Parola al lavoro e ai lavoratori
Frida Nacinovich, autrice di Con parole loro. L’amore per il lavoro nella tempesta del postfordismo, ha scritto un libro molto utile per capire e avvicinarsi al mondo del lavoro in Italia che è in continuo mutamento e, spesso, in rivolta. Inoltre, è davvero una bella raccolta di storie che narrano di uomini e donne che vivono i nostri complicati e, a volte, terribili tempi.
Lo scorso sabato 25 febbraio, Rifondazione Comunista Firenze ha organizzato presso la Sala Firenze Capitale di Palazzo Vecchio, la tavola rotonda “Liberiamo il lavoro”, per discutere e confrontarsi sui quesiti referendari lanciati dalla CGIL. In un momento in cui il dibattito pubblico è monopolizzato dai dissidi interni al centro sinistra, il più grande sindacato italiano rischia di rimanere isolato in questa importante battaglia che vuole riportare al centro il tema del lavoro contro un processo di sempre più aggressiva precarizzazione dei contratti e di smantellamento delle tutele e dei diritti del lavoratore.
Due ruote che corrono. Ma verso Oriente. In un contesto in cui un’azienda leader come il gruppo Piaggio appare capace di aggredire i mercati. E di investire – in Italia – anche in ricerca e innovazione. Quando però i vertici del gruppo che comprende Guzzi e Aprilia devono decidere dove produrre, non guardano più al belpaese. Questo pensano i lavoratori impiegati negli stabilimenti italiani di Pontedera, Mandello del Lario (Guzzi), Noale e Scorzè (Aprilia), interpellati con un questionario distribuito dalla Fiom Cgil.
Dalle risposte degli addetti al questionario, rigorosamente anonimo, si sviluppa la fotografia di una grande azienda con la testa ancora a Pontedera, dove tutto è iniziato e dove il settore impiegatizio rappresenta non per caso il 30% dell’organico. Ma le catene produttive scivolano sempre più verso il Vietnam, l’India e la Cina, dove è impegnata la metà dei dipendenti del gruppo. E lo stato delle cose trova un riscontro nella percezione che del lavoro hanno gli addetti in Italia. Non è stata facile la ricerca promossa dalla Fiom, con la distribuzione di migliaia di questionari ai lavoratori del gruppo. Il sindacato ha potuto consegnarlo solo attraverso le portinerie, e non direttamente agli interessati. Che sono tanti: più di 2.000 a Pontedera, 550 all’Aprilia fra Noale e Scorzé, e 90 alla Guzzi a Mandello del Lario. Dai questionari raccolti, compilati e restituiti alla Fiom (circa il 40%), è emersa la preoccupazione dei lavoratori per il futuro. “La Piaggio è un’azienda che non punta sulla produzione italiana – riassumono Massimo Braccini, coordinatore Fiom del gruppo Piaggio, e il nuovo segretario provinciale Marco Comparini – è sana ma è governata con una filosofia per cui si preferisce distribuire dividendi, piuttosto che dare premi di produzione. Agli investimenti in ricerca non corrispondo investimenti industriali. E manca una discussione sul futuro del mercato delle due ruote, e sullo sviluppo per la riduzione dell’inquinamento”.
Dai questionari emerge che le relazioni fra i lavoratori sono buone (77% in media dei tre siti). Ma gli operai sono insoddisfatti della loro condizione (58%). La maggioranza (63%) ritiene basso il proprio stipendio, considera le norme sulla sicurezza rispettate solo in parte (58%), e che il lavoro non sia distribuito equamente (69%). L’insicurezza diventa generalizzata quando si affronta il tema di mantenere in futuro il lavoro: solo il 4% è sicuro di conservarlo, il 48% non ci crede. “Uno degli elementi che più è emerso è la ‘fame’ di formazione – spiegano Braccini e Comparini – i lavoratori non ritengono valorizzata la professionalità, o chiedono di acquisirne di più. Ma l’azienda li ignora”. A Pontedera il 30% degli intervistati segnala di non aver avuto formazione. Quanto poi alla percezione di come l’azienda risponde alla richiesta di formazione, per il 42% è limitata, per il 41% scarsa. La richiesta di corsi svetta invece con l’89%. In definitiva l’azienda non fa formazione, e questo fa paura: ben il 65% degli intervistati teme la perdita del posto. C’è sfiducia. Anche verso i sindacati, giudicati “insoddisfacenti” per il 79% dei lavoratori.
“Questo settore sul quale non si investe – tira la somme Braccini – è quello che fra un anno vedrà la fine degli ammortizzatori sociali tradizionali. Cig e mobilità, già strutturali, saranno sostituite dalla disoccupazione. Con tutto quello che comporta”. “Dobbiamo lavorare per recuperare fiducia e aprire una nuova vertenza – osserva a sua volta Comparini – l’obiettivo è saturare gli impianti e i volumi, perché oggi Piaggio è gestita con tre, quattro mesi l’anno in cui non si produce. Dobbiamo recuperare importanza produttiva. Anche per dare risposte alle aziende dell’indotto, dove la situazione è drammatica”.
Bene la FIOM e la “coalizione sociale”, bene, parallelamente, la ricomposizione da accelerare della sinistra politica non settaria
La “coalizione sociale” ideata dalla FIOM è stata ufficialmente attivata il 14 marzo. Come già era da qualche tempo noto, le caratteristiche che i promotori (accanto alla FIOM, Libera, Emergency, ARCI, Libertà e Giustizia e altri ancora) hanno voluto dare alla “coalizione sociale” consentono l’appartenenza a essa solo di organismi non politico-partitici, comunque si definiscano. Le intenzioni primarie sono tuttavia, dichiaratamente, del tutto politiche: si tratta di creare nella società una capacità di resistenza davvero efficace alle politiche brutalmente antisociali e pericolosamente lesive della democrazia già operate dai governi di questi anni od oggi in cantiere da parte del governo Renzi, e si tratta di costruire una relazione tra le diverse figure lavorative sfruttate, oggi scomposte in una miriade di forme di lavoro e di rapporti contrattuali dove è dominante la precarietà, in una situazione in cui una sinistra politica di massa non esiste più da un pezzo e la sinistra politica di minoranza è stata ridotta all’impotenza e a un largo discredito sociale da una storia di ripiegamenti su se stessa, scissioni, eterne lotte di frazione, derive estremizzanti e settarie, illusioni sul ritorno a sinistra del PD. Educatamente la critica alla sinistra politica di minoranza non viene più dichiarata dai promotori della “coalizione sociale”, ma alcune sue figure rilevanti l’hanno messa qualche tempo fa per iscritto. Forse potevano evitarlo, poiché qualcosa sul terreno della ricomposizione della sinistra politica aveva cominciato a muoversi, per esempio con la costituzione sotto elezioni europee della Lista Tsipras. Non è che tutti quanti i promotori della “coalizione sociale”, poi, possano dichiararsi freschi politici totalmente estranei al disastro della sinistra italiana. Ma al tempo stesso la loro critica, implicita o esplicita che sia, è meritata. È ovvio, inoltre, che la costituzione della “coalizione sociale” sia anche una critica mossa alle sinistre PD, sostanzialmente inutili, talora più che ambigue.
1) La tua critica a ciò che è diventata la Cgil parte più dal passato che dal presente: ti rivolgi all’oggi ma cercando di capire da dove nascono i problemi. Uno dei nodi che emerge è il rapporto tra il principale sindacato italiano e il principale partito della sinistra, allora il PCI, oggi il PD (almeno a livello di percezione di diffusa). Il tuo parere sull’autonomia della Cgil, anche rispetto al passato e a come si è evoluta, o non evoluta?
Nel mio ultimo libro, Lavoratori come farfalle (clicca qui per la nostra recensione), ho parlato esplicitamente di collateralismo della Cgil rispetto al PD. Apparentemente hanno in qualche modo fatto sembrare che non ci fosse più un rapporto diretto come all’epoca del PCI degli anni ’60 e ’70. Come scelta di fondo c'è stata la svolta degli anni '80, che ha riguardato tutta la società italiana, con cui nasce il sindacato della concertazione anche in campo Cgil, nonostante sia un modello che appartiene più alla Cisl. Non si ritiene più necessario avere un referente politico come lo era il PCI ma ci si rivolte ai partiti come realtà di governo. Un tempo
Lo scorso 12 Dicembre ha visto nella città di Pisa, oltre al partecipato corteo della CGIL-UIL (con una partecipazione di circa 10 mila persone, secondo gli organizzatori), un’importante iniziativa tenutasi nella bella e artistica sede di Palazzo Boyl incorniciato tra i suggestivi lungarni pisani.
L'espressione, rivolta ai governi democristiani degli anni 50, fu del segretario socialista Pietro Nenni, ai tempi in cui sinistra e riforme non erano parolacce terrorizzanti perché la sinistra era di sinistra e non di destra come è oggi quasi tutta, e quindi va rifatta da capo. L'attacco squadrista di polizia ai lavoratori della Thyssen è una dichiarazione di fatto di ciò che è realmente il governo Renzi. Un'altra dichiarazione di fatto, avvenuta in contemporanea, è il calo delle braghe del governo Renzi di fronte alle pretese delinquenziali della Commissione Europea. In ciò si è trovato in compagnia con il governo francese, altro governo nominativamente di sinistra ma che fa una politica di destra.
Un romanzo ambizioso. Tenendo sullo sfondo la realtà della Cgil, fatta di quotidianità complesse, mettendo al centro il tema del lavoro, il collettivo Tom Joad (nome impegnativo) mette in scena un giallo che si apre con la morte da cui muoverà il resto della trama. In apparenza, in un primo momento, un tragico incidente, in un paese della provincia di Roma. Dopo poche pagine però si fa già chiaro che si tratta più facilmente di omicidio. Nessun motivo apparente.
Sarà la ricerca del principale personaggio, Marco Degli Esposti, sindacalista del luogo, amico della vittima, a portare in ogni capitolo il tema della rappresentanza dei lavoratori e di come sia mutato in Italia il sistema produttivo, oltre al quadro normativo in cui si muove la giungla dei contratti (che è già stata modificata, anche se solo nei dettagli e non nella sostanza, rispetto a quando è stato scritto il romanzo, edito nei primi mesi del 2014).
Solo con lo scorrere delle pagine si mescolerà al delitto la realtà della corruzione italiana, imprenditoriale e istituzionale, con le nuove forme di sfruttamento e l'anelito di una ricerca tesa costantemente a una maggiore giustizia sociale.
Oltre 400 rappresentanti a Milano il 20 dicembre di oltre 170 RSU dell'industria e del pubblico impiego, quasi tutte unitarie, più i rappresentanti dei pensionati e di organizzazioni di esodati, donne senza reddito alcuno, lavoratori precari, disoccupati; un clima di combattività e di decisione a non fermarsi; un programma preciso e radicale di lotta alla controriforma Fornero delle pensioni e di rifacimento di un sistema pensionistico equo e civile; una critica dura e argomentata alla politica dell'attuale governo Letta-Alfano, per la sua rigorosa continuità rispetto al precedente governo Monti ovvero a una politica che ha scaricato sui lavoratori e sui pensionati i costi della crisi e il cui obiettivo di fondo è la redistribuzione della ricchezza sociale a favore di chi già è ricco, di una borghesia largamente parassitaria e vorace, della grande finanza speculativa; una critica dura e argomentata alle politiche recessive e antisociali dell'Unione Europea: niente male. Niente male quanto a dichiarazione aperta di un'intenzione sia politica che sindacale di lotta dura e senza paura da parte degli organismi di rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
“Una conferenza teatrale per non esperti”. Con queste parole Alberto Pagliarino tranquillizza il suo pubblico: per seguire e capire Pop Economix non bisogna essere esperti di economia e finanza. Anzi, l'obiettivo è proprio quello di rendere accessibile questo mondo fatto di specialisti anche a chi, come lui, è una pecora nera che ha frequentato il DAMS circondato da una famiglia di ragionieri e bancari.
Giovedì sera la Sala Di Vittorio della Camera del Lavoro di Firenze era piena di gente. Che sia stata la curiosità di vedere uno spettacolo teatrale organizzato in CGIL, la fama che circonda il progetto oppure l'attrattiva delle lasagne offerte? Nessuno può dirlo. Ma di sicuro dopo 55 minuti volati, tutti siamo usciti sapendone qualcosa in più e con una pulce nell'orecchio.
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