La giornata si è sviluppata secondo un filone logico e funzionale: in mattinata, dopo i consueti saluti degli organizzatori, i partecipanti si sono divisi a seconda dei singoli tavoli di lavoro presenti: il primo dedicato alla formazione, il quale ha sviluppato un’interessante valutazione degli attuali corsi di studio del settore, ragionando anche sul futuro dei corsi post-lauream e la loro importanza per il futuro della categoria, il secondo tavolo guardava da vicino il MiBACT e il suo relativo “funzionamento” odierno. Forte è stata la critica verso l’utilizzo sconsiderato del volontariato sostitutivo, e rispetto allo svilimento del ruolo delle Soprintendenze stesse, nello scacchiere Italia.
Il terzo tavolo è stato interamente dedicato alle libere professioni e al loro sviluppo futuro. Chiaramente l’attenzione, anche in questo caso ha riguardato la sovrapposizione del volontariato al professionismo puro, ma non solo, andando a toccare poi con mano tutte le criticità che riguardano il mondo dei freelance di settore; il tutto relativo anche alla mancata approvazione dei famosi decreti attuativi della Legge 110/2014.
Nel complesso quindi una discussione divisa in tavoli, proficua e interessante che si è esplicitata nella plenaria pomeridiana dove, tra le altre cose, è stata proposta una giornata di mobilitazione nazionale da realizzare sui territori e da effettuare presso luoghi simbolici della cultura italiana, con esposizione di striscioni o cartelloni reclamanti tutele, diritti, lavoro e giusto compenso per i lavoratori e le lavoratrici dei beni culturali.
La cosa più interessante emersa risiede proprio in una voglia di riscatto e unitarietà della categoria che, è giusto sottolinearlo, sembrava persa. Il divide et impera che ormai sui luoghi di lavoro genera il più classico dei tutti contro tutti, è sembrato d’un colpo svanito al primo caldo bolognese. L’auspicio è che tutto quello che la giornata bolognese ha riservato non sia un fuoco di paglia, ma il preambolo vero verso una ritrovata coesione sociale che possa generare quel cambiamento per un intero settore, fondamentale per lo Stato. La strada da fare sarà certamente lunghissima, ma le premesse verso una lotta degna e proficua ci sono tutte; l’idea è proprio quella di cancellare dalla storia determinate forme di neoschiavismo quotidiano, basta pensare allo scabroso caso della Biblioteca Centrale di Roma emerso pochi giorni fa (leggi qui) dove uomini e donne risultavano “retribuiti” a scontrini; ultima frontiera nel mondo del lavoro.
Assetati di cultura, volonterosi di (ri)scrivere una storia diversa; eccoli i professionisti e le professioniste dei beni culturali. Speriamo che tutto questo costituisca avanguardia, ne gioveremmo tutti.