Giovedì, 07 Dicembre 2017 00:00

L'Italia può farcela. Genealogia di una speranza o di un'illusione

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L'Italia può farcela. Equità, flessibilità e democrazia. Strategie per vivere la globalizzazione di Alberto Bagnai, edizioni Il saggiatore

Nel mirino del fuoco di Bagnai finisce tutta la politica europeista dell’ultimo quarto di secolo e anche più. La demolizione dell’attuale situazione socio-politica viene portata sufficientemente a fondo e spinta al punto di rottura. Quello di Bagnai è un vero e proprio attacco al blocco sociale che continua a sostenere l’immobilismo politico. La cosa più curiosa è che tale colpo venga inferto da un economista keynesiano, eterodosso e anti-euro, inquadrato come capofila di un fronte sovranista e nazionalista foriero di venti reazionari. Sembra scontato dire che una politica deflazionistica stia alla base di ulteriore disoccupazione, meno scontato è individuare il perché questa politica abbia ricevuto un convinto consenso da parte di larghe fette della popolazione. Eppure se si pensa all’innalzamento dell’età media in Italia si capisce che una larga fetta dei pensionati legati alle organizzazioni sindacali, di categoria e di partito hanno respinto le politiche inflazionistiche per garantire se stessi e i propri crediti. Purtroppo la difesa del potere d’acquisto delle pensioni con politiche deflazionistiche è un vicolo cieco, minando l’occupazione che regge la base di ogni sistema previdenziale.

La stessa idea dell’Unione Europea è nata con un vizio di fondo che l’ha minata alla base: l’adozione di un cambio fisso per economie strutturalmente diverse, e se è una scelta che ha giovato alla potenza egemone tedesca resta pur sempre una scelta che destabilizza l’impero eurista, rendendolo tutt’altro che solido. Infatti, la crisi economica che attanaglia il globo, vista dall’Unione Europea sembra sempre più una crisi strutturale in cui le banche continuano a fallire «coperte da babbo Stato», in cui cioè i profitti privati vengono tutelati dalla fiscalità generale, proprio mentre ogni attività rivolta al sociale viene smantellata.

Ecco che le ricadute di tale meccanismo si scaricano sugli ultimi, cioè sul mercato del lavoro. Il grafico riporta la riduzione di “rigidità” del mercato del lavoro. I soloni liberisti potranno trarre grande sollazzo dalla libertà delle risorse umane in paesi notoriamente bisognosi di occupazione come Italia e Spagna. La realtà rivela invece il dramma instaurato dai vari Pacchetti Treu, Legge Biagi e via discorrendo: un mercato del lavoro destabilizzato in un contesto di disoccupazione crescente. In Spagna e in Italia è soprattutto questa la realtà, checché ne dicano gli ideologi di regime che oggigiorno inneggiano alla ripresa dell’occupazione perché si lavora qualche ora a settimana. La realtà italiana è fatta da un’economia a bassissima produttività con una domanda interna in drastica riduzione, in cui continuano a prevalere «leggi autorazziali» ed «esterofilia». Insomma, un Paese totalmente sottomesso e manipolato dalle ideologie del cosmopolitismo lanciate da chi guida solidamente l’Unione Europea. 

Parallelamente, l’inflazione viene descritta come un fenomeno non riducibile a puro epifenomeno monetario, come vorrebbero i liberisti più puri. Si tratta invece di un fenomeno che restituisce l’esito del conflitto distributivo tra datori di lavoro e lavoratori, per cui «vivere col 2% di inflazione senza “scala mobile” è un po’ peggio che vivere con il 15% di inflazione e i salari indicizzati». Il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia sostenuto dai vincolisti come Beniamino Andreatta risulta essere solo il primo tassello di uno schema che ha condotto verso lo smantellamento dello Stato per favorire il mercato. «Il Tesoro finiva progressivamente in mano ai mercati», poiché «per finanziare la spesa pubblica» si era costretti «a offrire tassi sempre più allettanti».

L’escalation del debito rispetto al prodotto nazionale fu una conseguenza quasi scontata. Tuttavia, questo signoraggio monetario non sarebbe risultato completo senza l’introduzione della moneta unica, poiché vi sarebbe stata comunque la scappatoia della svalutazione monetaria per ritornare competitivi e incrementare la domanda. Nulla di ammissibile per chi intendeva controllare la politica economica in maniera tecnocratica sbandierando il monito dell’ «avete vissuto al di sopra dei vostri mezzi». Il tasso di risparmio privato venne totalmente annullato (grafico), incrementando il debito e asservendo le scelte economiche dei paesi mediterranei agli interessi dei creditori.

Ed ecco che la soluzione di Bagnai diventa tanto chiara, quanto non raccolta (o lasciata cadere pavidamente sotto le elezioni) da alcuna forza politica perché destabilizzatrice del potere e dell’ordine sociale: l’abolizione del «vincolo esterno» col quale viene totalmente castrata ogni politica economica non asservita agli interessi del capitale internazionale e dunque sovrana. Resta dunque un’unica strada da seguire per evitare la macelleria sociale in cui siamo e la ammette anche un keynesiano come Bagnai, che ha studiato sufficientemente Graziani per citarlo intelligentemente sulla funzione del debito pubblico come strumento di dominio di classe, per cui «il debito (pubblico prima, privato poi) è oggettivamente servito ai capitalisti grandi, medi e piccoli per sopravvivere in un mondo nel quale la compressione dei salari era vista come una piacevole scorciatoia verso la massimizzazione dei profitti. L’esplosione del debito pubblico è stata quindi una colossale operazione redistributiva dal basso verso l’alto». Ecco che l’unico modo per evitare un tale asservimento alle politiche imposte dal capitale internazionale che utilizza il debito come giogo per le masse è l’uscita dall’euro e da un sistema monetario che non ha fatto altro che favorire alti tassi di Investimento Diretto all’Estero da parte delle imprese in cerca di valorizzazione per il loro capitale e una desertificazione industriale crescente.

Ultima modifica il Mercoledì, 06 Dicembre 2017 18:24
Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.

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