Giovedì, 09 Febbraio 2017 00:00

Regole? Sì, grazie!

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Gli esseri umani vivono in società. Quindi ognuno di noi è immerso in un ambiente che condivide con altre persone uguali a lui, con le quali ogni giorno è costretto ad interagire. È chiaro che tali interazioni devono essere regolamentate: ed è qui che entrano in scena le regole, ovvero "norme che un gruppo sociale si dà per assicurare la sopravvivenza del gruppo e per perseguire i fini che lo stesso ritiene preminenti" (definizione di Wikipedia). 

Le regole, si legge, servono alla sopravvivenza del gruppo stesso. Infatti non sarebbe pensabile vivere in una società in cui ognuno fosse libero di comportarsi come preferisce: si rischierebbe un aumento esponenziale di morti in poco tempo e, se questa situazione fosse duratura, si arriverebbe all'estinzione del genere umano. Per fare un esempio forse banale, cosa succederebbe se cinque macchine volessero attraversare ad un incrocio senza rispettare le precedenze? Sicuramente si verificherebbero incidenti a catena, dal momento che tutti si sentirebbero (e di fatto sarebbero) liberi di passare per primi.
Ma purtroppo troppo spesso la nostra società può essere definita senza regole, o almeno senza regole chiare, logiche e soprattutto rispettate. Ed è da qui che nasce la gran parte dei mali che affliggono la nostra vita quotidiana.

Uno degli esempi più chiari è l'erogazione dei servizi sociali: di regola dovrebbero andare a chi ha diritto e questa condizione dovrebbe essere stabilita secondo criteri oggettivi: ad esempio per la casa popolare fa fede l'ISEE. E allora perché si ha sempre l'impressione che ci sia del marcio? Probabilmente perché tali regole non sono abbastanza pubblicizzate e quindi chi resta fuori (non accade mai che un vincitore si lamenti di avere vinto) è portato a farsi prendere dallo sport nazionale italiano: il complottismo. Quindi forse aiuterebbe che i requisiti per l'ottenimento di un benefit fossero chiaramente visibili (poi servirebbe che fossero compresi, ma probabilmente questo è chiedere troppo!).

Fin qua abbiamo detto di situazioni in cui, almeno ufficialmente, le regole ci sono. Più complicato diventa quando non ci sono norme scritte e stabilite, ma viene lasciato tutto alla buona volontà del singolo cittadino.
Mettiamo il caso ipotetico di un albergo in cui non è stato chiaramente stabilito chi ha il compito di preparare le camere, chi cucinare i pasti, chi apparecchiare e così via. Immaginiamoci la visita di un qualsiasi turista: arriva e alla reception non c'è nessuno ad accoglierlo e dargli le chiavi della camera (ammesso che qualcuno gliene abbia assegnata una). Entra nella stanza ed è ovviamente in disordine: è probabile che il letto non sia stato rifatto da chissà quanto, né le lenzuola siano state cambiate. Scende a colazione (magari in ritardo, perché nessuno si è occupato di svegliarlo al mattino) e ovviamente nessuno ha preparato il buffet. Imbestialito (e digiuno) se ne vuole andare. E lì, l'unica lieta sorpresa: nessuno lo fa pagare!
Ma, staccandoci un attimo dalla prospettiva del cliente, chiediamoci quanto possa durare un siffatto albergo. Sicuramente pochissimo: perché se nessuno si occupa di riscuotere al massimo a fine mese si potrà contare sui pochi spiccioli lasciati spontaneamente dai clienti.

In conclusione, le regole non sono qualcosa di negativo, o comunque sono un negativo necessario. Infatti, la regola morale "la tua libertà finisce dove inizia quella dell'altro" non può certamente bastare in un paese ad esempio come l'Italia, dove abitano circa 60 milioni di persone che non si conoscono (e quindi non hanno obblighi morali) fra loro. È necessario e indispensabile un sistema di regole (chiamate in quel caso leggi) che dicano espressamente quello che è lecito fare e quello che invece è vietato, oltre che ovviamente quello che dobbiamo tutti obbligatoriamente fare. Sistemi per far rispettare queste leggi? Ai posteri l'ardua sentenza!

Ultima modifica il Mercoledì, 08 Febbraio 2017 11:39
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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