Domenica, 25 Febbraio 2018 00:00

Nuova legge elettorale: alcune riflessioni e un vademecum da un cittadino normale piuttosto stupito

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Nuova legge elettorale: alcune riflessioni e un vademecum da un cittadino normale piuttosto stupito

 

Un cittadino normale di un paese normale, un cittadino magari non troppo educato sulle complessità tecniche dei sistemi di voto ma armato di buon senso e di un’idea piuttosto basilare di cosa si intenda per democrazia, si immagina che il sistema elettorale serva a costruire un parlamento che sia il più possibile rappresentativo delle diverse idee politiche diffuse nel paese.

Al parlamento quindi, si immagina quel cittadino, dovrebbero essere delegati rappresentanti di quelle comunità organizzate che condividono le stesse idee politiche (che una volta si chiamavano partiti), ai quali è chiesto di lavorare per fare sintesi tra le diverse idee di cui sono rappresentanti per costruire un progetto di paese che necessariamente deve essere unico ma che deve anche essere rispettoso, per quanto possibile, delle diverse sensibilità politiche presenti nel paese stesso.

Per rappresentare la distribuzione delle diverse idee politiche nel paese, il parlamento, nell’immagine semplice che il cittadino semplice ha del meccanismo rappresentativo, dovrebbe essere costruito assegnando più rappresentanti alle idee più diffuse e meno rappresentanti alle idee meno diffuse. Il nostro cittadino si immagina quindi che l’architettura del sistema elettorale, cioè del meccanismo di “pesatura” delle diverse idee politiche presenti nel paese e della conseguente selezione dei rappresentanti di quelle idee, non richieda una tecnologia particolarmente complicata: una semplice proporzione tra il numero di abitanti e il numero di posti in parlamento consente di individuare quanti voti servono per eleggere un rappresentante. Un minimo di lavoro sarà poi necessario per far tornare le virgole, ma anche questo passaggio non sembra, al nostro cittadino, così difficile.

Il compito di produrre una buona sintesi delle diverse idee politiche presenti nel paese, che si trasformi in un progetto unico per il futuro di quel paese, sta nella capacità dei singoli delegati di rappresentare la specificità delle idee della propria comunità all’interno di un progetto comune. Ovviamente, per questo compito, che richiede profonda conoscenza delle idee che si vanno a rappresentare e grande diplomazia, le diverse comunità omogenee di pensiero che cercano la rappresentanza delle proprie idee in parlamento dovrebbero selezionare e candidare i propri membri migliori: quelli più preparati culturalmente e più dotati di capacità relazionali.

Il cittadino normale di un paese normale resta quindi sempre piuttosto stupito quando si confronta, nella realtà, nella complessità bizantina e insensata delle leggi elettorali con cui è chiamato a scegliere il rappresentante delle proprie idee politiche in parlamento (che sembrano costruite, all’opposto di quello che si immaginava, al fine di non produrre un risultato coerente con la diffusione delle idee nel paese) e rimane stupito della pochezza umana e intellettuale dei candidati (e si chiede come mai a lui non sia stato chiesto, prima del voto, dalla propria comunità chi candidare). Quindi, per capire cosa succede al suo voto, che effetto ha sulla selezione dei rappresentanti e che tipo di parlamento verrà fuori, cerca di decifrare la bizantina legge elettorale con cui il paese strutturerà il suo parlamento e, oramai che il lavoro è fatto, lo condivide a favore di altri cittadini confusi. 

 

Struttura generale e ripartizione dei voti

  1. Il nuovo sistema elettorale mescola proporzionale e maggioritario. Si votano i candidati di quattro liste, due per camera due per senato. La lista uninominale è molto molto corta: un solo nome per collegio per coalizione (maggioritario: passa il candidato che prende più voti nel collegio). La lista plurinominale, una per partito (e non per coalizione), è un po’ più lunga, i seggi che competono al sistema plurinominale vengono assegnati con metodo proporzionale, senza preferenze.
  2. Alla camera verranno eletti 630 deputati: 231 dalle liste uninominali e 386 dalle liste plurinominali. Restano fuori 13 seggi: 12 toccano alla circoscrizione Esteri e 1 alla Val d'Aosta.
  3. I Senatori saranno 315, 115 dai collegi uninominali e 193 da 33 collegi plurinominali. Anche in questo caso avanzano 6 seggi per la circoscrizione Esteri e 1 per la Val d'Aosta.
  4. Per semplificare le cose, all’estero si usa un sistema completamente diverso: quattro circoscrizioni con sistema proporzionale puro con preferenze, sia per Camera che per Senato. Beati loro.

Come si vota

  1. Le schede saranno due: una per la camera e una per il senato.
  2. Su ogni scheda la coalizione avrà uno spazio, in alto e in bella vista, che contiene il nome del candidato dell’uninominale; sotto il nome del candidato dell’uninominale saranno presenti una o più liste di nomi con simboli diversi: sono le liste plurinominali dei partiti che compongono la coalizione. Di fatto il nome del candidato all’uninominale identificherà la coalizione.
  3. Il modo più sicuro per non incasinare il voto è quello di tracciare la X su uno dei simboli dei partiti in coalizione, nella parte plurinominale: In questo caso il voto vale anche per il candidato dell’uninominale. E’ anche possibile fare due X, una sul nome del candidato e una sul simbolo di una lista collegata.
  4. Nel caso si tracci una sola X sul nome del candidato all’uninominale, le liste plurinominali collegate si prenderanno una frazione del voto, inutile spiegare come viene fatto il calcolo.
  5. Non è consentito il voto disgiunto: non si può votare per un candidato all’uninominale e per una lista plurinominale non collegata. Peccato, avrebbe reso tutto più incasinato.
  6. Ripeto: se non volete fare un casino mettere una X sul simbolo del partito.

Che succede dopo

  1. Il funzionamento dell’uninominale è facile facile: il candidato che, in una circoscrizione, prende più voti passa, gli altri son fuori. Se un candidato è presente sia in un collegio uninominale che in un collegio plurinominale, l’elezione all’uninominale prevale rispetto all’elezione nel plurinominale.
  2. Per il proporzionale la distribuzione è un po’ più complessa: ognuno dei 63 collegi per la Camera assegna, salvo qualche eccezione, da 3 a 8 seggi; i collegi per il Senato invece, sempre salvo eccezioni, assegnano da 2 a 8 seggi. Ma come si fa a sapere quali nomi vengono assegnati ai seggi vinti? Cioè: quali sono i candidati delle liste plurinominali che verranno eletti? ll sistema è abbastanza complicato, e sarà improbabile riuscire a sapere immediatamente i nomi associati ai seggi vinti.
  3. Il sistema di assegnazione va dall’alto verso il basso: il risultato percentuale a livello nazionale stabilisce il numero di seggi alla Camera che vengono assegnati a ogni partito. A un partito che passa la soglia del 3% vengono assegnati almeno 18 seggi, che è la soglia minima.
  4. Il calcolo poi si trasferisce sulle circoscrizioni. Per ogni coalizione o partito singolo i seggi totali presi a livello nazionale vengono divisi per le circoscrizioni, ogni circoscrizione si prende una parte dei seggi totali assegnati a quel partito o a quella coalizione in proporzione ai voti presi nella circoscrizione stessa.
  5. La stessa ripartizione avviene a livello di collegio: ogni collegio si prende una parte dei voti assegnati alla circoscrizione di appartenenza in proporzione ai voti del collegio.
  6. Se il sistema dei resti per circoscrizione o per collegio facesse sballare il conto dei seggi è previsto un meccanismo di riequilibratura, ma è abbastanza inutile descrivere come funziona. 
  7. Nel caso in cui un deputato sia eletto in più collegi plurinominali, non sarà possibile scegliere a quale collegio “intestare” la propria elezione, sarà un altro calcolo a decidere il collegio di elezione.
  8. Al senato i seggi plurinominali si assegnano in maniera similare, ma il calcolo dei seggi è fatto su base regionale, non nazionale. Ogni regione ha un certo numero di seggi ripartiti in base alla popolazione.

 

Immagine ripresa liberamente da www.doppiozero.com

Ultima modifica il Mercoledì, 21 Febbraio 2018 14:18
Leonardo Croatto

Delegato sindacale CGIL dal primo contratto di lavoro, rimasto tale anche durante i periodi di precariato a vario titolo, alla faccia di chi dice che il sindacato non è per giovani e per precari. Ora funzionario sindacale per la FLC CGIL. Sono stato in minoranza di qualsiasi cosa durante tutta la mia storia politica.

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