Nato in Sicilia, emiliano d'adozione, ligure per caso. Ha collaborato con gctoscana.eu occupandosi di Esteri.
“Qualora il governo cambiasse la corrente interpretazione della Costituzione Tokyo non sarebbe in grado di rifiutare richieste da parte di Washington per il dispiegamento di truppe delle Forze di Autodifesa all'estero”, a dichiararlo Kiyohiko Koike, dal 1995 sindaco della cittadina di Kamo (Prefettura di Niigata) ed ex alto dirigente dell'Agenzia per la Difesa (oggi Ministero della Difesa), intervistato dal periodico comunista Akahata. Akahata ha anche raccolto le opinioni di tre ex appartenenti alle forze di terra delle FAD: “l'essenza della “autodifesa collettiva è: uccidere o essere uccisi” ha affermato Takao Izutsu, un ex sergente.
Vi racconto una storia: un bambino si fa leggermente male ad una mano, con fare sicuro e con faccia convinta gli mando un “soffio magico”, il dolore va via ed il bambino riprende a saltellare. Chiunque abbia a che fare in qualche modo con dei bambini e chiunque si ricordi com'è essere bambini ha familiarità con queste pratiche.
Credete riguardino solo i bambini? No, esistono “soffi magici” anche per gli adulti, soltanto che nel mondo dei “grandi” li si ammanta di nomi altisonanti e di concetti oscuri.
Questi "soffi magici" si chiamano ciarlatani, pseudomedicine, metodi non scientificamente validi, medicine "orientali" (suppostamente medicine e suppostamente anche orientali a dire il vero). Ne abbiamo parlato con il dott. Salvo Di Grazia, medico chirurgo, ginecologo, penna del Fatto Quotidiano, conosciuto tra gli internatuti per il suo blog medbunker, autore del libro "Salute e bugie" (Chiare Lettere, 2014, E. 13,60).
Il risultato ottenuto dalla Lista Tsipras il 25 maggio sembrava ai più poco probabile: eppure è successo. Un risultato importante quel 4,03%, un puntello ad una casa che aveva ancora poche pietre sollevate.
Un risultato ottenuto nonostante tutto: in primis i pochi soldi a disposizione per la campagna elettorale, i pochi nomi noti in lista, ma anche la scarsa attenzione dei media (anche se più che di volontà censoria bisognerebbe realizzare che se conti poco, ti fanno vedere poco). Rimane oggi sul tappeto il cosa fare adesso.
Inaspettate prese di posizione contro le spericolate interpretazioni costituzionali promosse dal premier Abe.
A pronunciarsi contro il sostanziale svuotamento dell'articolo 9 è intervenuto anche Koichi Kato, a lungo parlamentare liberal-democratico e per un periodo segretario generale del PLD: “Dato che sono passati sessantanove anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il numero di persone nate dopo è in aumento. Essi non hanno conosciuto o vissuto il terrore della guerra. Alcuni nelle giovani generazioni richiedono un atteggiamento più aggressivo in tema di sicurezza nazionale, ma comprendono la guerra soltanto in maniera astratta, sono privi di una conoscenza concreta” ha dichiarato l'ex politico conservatore al periodico comunista Akahata.
Sulla spinosa vicenda delle contese isole Paracel (un gruppo di isole nel Mar Cinese Meridionale rivendicate principalmente dalla RPC e dal Vietnam) è intervenuto anche il Presidente del Partito Comunista Giapponese Shii invitando i due Paesi a risolvere la questione per via diplomatica nell'ambito della Dichiarazione sul comportamento tra le parti nel Mar Cinese Meridionale. Le molte isole contese dalla Cina Popolare e da altre nazioni dell'area sono fonte costante di tensione internazionale.
“Né la corte distrettuale né quella Suprema hanno mai preso in considerazione il diritto all'autodifesa collettiva. È scandaloso che il governo usi una sentenza della massima Corte come base per autorizzare l'esercizio del diritto all'autodifesa collettiva”, questa l'opinione dell'ex giudice (tra gli autori, insieme al giudice Date, di quella sentenza) nonché professore emerito presso l'Università Dokkyo di Soka Ichiro Matsumoto, intervenuto in merito all'uso strumentale da parte del governo Abe di una sentenza della Corte Suprema del 1959 riguardante l'espansione della base militare statunitense di Sunagawa.
“Unire gli sforzi contro il peggioramento della legge sul lavoro temporaneo” questo l'appello lanciato lo scorso 15 aprile dal Presidente del Partito Comunista Shii durante una conferenza stampa presso la sede del parlamento. “La riforma è un problema per i lavoratori nel loro complesso” ha dichiarato l'esponente comunista sottolineando come la proposta di modifica della legge renderebbe estremamente più facile il ricorso al lavoro precario pregiudicando una stabile occupazione per tutti.
Una situazione a tinte fosche quella descritta dai sindaci di Futaba, Okuma, Tomioka e Naraha (Prefettura di Fukushima) intervistati l'11 aprile dal periodico comunista Akahata. I quattro primi cittadini segnalano che numerosi cittadini delle loro comunità permangono sfollati attendendo la ricostruzione di abitazioni ed altre infrastrutture fondamentali per la ripresa delle attività economiche.
I sindaci hanno anche espresso la propria preoccupazione per i tentativi del governo di riattivare gli impianti nucleari spenti nel 2011: “credo che il Giappone debba ridurre la propria dipendenza dal nucleare e smettere di usare quest'energia in futuro” ha dichiarato il sindaco di Okuma Watanabe.
Dalle pagine di questa rivista in diversi – ed io tra loro – abbiamo commentato positivamente la nascita di una lista unitaria a sinistra del PD per le prossime elezioni europee. Il risultato, tutt'altro che scontato, è di grandissima importanza e può (io direi deve) rappresentare un gradino per la ricostruzione della scalcagnata sinistra nostrana.
Vi sono però degli elementi critici che sarebbe intellettualmente disonesto non rilevare: anche a campagna elettorale in corso.
In primo luogo la scelta del simbolo (con tanto di referendum octroyée su quattro opzioni grafiche identiche) appare quanto mai penalizzante: un riquadro rosso, il riferimento ad un nome importante ma sconosciuto ai più, nessun elemento che richiami le forze politiche partecipanti – ed ossatura nei fatti – alla lista. Quasi una sfida lanciata all'elettore: «ci siamo nascosti. Trovaci!».
Non cessa la preoccupazione dei comunisti giapponesi per la recente decisione del governo Abe di permette l'export di armi e tecnologie militari: un passo decisivo nella demolizione di ogni residuo riferimento alla tradizionale (dal secondo conflitto mondiale in poi) politica nipponica in tema di relazioni internazioni.
Durissima l'opposione del Partito Comunista: il segretario Yamashita ha affermato che questa decisione è frutto della sudditanza del Giappone alle esigenze degli Stati Uniti (i quali hanno sempre più necessità di un alleato a pieno titolo, dunque anche militare, in quella parte del Pacifico) e mira a costruire, anche attraverso uno svuotamento di senso dell'articolo 9 della Costituzione, una nazione impegnata in conflitti militari al di fuori dei propri confini.
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