sorprenderci?
Di voucher e mercato del lavoro (a dieci mani)
La memoria rischia di essere sempre un ottimo motivo per sfuggire al presente, sviare responsabilità e giustificare azioni altrimenti opinabili. Lo studio del passato rientra in una cultura umanistica fraintesa, dove gli eventi vengono poco valorizzati e spesso celebrati, a partire da un centenario della Rivoluzione d'Ottobre in cui molti bramano di poter essere in Piazza Rossa, mentre pochi rifletteranno in modo efficace sulla sua attualità. La differenza tra celebrazioni ed anniversari è sottile, secondo un professore fiorentino di storia contemporanea: si gioca sulla distanza tra il ricordo di qualcosa di morto e la valorizzazione di processi ancora in corso.
Di voucher e mercato del lavoro (a dieci mani)
I dati dell'INPS relativi ai primi dieci mesi del 2016 evidenziano delle tendenze del mercato del lavoro tutt'altro che rassicuranti. Se da una parte si assiste a una diminuzione dei contratti a tempo indeterminato (-32,0% rispetto al periodo gennaio - ottobre del 2015) e a un incremento dei licenziamenti, sopratutto per motivi disciplinari (+27,4%), dall'altra si registra il consolidarsi di un trend di crescita dell'utilizzo dei voucher piuttosto sostanzioso (+32,3%). I buoni del lavoro accessorio, dal valore nominale di 10 euro, sono al centro di numerose polemiche dato che vengono utilizzati sistematicamente anche al di fuori del contesto della prestazione occasionale, aggravando così il fenomeno del precariato e dando una spallata micidiale ai diritti dei lavoratori, tanto che in molti parlano di un processo di "voucherizzazione del lavoro". Questa situazione ha anche delle ricadute politiche immediate che si traducono in un braccio di ferro fra la CGIL, che ha proposto un referendum sul lavoro in cui uno dei quesiti riguarda proprio la loro abolizione, e il Ministro Poletti che vorrebbe mantenerli riducendone però la portata e limitandone l'utilizzo.
Nuova svolta in Medio Oriente (a dieci mani)
La guerra civile siriana ormai giunta al suo quinto anno ha vissuto molti episodi di svolta che apparivano decisivi e si sono poi rivelati quantomeno effimeri. La verità è che il contesto in cui si inserisce vede un quadro geopolitico in cui le principali potenze emergenti del mondo sempre più multipolare si scontrano con l’Impero decadente americano che adotta strategie pericolosamente affini a quelle dell’Isis e delle varie formazioni jihadiste. Questa settimana proponiamo un’analisi dell’ultima svolta dettata dalla riconquista del fronte governativo siriano della città di Aleppo, in concomitanza, o quasi, con l’omicidio in Turchia dell’ambasciatore russo Andrey Karlov.
Ennesima crisi ministeriale (a dieci mani)
La presentazione del Governo Gentiloni alle Camere è stata accolta dagli strascichi muscolari del 4 dicembre: le forze di opposizione hanno accusato la maggioranza di non aver “imparato la lezione” del 59% di No, mentre i partiti di governo hanno rivendicato, all’opposto, le dimissioni di Renzi in ossequio al voto referendario e nonostante un sostegno stabile in Parlamento.
Qualche esponente più avventuroso della maggioranza ha esteso il “riconoscimento della sconfitta” oltre l’avvicendamento a Palazzo Chigi, asserendo che il disagio sociale manifestato nel No deve impegnare l’esecutivo a percorrere con ancora più convinzione la via delle riforme.
Secondo il capogruppo di Sel, invece, le forze di governo sono ormai prigioniere della “pillola sbagliata di Matrix”, quella che continua a incatenare la percezione ad un universo inesistente e simulato.
Sicuramente (almeno) uno dei due fronti ha ingerito la pillola sbagliata. Su questo si confrontano questa settimana "le dieci mani".
Pianeta sinistra: il fulmine Pisapia (a dieci mani)
La statura di Giuliano Pisapia, ex sindaco arancione che strappò Milano alle destre con una coalizione di centro-sinistra (o sinitra-centro come ebbe a dire egli stesso) ha fatto sì che della sua intervista e della sua proposta di ricostruzione di una coalizione tra il PD e le forze alla sua sinistra ne discutessero tutti: chi per respingerla, chi per accoglierla, chi, infine, per ragionarci sopra.
Partendo i cinque autori di questa rubrica da punti di vista sul mondo (e sul mondo della sinistra) diversi, abbiamo provato questa settimana a dirvi la (le) nostra (nostre) su quello che comunque la si pensi è uno dei grandi temi di questo periodo.
Un referendum costituzionale non fa primavera (a dieci mani)
L'articolo sarà aggiornato e alcuni testi potrebbero essere integrati durante le prime ore di lunedì 5 dicembre.
Non ci sono più le mezze stagioni. Le elezioni non servono a nulla, perché tanto le cose non cambiano. Il livello del confronto qualifica il degrado civile del Paese. Non si vota mai per qualcosa, ma contro. Si poteva fare meglio.
I luoghi comuni abbondano nella quotidianità e non sono mancati in una lunghissima campagna referendaria, giunta al termine. La paura di una involuzione autoritaria in caso di vittoria del sì, il timore dell'instabilità politica, con il trionfo delle destre reazionarie e xenofobe "se vince il no". I toni apocalittici ormai fanno parte del linguaggio comune e il sensazionalismo è tra i pochi motori del sistema di informazione, in grado muovere l'elettorato. Questa settimana commentiamo "a caldo" il risultato del referendum costituzionale, con un impianto scritto ancora prima che fosse noto l'esito delle urne.
Uno degli elementi più chiari che è emerso in questo periodo è la totale subalternità delle diverse proposte politiche rispetto alle vicende contingenti. Le svolte dovrebbero imporre alle progettualità di aggiornarsi, non certo stravolgerne completamente l'impianto.
Molti commentatori (e protagonisti) si aspettano che una data risolva problemi profondi e diffusi. Su questo le nostre "dieci mani".
Alternanza scuola-lavoro: opportunità o sfruttamento? (A dieci mani)
Fra le misure più controverse della riforma della "Buona Scuola" c'è sicuramente l'alternanza scuola-lavoro, tirocinio che gli studenti delle scuole medie superiori hanno iniziato o stanno iniziando a svolgere in aziende o in organizzazioni del terzo settore. L'obiettivo dichiarato del progetto è quello di garantire una maggiore integrazione fra mondo della scuola e mondo del lavoro, cercando di prendere a esempio il modello tedesco nell'auspicio di trovare una risposta positiva al problema della disoccupazione giovanile che tanto affligge il nostro paese. D'altro canto sono molte le voci critiche che lamentano il tentativo di realizzare un modello scolastico aziendalista. La polemica si è recentemente riaccesa dopo che il Ministero dell'Istruzione ha siglato un primo accordo con 16 aziende per l'alternanza scuola-lavoro, fra le quali figurano grandi imprese italiane e multinazionali come General Electric, Coop, Ibm, Intesa Sanpaolo, ENI, Zara, Hewlett Packard e McDonald's.
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