Martedì, 28 Febbraio 2017 00:00

Aborto: quando la legge è illegale

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Aborto: quando la legge è illegale

È notizia degli ultimi che un ospedale laziale ha bandito un concorso particolare: i vincitori infatti saranno assegnati al reparto per l'attuazione della legge 194, cioè quella che regola il diritto di aborto.

Questa decisione segue il lungo dibattito sull'interruzione di gravidanza, soprattutto a causa dell'ingente numero di ginecologi obiettori presenti in molti ospedali italiani, situazione che di fatto impedisce (o comunque rende difficoltoso) a molte donne di godere di questo diritto. La legge 194 (introdotta in Italia nel non tanto lontano 1978) certo prevede la possibilità di obiezione. Ma, viene da chiedersi, è lecito che dei professionisti rifiutino di svolgere parte delle loro mansioni? Non sarebbe stato meglio se avessero optato per una specializzazione diversa? Possiamo osservare che se il comportamento di questi medici è legalmente giusto, dal punto di vista etico cambia tutto. Infatti, chi sei tu medico per costringermi a portare avanti una gravidanza che io non desidero?

In Italia l'aborto è consentito nei primi 90 giorni di gestazione, che corrispondono in termini ecografici a 12 settimane e 6 giorni. Soltanto in casi particolari (gravi malformazioni del feto o forte rischio per la madre) è possibile scavalcare questo termine. Mettiamo il caso che una donna si accorga di avere un ritardo al 7 giorno: ha soltanto 53 giorni per poter abortire. Potrebbe sembrare un lasso di tempo consistente, ma se ci fermiamo a pensare capiamo che non è assolutamente vero. Infatti tutti sappiamo come (non) funziona la sanità italiana, soprattutto per quanto riguarda le liste d'attesa. Quindi, in una questione in cui il tempo è tutto non si può perdere neanche un istante.

Immaginiamo cosa potrebbe succedere se, una volta fatta la gimcana fra sabati, domeniche e feste varie eventuali, conquistato il sospirato appuntamento, ci si trovasse davanti a un gentile signore in camice bianco che, con tutta la calma del mondo, dichiara "tu non puoi abortire perché io non voglio!". L'unica soluzione sarebbe cercare un altro signore in camice bianco, magari più gentile. Solo che, se ti ritrovi in un ospedale in cui sono tutti obiettori onestamente, la situazione si fa fastidiosa (per usare un eufemismo).

È per questo motivo che uno stato come l'Italia, che si professa laico, non può permettersi di avere orari in cui a una donna viene impedito di esercitare un suo diritto, quello ad abortire in sicurezza. Ed è per questo che i casi come quello dell'ospedale laziale sono da ritenersi non soltanto accettabili, ma cosa buona e giusta.
Il paragone con un'altra obiezione di coscienza, quella riguardante il servizio militare, assolutamente non regge. Infatti chi si opponeva all'anno di leva non impediva in alcun modo al nostro paese di avere un esercito, poiché decideva solo per se stesso (e ne subiva le conseguenza). In tempi recenti, prima che la leva obbligatoria venisse abolita, era previsto il servizio civile, che obbligava a spendere comunque un anno della propria vita nel servire lo stato. Invece, cosa accade a un medico che si rifiuta di praticare un aborto? Assolutamente nulla.

Quindi, in Italia ci troviamo davanti ad una situazione anomala: esiste una legge, che stabilisce il diritto della donna ad abortire (entro certi limiti temporali, come abbiamo visto) ma esiste altresì il diritto del medico all'obiezione di coscienza, quindi di fatto a non svolgere parte delle proprie mansioni.
La tua libertà finisce dove ha inizio quella degli altri? In materia di aborto non è purtroppo così.

Ultima modifica il Lunedì, 27 Febbraio 2017 21:47
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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