Ritengo invece un errore che l’iniziativa Human Factor realizzata da SEL a gennaio, a cui ha partecipato gran numero, oltre che di militanti sciolti di sinistra, di associazioni e gruppi, e persino, sorprendendo tutti, l’ultrasettario segretario di Rifondazione Comunista, sia stata sostanzialmente snobbata dal grosso dei protagonisti della “coalizione sociale”, come se il suo sviluppo costituisse un disturbo. Così come considero stravagante quella che sembra una presa di distanze da parte della segreteria confederale della CGIL. Intanto che non sapesse nulla né avesse mai discusso con la FIOM dell’intenzione di creare la “coalizione sociale” non è credibile: sarebbe l’unica realtà italiana in questa situazione, data l’ampiezza dell’informazione in corso da settimane su tale intenzione. Parimenti considero stravagante la dichiarazione secondo cui la CGIL non dovrebbe occuparsi di politica. E’ dal Patto di Roma del 3 giugno del 1944 che lo fa. Dichiarare oggi, inoltre, che la CGIL non dovrebbe fare politica significa solo fare una pessima politica e indebolire il mondo del lavoro, sotto tiro politico sempre più pesante da anni da parte di governi di estrema destra liberista.
Io credo, ancora, che anche se la sinistra politica fosse in condizioni migliori di salute qualcosa del genere della “coalizione sociale” sarebbe molto importante che ci fosse. È da molto tempo che la politica si articola, non solo in Italia ma in tutto il mondo, anche in realtà associative sociali e di movimento. In Italia, inoltre, ben prima che in tanti altri paesi europei quest’articolazione è sorta, ha realizzato importanti battaglie e portato a casa importanti vittorie (per esempio impedendo la privatizzazione generalizzata dell’acqua). Alla radice di questo dato c’è anche la caratteristica storica di sindacato di classe e quindi per definizione politico della CGIL. Si tratta dunque di una realtà più che consolidata, che attiva centinaia di migliaia di persone. La “coalizione sociale” non può essere quindi considerata solamente l’effetto indiretto dell’impoverimento quantitativo e qualitativo delle forze politiche di impianto più o meno tradizionale della sinistra, ma è anche l’ultimo atto temporalmente di una storia italiana fatta di partecipazione democratica di massa nonché degli incrementi qualitativi che a questa storia sono venuti nel periodo dal 1968 agli anni settanta e negli anni, a cavallo del 2000, dell’altermondialismo.
Tutto questo dovrebbe anche significare, di passata, che oltre a essere inutile, perché la risposta sarebbe “no”, sarebbe anche ingenuo che, in ipotesi, da parte di organizzazioni politiche (si chiamino esse partiti o in altro modo) si chiedesse alla FIOM, o ad altra associazione promotrice, la partecipazione diretta alla “coalizione sociale”. Ci si ingegni invece da parte della sinistra politica a uscire da schemi comportamentali ripiegati all’interno delle proprie organizzazioni, quasi tutte in coma; ci si impegni a orientare militanze politiche sempre più ridotte, stanche e disorientate a disertare lotte interne sempre più ininfluenti e ad attivarsi sul territorio, verso le richieste del mondo del lavoro, verso le realtà giovanili, verso tutto quanto chieda di poter partecipare attivamente e utilmente a qualcosa di sinistra e di democratico; ci si impegni a tornare a essere esempi nel popolo di militanza politica democratica.
Un aspetto del logoramento qualitativo della sinistra politica è l’interrogativo assillante sulle scelte future di Maurizio Landini. C’è un’implicita resa senza combattere dentro a quest’interrogativo, assai negativa. La ricostituzione di una sinistra politica decente non dipende solamente da Landini o dalla FIOM. La “coalizione sociale” è un contributo a questa ricompattazione, che potrebbe continuare a essere indiretto. È probabile che Landini sceglierà di candidarsi, fra tre anni, alla segreteria generale della CGIL: ma anche questo sarà un contributo alla ricompattazione della sinistra politica. Personalmente penso che sarà bene se egli farà questa scelta: la CGIL è la maggiore organizzazione politica del nostro paese. Né ha senso pensare che un’eventuale scelta di Landini nel senso di proporsi, tra un anno o due, come capo della sinistra politica si trascinerà dietro gran parte della militanza CGIL e della stessa FIOM. La sfiducia popolare, e segnatamente operaia, nei confronti della politica tout court è qualcosa ormai di profondo. Per superarla dunque occorrono più cose: quindi che le stesse forze, nella loro parte non insettarita, della sinistra politica operino in modo serio ed energico e da più lati. Se ciò avverrà si può farcela.
Concretamente in campo è attualmente anche la proposta aggregativa, stavolta tutta politica anche nella forma, effettuata a Human Factor da SEL. Sin dall’inizio, cioè tra gli stessi nostri atti fondativi, come Sinistra Lavoro abbiamo dichiarato il nostro forte interesse alla cooperazione con SEL, avendo essa coraggiosamente interrotto la propria alleanza con il PD; e su questa strada intendiamo fermamente proseguire. Non vediamo nella proposta di SEL nessun elemento di alternativa e ancor meno di disturbo nei confronti della “coalizione sociale”, anzi vediamo la complementarietà e l’utilità reciproca delle due cose. Inoltre ci ingegneremo, anche in quanto militanti sociali, non solo politici, a dare un contributo diretto alla “coalizione sociale”. Va da sé, in ultimo, che come Sinistra Lavoro aderiremo alle manifestazioni pubbliche della “coalizione sociale”, come per esempio quella del prossimo 28 marzo a Roma.
Siamo tutt’altro che inutili o insignificanti. Nel periodo di circa sei mesi dell’esistenza di Sinistra Lavoro abbiamo ottenuto grossi risultati al tempo stesso politici e sociali, portando a cospicua dimensione il complesso delle nostre relazioni con RSU, militanze e quadri sindacali, altre realtà di classe, in genere CGIL, attivando movimenti di RSU, contribuendo alla realizzazione di una componente unitaria di sinistra in CGIL, ecc.: dando così una risposta significativa, benché imperfetta, alla richiesta di una parte non irrilevante della sinistra dei lavoratori sia di organizzazione politica che, sottolineo, di “servizi” utili nella conduzione di mobilitazioni e vertenze; e lo stesso è avvenuto sul versante delle collettività giovanili, grazie ai nostri giovani compagni, e su molti territori. Ma tutto questo ha funzionato perché è anche stato sempre chiaro e noi e a chi parlavamo e proponevamo cose che non eravamo l’avvio dell’ennesimo partitino di sinistra più o meno settario e più o meno bollito, tutto impegnato nel costruire complicate strutture interne nelle quali perdere tempo e sancire definitivamente la propria inconsistenza, ma che, proprio attraverso le cose che facevamo, eravamo dei compagni impegnati anche a dare una mano assolutamente unitaria alla velocizzazione della ricomposizione politica a sinistra. Una mano assolutamente unitaria: come documentato anche dal fatto che in Sinistra Lavoro operano compagne e compagni che accanto alla tessera di Sinistra Lavoro tengono quella di Rifondazione Comunista, di SEL, del PdCI, e in molti casi dispongono, in questi partiti, di ruoli anche direttivi.