Venerdì, 29 Agosto 2014 00:00

Il coraggio che il governo non ha

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Giovanni Falcone, magistrato anti-mafia trucidato da Cosa Nostra, sosteneva che il coraggio “è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa”La paura in questione è quella provata da parte di uomo minacciato perché fa bene il proprio lavoro, quella paura che ti fa temere per la tua incolumità e per coloro chi ti stanno accanto.

Nulla di tutto ciò - fortunatamente - riguarda il giovane Presidente del Consiglio Matteo Renzi, presentatosi audacemente alla ribalta nazionale come il “rottamatore” di una classe politica abietta, disonesta e inefficiente.

Proverbiali, ormai, gli slogan con i quali si è presentato e con i quali è stato votato, caratterizzati da parole forti capaci di toccare le corde sensibili dell’animo umano.

Speranza. Cambiare verso. Ripartiamo. Solidarietà. Giustizia sociale. Uguaglianza. Queste le parole più inflazionate del vocabolario renziano e non ultima vi è “coraggio” - parola citata anche in occasione del meeting boyscout dell’Agesci – intesa come riappropriazione dei propri spazi, pur conoscendo bene il prezzo da pagare. Tutte belle parole che costellano l’era renziana, ma che trovano dopo 6 mesi di governo, difficile applicazione concreta nella realtà.

Il coraggio del resto è mancato in principio, infatti, in occasione delle consultazioni per la formazione del Governo, Renzi si è dimostrato subalterno rispetto al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, intransigente sul depennamento di Nicola Gratteri, magistrato antindrangheta inizialmente designato da Renzi come Ministro della Giustizia, al quale è stato preferito Andrea Orlando.

Sempre dalla formazione del Governo, si evince come esso sia stato formato applicando rigorosamente il “manuale Cencelli”, in modo da non scontentare nessuno, non solo partiti, ma addirittura “correnti”, dimostrando appunto poco coraggio nel superare metodi da prima Repubblica (la rottamazione può attendere).

Per quanto riguarda invece alla mera attività governativa, l’esecutivo e in particolare il suo Premier, hanno dimostrato paura di perdere consenso elettorale e consenso politico, trincerandosi in un immobilismo che non permette un cammino di riforme quanto mai necessario al nostro paese, alle prese con la peggior crisi economica della sua storia più recente.

In campo economico, l’Italia avrebbe bisogno di manovre shock per far ripartire l’economia, nonostante ciò, vuoi per i vincoli europei, vuoi per la mancanza di cash è necessario recuperare risorse, abbattendo il macigno dell’evasione fiscale-pari a 130 miliardi di € frutto dell’attività illegale sia di grandi imprese che delocalizzano fondi neri nei cosiddetti “paradisi fiscali”, sia del fruttivendolo sotto casa che non ci fa lo scontrino.

Visto che un’azione efficace colpirebbe anche la c.d. “pancia del paese” il problema viene avvallato dal Governo, garantendosi un buon livello di popolarità. Di quest’ ultima però non si vive, serve anche una buona dose di clientelismo politico capace di generare consenso in modo capillare nei territori, attraverso entità ambigue, note come “partecipate” o “municipalizzate”, imprese poco produttive, caratterizzate da bassa efficienza, che vivono di -e per la- politica locale. Ancora una volta a rimetterci sono gli utenti, che fruiscono di servizi scadenti ed a alto costo e le possibili imprese concorrenti. La vita di tali realtà, stava per essere accorciata dalle forbici del Commissario per la spending review Carlo Cottarelli, prontamente stoppato da Renzi in persona, al momento decisivo. Troppo difficile rinunciare al consenso politico territoriale, garantito dai compromessi con i vecchi “volponi” della politica.

Sul “Decreto Poletti”, è mancato coraggio sulla considerazione di un contributo di solidarietà per le pensioni superiori ai 3500 € lordi -non 1000 €- maturate con metodo retributivo, quindi con soldi mai versati. Ad insorgere questa volta sono i sindacati, in particolare la CGIL, ridotta ormai a corporazione, incapace di rappresentare i giovani, i precari e le partite iva; abilissima al contrario a rappresentare garantiti e pensionati. Troppo dura toccare i privilegi di una cerchia di pensionati, che se scontentati poi non ti garantirebbero il voto.

Esemplare è la questione “eterologa”, sdoganata in modo proprio dalla Corte Costituzionale a seguito dell’immobilismo parlamentare, deviata abilmente dal Ministro della Sanità Beatrice Lorenzin, che richiama ad un dibattito in Parlamento- lo stesso che non si era espresso- con il solo machiavellico scopo di perdere tempo. Qui ad essere turbata, sarebbe la moralità cattolica molto presente anche all’ interno del Partito Democratico.

In politica estera, da segnalare la subalternità mantenuta rispetto al potente, in particolare dimostrata riguardo alla “questione israeliana” in cui l’Italia è drammaticamente muta; il Premier, infatti, tace sui bombardamenti ad opera di Netanyahu sulla striscia di Gaza, si appella invece ad Hamas perché rilasci un soldato israleiano. Anche qui è evidente come l’Italia sia schierata sempre dalla parte del più forte, costi quel che costi, nulla importa se davanti ci siano vite umane spezzate. Nessun cambiamento di verso, nessun segnale di progresso.

Tornando alla politica interna, Renzi ha dimostrato subalternità a Berlusconi durante la stesura del c.d. “patto del Nazareno” con il quale ha stabilito riforme costituzionali e legge elettorale. L’ex-cavaliere è stato infatti accontentato sulla questione “preferenze”, ancora una volta non previste, nonostante la popolarità della politica abbia raggiunto ormai i minimi storici.

Sul terreno della giustizia, di cui si attende per settembre un decreto legge, il Governo avrà il coraggio di ripristinare il reato di falso in bilancio, abrogato da Berlusconi&Co? Avrà il coraggio di accorciare i tempi di prescrizione? Avrà il coraggio di introdurre strumenti atti a punire efficacemente i “colletti bianchi” (visto che sono solo 11 i condannati definitivamente in Italia per questo tipo di reati)? Avrà il coraggio di non piegarsi al correntismo dei magistrati e quindi a trovare strumenti utili a introdurre una responsabilità civile per quest’ultimi (visto che quelli che hanno pagato per i propri errori ultimi 20 anni, sono solo 7)?

Se davvero Renzi vuole #cambiareverso, deve cercare di mettere in discussione una piccola parte di quel grosso consenso che lo ha virtualmente legittimato con le elezioni europee cercando di non scaricare gli errori altrui sui più deboli. Dovrebbe inoltre mettere da parte un po’ del suo immenso ego e trovare -o farsi prestare- un po’ di umiltà utilissima alla realizzazione di una buona riforma costituzionale, ascoltando una vasta platea di giuristi, smettendola di appiattire il dibattito democratico definendoli gufi, professoroni o soloni.

 

Ultima modifica il Giovedì, 28 Agosto 2014 19:58
Alessandro Semenzato

Classe 1992. Conseguita la maturità industriale vado a lavorare in fabbrica, dopo 2 anni riprendo gli studi iscrivendomi a Scienze Politiche presso l’ Università degli studi di Padova, conciliando studio e lavoro. Iscritto al Partito Democratico. Uno dei pochi ad aver letto il documento di Fabrizio Barca “Un partito nuovo per un buon governo”. Appassionato di politica, storia politica italiana e attualità. Antimoralista. Motto: “Pace igiene del mondo”.

 

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