Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.
Ogni tanto compare sui media il fantasma di Cassa Depositi e Prestiti, cioè del principale salvadanaio di proprietà pubblica operante in Italia (circa 450 miliardi di capitali, di cui per circa metà rappresentati da liquidità derivanti dalla gestione del risparmio postale). Molto più del necessario per ribaltare la situazione industriale, finanziaria, occupazionale, salariale, fiscale, debitoria del nostro paese come un calzino, riconsolidare il sistema dei servizi pubblici e di quelli sociali, sostenere il reddito di chi non arriva a fine mese, ecc. Neppure un collaudatissimo sistema mediatico e politico di manipolazione della nostra popolazione tutto a favore delle politiche di massacro antisociale svolte con il pretesto della crisi dai vari governi di centro-destra, centro-sinistra, tecnici o tricolori riesce a operare una censura totale.
Occorrerà modificare rapidamente la struttura dell'economia italiana, al fine di renderla coerente con gli orientamenti delle forze politiche dominanti. Piantagioni di banane dal Brennero a Pantelleria, per intanto. Anzi occorrerà anche una riforma costituzionale. Ben quattro fatti, in rapido ordine di tempo, suggeriscono che la si definisca “Repubblica bananiera italiana”:
Jean-Claude Juncker, fino a pochi mesi fa e per otto anni a capo dell'Eurogruppo (l'organismo del ministri economici e finanziari della zona euro), primo ministro del Lussemburgo da diciotto, capo di un partito democristiano al governo in questo paese, da solo o in coalizione, dal 1944, si è dimesso a seguito della scoperta che i servizi lussemburghesi di intelligence spiavano alcuni concittadini. Juncker avrebbe trascurato di “controllare” i servizi ecc. Il Lussemburgo è un paese di meno di mezzo milione di abitanti, i suoi servizi non servono obiettivamente a niente che gli possa essere utile, ma al tempo stesso è una potenza finanziaria di tutto rispetto, nella sua veste di ex paradiso fiscale: niente di strano che lo spionaggio vi riguardi figure trafficate in qualcuno degli affari sporchi del pianeta oppure impegnate in finanziamenti di ricerca o industriali di portata strategica. Però, alt! Perché mai i servizi lussemburghesi dovrebbero spiare, anziché proteggere, tali loro concittadini? Violare quel segreto bancario che tutela figure i cui soldi arricchiscono il Lussemburgo?
Il tema dei grandi giacimenti di ricchezza esistenti in Italia, celato fino a poco tempo fa dalle forze politiche di governo nella loro totalità, sta affiorando da qualche giorno nel dibattito politico e sui media. Le ragioni sono subito dette. La prima è l'inconsistenza assoluta del governo Letta, capace solo di campagne pubblicitarie sull'occupazione giovanile, vantando i quattro soldi ottenuti dall'Unione Europea, gran parte dei quali si vedrà spartito tra il 2014 e il 2015. La seconda ragione, a sua volta, è che tutte le previsioni degli economisti seri, e addirittura dell'Organizzazione Mondiale del Commercio e del Fondo
L'aereo che riportava a La Paz il Presidente della Bolivia Evo Morales da Mosca, si era recato in visita di stato, è stato obbligato qualche giorno fa ad atterrare a Vienna, a seguito del divieto di sorvolo dello spazio aereo deciso dai governi di Italia, Francia, Spagna e Portogallo, ovviamente su richiesta pressante degli Stati Uniti. A Vienna inoltre l'aereo è stato perquisito.
Media, governi europei e loro parti politiche stanno trattando da diversi giorni il fatto dei controlli a cui sono sottoposti i governi europei, le istituzioni dell'Unione Europea, la Banca Centrale Europea, le banche centrali dei paesi membri, verosimilmente ogni luogo significativo di potere, da parte USA, più precisamente da parte della National Security Agency (NSA), la principale agenzia di intelligence statunitense. Ma, come narrerò, è una vecchia storia, tutt'altro che una novità. Come tale, una vecchia storia densa di complicità europee di varia natura.
Questo articolo uscirà fra un paio di settimane sulla rivista cartacea progetto Lavoro. L'autore è José Luiz Del Roio, già senatore di Rifondazione Comunista, che da qualche tempo vive a San Paolo. Ringraziamo lui e Luigi Vinci per averci dato la possibilità di questa pubblicazione.
Mi sembra che regni una grande confusione sui notiziari italiani riguardo alle manifestazioni che si svolgono in questi giorni in Brasile. Senza volere fare complesse analisi sociologiche, fisso alcuni riferimenti che forse possono essere di aiuto per una analisi politica.
Con il governo Letta si è rapidamente ricostituito il partito unico liberista bipolare-litigante già operante a sostegno del governo Monti, e la prova provata di ciò, l'impronta digitale sul vasetto della marmellata vuoto, è il terrificante bombardamento propagandistico che subiamo da parte di quasi tutta la carta stampata e di quasi tutte le televisioni, con eccezioni microscopiche oppure pazzoidi alla Grillo.
Si apprende in questi giorni dai media di un'intesa di massima tra Stati Uniti e Unione Europea [di cui Il Becco ha scritto qualche giorno fa qui, ndr], nel quadro delle discussioni del G8 in Irlanda del Nord, orientata alla costituzione di una zona di libero scambio tra quelle che sono le due maggiori aree economiche del pianeta. Si apprende inoltre di una polemica aperta dal presidente della Commissione Europea Barroso contro il governo francese, che ha posto il veto a che la produzione culturale sia inserita tra quanto andrebbe liberamente scambiato, in modo che essa possa continuare a essere oggetto di tutele finanziarie o fiscali o doganali (da parte europea). Sembra una questione minore. È invece una grande questione, per molte ragioni.
Ho osservato in un precedente articolo come la Turchia sia culturalmente scissa tra due anime, quella islamica e quella laica, e lo sia in modo profondo e, allo stato delle cose, difficilmente conciliabile.
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