Il primo elemento che balza clamorosamente agli occhi è come la risposta a questa ennesima inchiesta non sia uno sdegnato "basta mafia", ma qualcosa di più subdolo e già strumentalizzato alla radice dell'indignazione che dovrebbe risultarne. Stamattina sul Manifesto si poteva leggere un'interessante intervista di R. Ciccarelli a S.Rodotà sul tema (leggi qui), in cui si faceva un parallelismo interessante con Mani Pulite che intendo riprendere, perché particolarmente esemplificativo della corruzione nella coscienza civica di un Paese. Bene, ventitré anni fa si scopriva che la mafia era radicata nei partiti della Prima Repubblica e si decise di assurgere questi a capri espiatori, oggi invece ci si concentra su un altro oggetto. Del resto oggi i principali partiti sono già sufficientemente asserviti alle nuove forme di potere e tutto sommato resistono ai contraccolpi dell'instabilità sociale (la situazione politica sembra reggere bene nel breve periodo, nonostante l'astensione). È vero d'altra parte che i partiti risultano essere degli strumenti nelle mani di pesci ben più grossi che lasciano in pasto alla magistratura gli stessi politici, i quali fungevano da semplici intermediari con lo Stato per concedere le risorse alle strutture che concretamente operano.
Ma torniamo un attimo al problema di come viene letta la vicenda. Infatti, la lettura è nella maggioranza dei casi totalmente distorta nella misura in cui si tende a voler togliere l'immigrato dal suolo nazionale come per togliere l'acqua nella quale il pesce mafioso sguazza. Che il problema non sia l'oggetto alla ribalta, ma il soggetto che pone la convenienza nel lucrare in quel settore piuttosto che in un altro? Il rischio di passare dal capro espiatorio "partito" a quello "immigrato" con l'aria che tira è concreto. Effettivamente nell'attuale contesto non risulta molto conveniente investire in nuove forze politiche, semmai, con la miseria, l'unico investimento remunerativo resta il settore sociale e il reclutamento della manodopera poco qualificata. Ecco il settore su cui si sono fiondate le mafie, e non da oggi. È il più florido oggi presente e rispecchia una società in forte arretramento, troviamo di tutto: dalla corruzione nei centri di detenzione, alla mafia nei servizi recentemente scoperta, alle agromafie del caporalato. A ben vedere tutta la filiera che ruota attorno al migrante risulta intaccata, ma ciò non vuol dire che eliminando il migrante eliminiamo il problema mafioso come sembra balzare in testa a qualcuno. Questo perché ciò che crea il problema è la condizione di sfruttamento in sé, ossia è la condizione di ricattabilità del povero abbandonato da una qualsiasi struttura statale. Così capita che quest'ultimo al mattino per vendere le braccia debba rivolgersi al caporale e alla sera per tornare a dormire debba appoggiarsi ad una struttura finanziata da una cooperativa privata. Spero ci si renda conto di quanto è limitato il discorso a destra come a sinistra: la prima se la prende con l'accoglienza, ma gradisce lo sfruttamento, la seconda invece deplora lo sfruttamento più gretto ma gradisce un'accoglienza che però è fasulla perché si incardina in un contesto di forte arretramento dei diritti e di privatizzazione.
Tuttavia da questo secondo capitolo dell'inchiesta stanno partendo perquisizioni che sembrano portare in direzione di una allargamento al di fuori della capitale. In primo luogo alla cooperativa “La Cascina“, vicina al mondo cattolico e più precisamente a Comunione e Liberazione, la quale gestisce tra l’altro il Cara di Mineo, in Sicilia. Ma non solamente ambienti vicini alla curia, bensì anche al ben noto mondo delle cooperative emiliano. La Manutencoop già coinvolta in un'inchiesta sulla turbativa per gli appalti all'Expo nella mattinata del 4 giugno ha subito il sequestro di documentazione relativa ad una delle gare di appalto nella gestione del servizio sanitario del Lazio. La prudenza nel riportare notizie di indagini appena iniziate e ancora in corso è d'obbligo, è però difficile non notare che questa volta lo spettro sembra allargarsi oltre i confini della capitale e della politica capitolina.