Giovedì, 26 Settembre 2013 00:00

Non sfondate quel deficit. Il suicidio del PD con il governo Letta

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L'Italia è uscita da poco dalla “procedura d'inflazione” per “deficit eccessivo” (superiore al 3%) in cambio dell'impegno di tenere il deficit sotto a questa percentuale. Tuttavia quest'impegno equivale a non avere i mezzi finanziari per politiche economiche e di bilancio che favoriscano la ripresa, e con essa l'occupazione, inoltre per fare fronte alle urgenze a livello di cassa integrazione, di diritto degli esodati ad andare in pensione, di denari che debbono andare ai comuni e alle imprese creditrici dello stato, di abolizione di un po' di quelle tasse che gravano sui redditi bassi e sull'attività produttiva, ecc.

A meno di attingere ai giacimenti di ricchezza nelle mani dello stato (i 230 miliardi in riserve in oro della Banca d'Italia, i 400 e passa miliardi di liquidità nelle mani di Banca Depositi e Prestiti, ecc.): cosa questa che il governo Letta non vuole assolutamente fare, così come non vuole neanche sentir parlare di tassazione dei grandi patrimoni. Sicché quello che è successo (soprattutto perché l'economia continua ad andare molto male) attualmente il nostro deficit sarebbe, ci viene detto, non al fatidico 3 bensì all'orribile 3,1%. C'è dunque uno sforamento di 1,6 miliardi di euro, questo appunto vale lo 0,1% del nostro PIL di quest'anno.

Orrore: il governo Letta, direttamente e per il tramite del ministro Saccomanni, si è affrettato a garantire alla Commissione Europea, e al commissario di competenza Olli Rehn, che si tratta di virgole (il che è vero) e che entro l'anno il deficit tornerà al 3% (ma perché, se sono virgole, cioè se questo 0,1% non significa nulla)? Però, scherziamo? Naturalmente il commissario si è risentito: avevate preso un impegno, no? Allora mantenetelo. Si presume che sia per questo che egli ha affermato che il 3% non è il 3,1%: siccome oltre a essere ovvio ciò non significa niente, probabilmente il reato per lui sta nel fatto che gli impegni si mantengono fino alla virgola. Questa è una cosa, si badi, che in economia non succede mai. Questa è una cosa che è accaduta, inoltre, perché gli impegni imposti all'Italia dalla Commissione Europea (ovviamente con il consenso dei nostri governi) alimentano la nostra recessione invece di facilitare la ripresa. Questa è una cosa che è stata imposta all'Italia, ancora, e a nessun altro paese dell'Unione Europea: la cui quasi totalità infatti ha deficit più alti, anche di parecchio, rispetto a quello italiano. Infine questo è stato imposto all'Italia, nonostante il Consiglio Europeo, cioè il livello superiore di comando dell'Unione Europea, stia studiando una revisione del modo di calcolare il deficit che porterebbe quello italiano un bel pezzo al di sotto del 3% (verrebbe introdotto nel calcolo un indice derivante dal rapporto tra disoccupazione e PIL, e non solo). Ma che importa: come dicevano i latini, pacta sunt servanda.

Ma se aumentate l'IVA di un punto, suggerisce bonariamente Rehn, i conti tornano! Che ci vuole? Peccato solo che la misura alimenterebbe la recessione, oltre a colpire le fasce più povere della popolazione: quindi che per questa via si tornerebbe alla velocità della luce al 3,1%, e poi si andrebbe oltre. Ma il lato comico della questione non si riduce a questo: il ministro Saccomanni dice che ci ha messo la faccia per convincere la Commissione Europea e il Consiglio Ecofin che l'Italia faceva sul serio sul terreno del rigore, perciò che se le forze politiche che appoggiano il governo gli imporranno di sforare il 3% si dimetterà.

Purtroppo nella politica italiana non ci agiscono solo le gag di questo o di quello. Mentre la destra berlusconiana non vedeva l'ora che saltasse fuori un buon argomento per sollevare polemicamente la questione dell'insensatezza, dell'incompetenza e dell'arroganza della Commissione Europea e del commissario Rehn in particolare, Letta e la parte PD della maggioranza si sono affrettati a dichiarare che entro fine anno il deficit tornerà al 3%. Quei denari, spesso spiccioli, che, ci viene continuamente detto, forse non ci sono per tante cose necessarie pare invece, chissà com'è, che per quest'obiettivo ci siano. Forse all'uopo è stata scritta una lettera a Papà Natale. La vocazione suicida del PD non è da un bel pezzo un mistero, e se suicidarsi sono abbastanza fatti suoi, ma non lo sono senz'altro il suicidio a cui sta contribuendo a portare la democrazia italiana, continuando, in questa maniera, a dare spazio e a riconsegnare credibilità politica al populismo della destra eversiva berlusconiana.

Niente di tutto questo può essere accettato, ancor meno considerato di scarso significato. All'orizzonte stanno, per suo effetto, sia il prosieguo del disastro economico che continui incrementi di disoccupazione e di tagli alla spesa sociale, cioè uno scenario tendenzialmente greco, che la possibilità di una riscossa della destra, cioè la demolizione della nostra democrazia, già assai logorata. Serve una riscossa di popolo e di sinistra.

Immagine tratta da qn.quotidiano.net

Ultima modifica il Giovedì, 26 Settembre 2013 00:02
Luigi Vinci

Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.

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