Domenica, 17 Marzo 2013 00:00

Informazione: un problema democratico

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Tra le condizioni di una democrazia partecipata dal popolo, quindi supportata da un popolo consapevole, cioè non degradata in oligarchia, Habermas pone, addirittura, che alle riunioni del popolo e dei suoi rappresentanti non partecipino giornalisti. Le deformazioni delle posizioni, le falsificazioni, le invenzioni, le ridicolizzazioni, le apologie, le censure sono altrimenti inevitabili.

A sua volta Chomsky ci rammenta come i grandi media non pubblici appartengano a grandi gruppi capitalistici e quelli pubblici siano spesso condizionati dalle forze politiche legate ai grandi poteri sistemici, e come siano i grandi media procapitalistici a dettare l'agenda informativa, cioè a decidere di quali questioni ci si debba occupare e di quali no, gli approcci alle questioni “occupate”, e come ciò condizioni l'intero sistema informativo, compresi i media più obiettivi e quelli su posizioni di minoranza. Ovviamente questo problema sui grandi media non esiste: essi, ci narrano, si limitano a fare informazione, e se esprimono pareri di parte lo fanno separando pareri da dati informativi. Qualche esempio che sono balle.

È informazione il linciaggio a danno di Rosi Bindi a uno spettacolo di Santoro, da parte di un esagitato supportato dagli altri giornalisti presenti, Gad Lerner escluso? È informazione l'esposizione per tre giorni di fila di un'intervista a Renzi, nella quale profetizza il fallimento del tentativo di Bersani di formare un governo, ci propina battutine acide, dichiara di fatto, rincorrendo Grillo sull'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, che la politica possono farla solo i miliardari o quanti (come lui) ne è finanziato? 

È informazione ascoltare per una settimana di fila che Benedetto XVI, avendo dato le dimissioni, non potrà più portare scarpe rosse? In realtà abbiamo ricevuto queste dritte eminentemente politiche: la sacralità del potere vaticano, ergo che le sue superstizioni antifemminili, omofobe, in fatto di contraccezione e di fecondazione assistita, ecc. sono parte da rispettare del dibattito politico, morale, ecc.; che il futuro salvatore della patria è un democristiano d'antan narcisista, tanto famelico quanto incolto, simile nel metodo politico a Grillo e a Berlusconi e sulle posizioni di Ichino e di Monti; che tutti i mali del paese derivano dai partiti e che si tratta di toglierli di mezzo, di “rottamarli”, quali che siano.

In realtà questo tipo di andazzo è ormai cronico nella grande informazione italiana: record occidentale sul terreno di una manipolazione che ha come strumento primario il rimbecillimento della popolazione e come obiettivo primario un indebolimento tale della politica, da consentire al complesso degli appetiti dei vari grandi poteri sistemici (casta degli “opinionisti” compresa) di continuare a spadroneggiare e a spostare ricchezza dalle tasche della maggioranza verso le loro. Ed è questo un problema davvero drammatico, anche in quanto di difficilissima soluzione, data la compattezza della grande informazione sulla sostanza di ogni grande questione.

Ovviamente imposizioni censorie per legge costituirebbero un rimedio peggiore del male. Occorrerebbe invece, intanto, una riforma del servizio pubblico, che lo trasformi finalmente in servizio pubblico. Per esempio, in luogo dei talk-show a base di urla insensate e nei quali ci sorbiamo le tirate dei conduttori (anche perché nessuno ha eletto Santoro e c. al ruolo fondamentale che copre, per di più strapagato: mentre la povera Rosi Bindi invece è stata eletta dal popolo), fare come altrove in Occidente, disporre di trasmissioni dove si possono ascoltare esposizioni tranquille delle posizioni dei vari attori politici (e sociali) e i giornalisti si limitano alle domande.

In secondo luogo, occorrerebbe che gli organi di autogoverno dei giornalisti fossero tutelati dalla possibilità di ritorsioni e vincolati alla pratica di sanzioni in presenza di violazioni del codice deontologico che la professione stessa si è data. In terzo luogo, occorrerebbe costituire, con sforzo collettivo dal lato delle sinistre politiche, sociali e culturali, un sistema mediatico alternativo robusto, quindi non condizionabile dalle agende dei mass-media legati ai poteri forti. Un tempo c'era: quando esistevano partiti “pesanti”, intanto i loro media operavano in controtendenza, inoltre ciò consentiva spazio a media effettivamente indipendenti. Il successo di Grillo, un Berlusconi, un Renzi allora sarebbe stato semplicemente inconcepibile. Così come inconcepibile sarebbe stato il degrado delle capacità di ragionamento e di giudizio politico oggi più che evidenti nella popolazione italiana: un tempo la più politicizzata d'Europa, oggi la più incapace di ragionamento razionale; in un momento, purtroppo, in cui ce ne sarebbe il massimo bisogno.

Immagine tratta da www.squer.it

Ultima modifica il Venerdì, 15 Marzo 2013 21:04
Luigi Vinci

Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.

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