Mercoledì, 04 Aprile 2018 00:00

I giovani salveranno l'Italia?

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I giovani salveranno l'Italia?

Giochiamo a carte scoperte. La proposta avanzata dal libro I giovani salveranno l’Italia non convince chi scrive questo articolo.

Ogni commento sarà quindi probabilmente influenzato dalla mancata adesione a una sorta di manifesto politico generazionale lanciato da un gruppo di dieci autori e tre autrici, aderenti al movimento Senso Comune.

Siamo nel campo di un populismo progressista al momento assente nel paese, ma che si spera (nel voume) possa maturare con il coinvolgimento di nuove giovani energie, confidando in un deterioramento della forza del Movimento 5 Stelle.

I risultati elettorali italiani del 4 marzo 2018 confermano la ricostruzione secondo cui il classico elettorato popolare si collocherebbe fuori dalla contrapposizione novecentesca tra destra e sinistra.

Il vuoto lasciato dal fallimento della Sinistra Arcobaleno continua a non essere riempito e l’esperimento spagnolo di Podemos («un partito guidato da giovani ricercatori», p. 213) è ammirato con grande appetito dallo scranno della precarietà delle nuove leve accademiche.

Introduzione e conclusione insistono sul protagonismo generazionale di chi è nato tra il 1986 e il 1996, per vincere la rassegnazione, attraverso un filone di pensiero solitamente ricondotto a Ernesto Laclau.

Il nucleo centrale ritorna in tutti i saggi, capaci di disegnare un’agenda sicuramente interessante. Il merito principale del libro è quello di indicare alcune possibili linee di sviluppo e suggerire un piano del confronto non astratto.

I passaggi più convincenti sono quelli in cui si chiariscono efficacemente le proposte.

Il capitolo Sorelle e fratelli d’Italia è esemplificativo di un’analisi sintetizzata in modo funzionale (sulla questione femminile e il femminismo), a cui seguono alcune questioni proprie della realtà quotidiana (accesso ai servizi, congedo di paternità, tasse sugli assorbenti, accessibilità ai contraccettivi, et cetera), per finire con un appello ad un ampio «movimento populista di sinistra» (sono parole di una citazione di Nancy Fraser alle pagine 121 e 122).

L’ambito economico è affrontato sotto diversi aspetti: rispetto alla situazione lavorativa in cui ci troviamo, alla storia delle privatizzazioni di banche e aziende statali, al venire meno nella storia italiana di uno stato imprenditore (qui viene da consigliare la lettura di Mariana Mazzuccato). Non si può prescindere, per gli autori, da un Paese capace di una presenza pubblica «disciplinatrice», «in ogni ambito dell’attività economica» (p. 133).

La contemporaneità ci proporrebbe un conflitto disarticolato da qualsiasi coagulazione di classe, per cui occorre trovare un modo che non faccia solo rete tra diversi soggetti, «ma che parta da questo mosaico di istante di malcontento per ripensare un mondo nuovo in cui ciascuna trovi soluzione in connessione con le altre» (p. 49).

La dimensione europea è affrontata senza alcuna ambiguità. Non esisterebbero spazi di riforma in senso democratico dell’Unione Europea, anche se questo non vuol dire rifiutare una più stretta collaborazione tra paesi del "vecchio continente" (come avviene nel campo della ricerca).

Referendum popolari e enti locali (ma non le regioni) potrebbero favorire un processo di riattivazione della cittadinanza, insistendo sugli organismi legislativi, indeboliti dal rafforzamento degli esecutivi anche nei comuni.

L’articolazione del testo si sviluppa in capitoli di agevole lettura, dove emergono latinismi forse evitabili e improbabili forzature (dal “patriota Dante” al “rinascimento economico”). Quanta parte del “popolo” passerebbe senza problemi di fronte a una frase non tradotta di Seneca? Alcuni passaggi si ritrovano affogati dalla retorica, con il dramma dell’emigrazione delle giovani generazioni dal Paese dipinto con tinte da sceneggiato televisivo di scarsa qualità. Ovviamente la condizione in cui si ritrovano a vivere le persone nate a partire dalla seconda metà degli anni ‘80 è drammatica, ma l’enfasi riposta nell’impianto narrativo scelto dal libro emerge come forzata, nel parere di chi sta scrivendo questo articolo ovviamente.

Su come si debba strutturare un nuovo movimento in Italia non ci sono indicazioni definitive. I giovani salveranno l’Italia appare più come un incitamento motivazionale che un pamphlet in cui si rivendica lo spettro del populismo progressista.

In Spagna il già citato Podemos pare essere effettivamente riuscito dove le sinistre europee sembrano aver fallito, dando una prospettiva di speranza per il cambiamento a parti significative di popolazione. Izquierda Unida, dopo un periodo di distanza tra le due organizzazioni, ha ottenuto un rapporto di alleanza interlocutoria sicuramente interessante.

In Italia mancano movimenti analoghi a quello degli Indignados e la società non pare contenere forze nuove da organizzare.

Le proposte di questo gruppo di autori e autrici di Senso Comune meritano comunque di essere confrontate dalle altre organizzazioni della sinistra italiana, anche per capire quanto possano essere felici o efficaci le proposte di un campo devastato da cambi continui di proposte, come Rivoluzione Civile e Potere al Popolo non mancano di ricordare agli appassionati di ciò che si muove nel campo della Sinistra Europea italiana (inteso come gruppo a sinistra dei Socialisti europei).

Anche per chi non condivida l’impianto di una proposta populista, post-novecentesca, in chiave generazionale, vi sono margini di interlocuzione.

Il mare del populismo è vasto e nel dover scegliere quali libri affrontare è certamente utile comprendere come l’analisi si traduce in proposta.

Dimostrare che si possa fare altro, meglio e diversamente, è a carico dei critici.


I giovani salveranno l’Italia. Come sbarazzarsi delle oligarchie e riprenderci il futuro, a cura di Samuele Mazzolini, Imprimatur, Reggio Emilia, 2018, pp. 224, ISBN 9788868306687


Immagine di copertina liberamente tratta da pxhere.com, immagine della copertina del libro ripreso dal sito della casa editrice www.imprimatureditore.it

Ultima modifica il Martedì, 03 Aprile 2018 18:55
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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